come un pezzo di cuoio vecchio, con la pelle dei bianchi, di grana grossa, floscia, piena di borse." (op. cit. p. 11) Dei ricoverati di un ospizio inglese dice invece: "Teste spettinate, facce irsute e rugose, toraci incavati, piedi piatti, muscoli flaccidi: un campionario di degenerazione fisica nelle sue varie forme. E tutti flosci e scoloriti, come sono sempre i barboni sotto la ingannevole abbronzatura." Enzo Giachinq, a proposito della descrizione dei minatori gallesi di Wigen Pier ha scritto: "Gli esseri descritti non sono più uomini, ma insètti che brulicano e si voltolano in fetide tane, senza nemmeno aver coscienza .del loro abbrutimento." Ma questi sono britannici, Occidente non Oriente. Orwell i poveri, giustamente, li descriveva come sono e questò non gli ha impedito di andare a patire il freddo e la fame e a prendere una fucilata nel collo in omaggio alla Catalogna e allo spirito di libertà che animava il suo popolo, ridotto non molto meglio di quello di Marrakesh. Il fatto è che anche le descrizioni sprezzanti dei Balfour e dei Cromer hanno una loro parte di verità. Il falso sta nei particolari, nell'eccesso di generalizzazione, nella mancata percezione del mutamento e della possibilità del mutamento. Questo non sempre Said sa. ~e Snouk Hurgronje scrive: "La legge (islamica), che in pratica dovette fare sempre maggiori concessioni agli usi e costumi dei popoli e all'arbitrarietà dei loro governanti nondimeno conservò una considerevole influenza sulla vita intellettuale dei musulmani, perciò rimane, ed è tuttora anche per noi un importante soggetto di studio, non solo per ragioni astratte connesse con la storia del diritto, della civiltà e della religione, ma anche per ragioni pratiche.", Said commenta: "Egli è interessato a conservare tale astrazione per l'uso intellettuale perché nelle grandi linee la 'legge islamica' conferma l'ineguaglianza tra Est ed Ovest." È come se si commentasse L'etica protestante e lo spirito del capitalismo dicendo: Weber è interessato a mantenere tale astrazione perché nelle grandi linee !"'etica protestante" conferma l'ineguaglianza tra il Nord e il Sud della Germania o tra la Germania e la Francia. Sarebbe statq molto più interessante se invece di spiegarci, a proposito della incapacità di Massignon di capire che gli arabi cambiano, come cerca di dirgli Berque, che "nessuno studioso, neppure un Massignon, può resistere alle pressioni esercitate dalla azione e dalla tradizione culturale cui appartiene" (p. 285), affermazione perfettamente simmetrica a quella ILCONTESTO di Massignon, e ascrivibile a un possibile occidentalismo, ci avesse detto invece in dettaglio, dato che lui .sa l'arabo e noi no, dove hanno ragione e dove torto quelli, come Patai, che pensano di poter dedurre dalla lingua le caratteristièhe e i limiti del modo di ragionare di interi popoli. Che il linguaggio influisca sulla percezione del mondo è un'idea interessante e non limitata agli orientalisti. Lo pensavano per esempio Wharf e Sapir. Lo pensa un po' anche Said se afferma (p. 287): "o se piuttosto ogni rappresentazione, proprio in quanto tale, sia immersa in primo luogo nel linguaggio e poi nella cultura, nelle istituzioni e nell'ambiente politico dell'artefice o degli artefici della rappresentazione." Lui invece ci sottolinea solo che, per gli orientalisti, "l'orientale, è qualcosa di fisso, immutabile, che ha bisogno di essere studiato e di conoscersi meglio. Nessuna dialettica è permessa o richiesta. Vi è una fonte di informazione (l'orientale) e una fonte di conoscenza (I' orientalista) o, in altre parole, uno scrittore e il suo argomento, che di per sé sarebbe muto e inerte. Il rapporto tra l'uno e l'altro è una pura questione di rapporti di forza, per illustrare la quale si può ricorrere a varie immagini. Eccci un esempio !,fatto da Golden River to Golden Road di Raphael Patai: "Per poter valutare correttamente ·che cosa la cultura . mediorientale accoglierà di buon grado dai magazzini della civiltà occidentale riçolmi in modo persino imbarazzante, è necessario aver prima acquisito una migliore e più solida comprensione di quella cultura. Il medesimo requisito andrà poi soddisfatto per valutare i probabili effetti dell'introduzione di nuove caratteristiche nel contesto culturale di poh legati alle loro tradizioni ecc ..." Probabilmente Said ha ragione. Patai ha proprio un'idea puramente ricettiva dell'oggetto del suo studio (anche se altrove parla di care e forse simmetriche amicizie). Anzi c'è in giro di peggio. Ci sono quelli che pensano che non ci sia proprio nulla da capire. Sono islamici, sono fanatici e basta. Non credono mica alla Santissima Trinità e alla ragione scientifica come noi. Però1 Patai ha scritto anche, tra l'altro, The Arab Mind, testo con molte generalizzazioni azzardate ma anche con osservazioni interessanti sulla struttura della lingua e sulla sua influenza ..A me, che penso di poter imparare molto da quelli che parlano arabo, interesserebbe capire dove Patai ha ragione e dove ha torto, Said non me lo dice. Peccato. Ma è interessante, malgrado le molte e irritanti generalizzazioni, anche COSÌ. 11
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