30 VISTA DALLA LUNA <( ~ ~ <( ..J tante mettere in evidenza comportamenti nonviolenti, aspetti nonviolenti del comportamento da assumere . A Capitini sono stato molto legato. Ricordo che il giorno prima di morire mi fece telefonare, da Luisa Schippa, che era una sua collaboratrice molto stretta, perché andassi da lui. Andai a Perugia e mi ricevette insieme alla moglie di Binni; mi fece un lungo discorso e sostenne che il gruppo cattolico che dirigeva l'ospedale gli era ostile e gli aveva provocato il secondo intervento, cioè quello dopo il quale morì. Io non credo che sia vero - comunque, per dire dei rapporti tra noi ... Mi voleva molto bene e io gli ero affezionatissimo. Il suo Educazione e autorità nell'Italia moderna si chiude su Capitini e Caffi... Sì, e questa fu la ragione per cui la Einaudi non volle pubblicarlo. Dapprima era stato accettato, poi Giolitti mi chiamò a Roma e mi disse: "Sai, quell'ultimo capitolo non ci è piaciuto, e preferiamo non pubblicarlo"; e lo pubblicò La Nuova Italia. Non era piaciuta l'esaltazione di due nonviolenti. Caffi l'ho conosciuto a Parigi e ci siamo frequentati; lesse Educazione e autorità e lo definì un piccolo capolavoro - lo dico perché sono parole sue. Educazione e autorità nell'Italia moderna è un libro politico. In Educazione e autorità nell'Italia moderna lei analizza anche le radici autoritarie del pensiero italiano nelle correnti risorgimentali. Nell'Ottocento italiano esiste però anche uno scrittore come Pietro Giordani, che, per esempio nella Causa de' ragazzi di Piacenza, rivendica una sorta di "pedagogia libertaria" e comunque antiautoritaria. Anche lei però non lo nomina ... Ho scritto quel libro nelle biblioteche degli Stati Uniti; bellissime, certo, ma non fornite di tutto quello che avrebbe potuto servirmi. In quel libro mancano molte cose; per esempio, anche Cattaneo non ha avuto un posto adeguato. Per Cattaneo ho un po' rimediato dedicandogli un capitolo in un libro più recente, Maestri eproblemi dell'educazione (La Nuova Italia 1987). Riemergono oggi delle contrapposizioni tra "il bambino della ragione" e "il bambino del sentimento", tra istruzione ed educazione ... Lei come si pone? Per me il legame tra ragione e sentimento è intrinseco, è fondamentale, ineliminabile; è un errore considerarli come aspetti separati - e se dovessi scegliere, sceglierei il sentimento-. Probabilmente poi il "sentimento" contiene elementi razionali che spesso si trascurano, e la "ragione" contiene aspetti affettivi. E poi si potrebbe dire che il prevalere di una concezione "cognitivista", inevitabilmente prescrittiva, strida anche con lepedagogie non direttive. E infatti oggi nessuno nomina più un autore come Rogers, che forse invece non andrebbe dimenticato. Recentemente, in un articolo pubblicato sulla EDUCATORI E DISEDUCATORI rivista anarchica "A", ho parlato proprio di Rogers, che per me è un autore fondamentale. Rogers ha posto al centro del proprio lavoro concetti che testimoniano come l'idea della libertà costituisca il motivo saliente dell'educazione, opponendosi alle posizioni dei comportamentisti e affermando che ogni individuo possiede capacità di autosviluppo e di autoapprendimento. Rogers è uno dei maggiori, oltre agli anarchici. E don M ilani? È uno dei nostri. Ha combattuto contro il potere, contro l'esercito ... Io potrei dire di essere anche tolstojano e gandhiano: non si può comandare senza colpa ... Anche Horkheimer dice cose analoghe, anche la Scuola di Francoforte, cui mi sento piuttosto legato. Forse in particolare a Marcuse... Sì, ma apprezzo molto anche Adorno. Però Marcuse di più, e ne ho parlato in un saggio che comparirà nel mio prossimo libro. Quali elementi della sua riflessione vorrebbe sottolineare come prioritari? Una delle cose cui ho sempre tenuto è il dare importanza alla vita presente, contro coloro che concepiscono l'educazione come rivolta al futuro. La mia polemica, molto amichevole, con Bertin è sempre stata su questo punto. Educare secondo me non significa preparare all'avvenire, educare significa penetrare nelle profondità della realtà presente, non per adeguarsi ad essa ma per vedere ciò che contiene di possibilità di sviluppo; non guardare al futuro ma vivere il presente nella sua interezza, nella sua totalità, e nelle sue dimensioni ancora inedite. Un altro mio motivo essenziale è la polemica contro la "pedagogia dell'adattamento": non adattarsi alla realtà quale è, ma guardare alle possibilità che la realtà presente ha di trasformarsi, di verificarsi, di negarsi, di non essere quello che è. Un punto un po' oscuro della pedagogia contemporanea è proprio questo: se non dobbiamo proporci di trasformare la realtà, noi dobbiamo concepire l'educazione come volta verso l'avvenire: l'educazione per il tempo futuro. Io insisto dicendo che la realtà esistente ha un suo valore, soltanto che ha un valore di apparenza, un valore fenomenico e un valore noumenico, un valore di sostanza: l'essenza. Noi dobbiamo fare in modo di scoprire ciò che è implicito nella realtà esistente. Non abbandonare l'esistente per creare l'essente. Essenza ed esistenza sono strettamente collegate tra loro. Io quindi insisto molto, anche in un libro uscito nel 1987 da Liguori, Presente efuturo nell'educazione del nostro tempo, sull'importanza del presente di fronte al'futuro, e anche questo è un concetto deweyano. Sì, se vogliamo un futuro migliore dobbiamo volere un presente che lo prepari, che sia già implicitamente questo futuro. Noi non viviamo altro che nel presente. Noi dobbiamo fare in modo che il presente sia carico di valori, cioè dobbiamo scoprire ciò che c'è di latente, di implicito, di non ancora attuato nel presente. Mi
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