Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

EDUCAZIONE ALLA PACE cognitiva, compito dell'educatore sarà quello di condividere questa consapevolezza, attraverso la scelta di strumenti e processi a essa coerenti e di essa esemplificativi; - se la definizione di realtà appartiene al dominio della "relazione" (e non è più un "contenuto" dato una volta per tutte) educare significherà affrontare "questioni di potere" inerenti al "chi" definisce la realtà come "Realtà" e al "come" ciò avviene; - se il linguaggio è fonte di contraddizioni e di paradossi comunicativi, l'educatore dovrà concentrare la sua attenzione proprio sulla comunicazione e, in particolare, sul potenziamento delle nostre capacità di meta-comunicare (cioè di connettere quel che avviene mentre parliamo, ascoltiamo, entriamo in contatto col mondo, ci esprimiamo): - se gran parte delle incongruenze comunicative avvengono proprio nel contrasto tra i due livelli della comunicazione (contenuto/relazione, notizia/comando, comunicazione/metacomunicazione) e se la massima parte dei messaggi di secondo livello (quelli più importanti, perché definiscono i primi) passano attraverso canali non verbali, il contesto educativo dovrà potenziare l'utilizzo di modalità non verbali (attualmente sottovalutate e sottoutilizzate in qualunque contesto educativo istituzionale) e di attività naturalmente inclini a collegare ricorsivamente i due livelli vitali della comunicazione 1 • Forse è per questa serie di motivi che la nostra scelta educativa è stata quella di scommettere sul gioco. Non era una scommessa facile: perché, al di là di teorie ampie e profondissime sul valore del gioco2, la pratica educativa tradizionale, coerentemente con i suoi assunti, ne ha da sempre fatto un utilizzo riduttivo, periferico, secondario. Adatto ai bambini piccoli, pura ricreazione per i ragazzi, nostalgia occultata e rimossa dalla serietà della vita adulta3 • Eppure, ne siamo convinti, il gioco rivela incredibili poteri proprio sul versante del!' apprendimento e dell'educazione, ai massimi livelli. Sempre che si parta, è chiaro, dai nuovi assunti e n~mdai vecchi. Quadri e cornici " ...vidi due scimmie che giocavano, che erano cioè impegnate in una sequenza interattiva le cui unità d'azione (o segnali) erano simili ma non identiche a quelle di un combattimento ... Ali' osservatore umano era chiaro che 'non era un combattimento' ed era a lui evidente che 'non fosse un combattimento' neppure per le scimmie che vi partecipavano. Ora, tale fenomeno, il gioco, poteva verificarsi soltanto se gli organismi partecipanti erano in grado di metacomunicare, ... cioè di scambiare segnali che recassero il messaggio 'questo è un gioco' ..."4 • Questa lettura fu per noi illuminante. Per il nostro patrimonio educativo, sinora, ha significato alcune cose - per noi - importanti: LATERRA . . -. che, di fronte anche alle situazioni più diff1_c1h,complesse e cristallizzate (di disagio, di violenza, di mal-educazione), può essere utile e, talvolta, decisivo un intervento che opera sul versante della "ridefinizione", del "rincorniciamento" dei contesti dati, al fine di raggiungere significativi cambiamenti negli stessi; - che questo processo avviene più facilmente e più cooperativamente se l'attività educativa è strutturata in forma di "storie", narrazioni costellate di giochi ed esercizi attivi, che partono da un canovaccio (una "struttura che connette", direbbe Bateson) e vanno a co-costruirsi nel tempo, nella relazione circolare tra "educatore" ed "educati"· - che una delle forme più efficaci e stimolan~i per realizzare delle storie, per farle vivere, è senz'altro -per la nostra esperienza- la pratica dell'immedesimazione, attraverso la proposta di "sociodrammi" (detti anche "giochi dei ruoli") in cui i partecipanti provano a sperimentarsi in situazioni che sono "simili, ma non identiche" ai contesti e ai problemi della vita reale e ricercano in esse soluzioni, alternative, risposte creative, nuove domande ... Sotto questa luce il gioco torna ad assumere il pieno del suo valore educativo, non più ridotto ad _optional per ragazzini disturbati o troppo vivaci, ma quale luogo privilegiato per l'interconnessione di contenuti (anche curricolari) e di relazioni rinnovate. Bateson, non a caso, aveva parlato proprio di "deutero-apprendimento" per riferirsi a quei processi educativi in cui ci si allenava al faticoso, ma anche entusiasmante esercizio di "apprendere ad apprendere", che sta - secondo noi - alla base di qualunque vera educazione. Noi pensiamo che nel gioco, più che nella sola verbalizzazione-trasmissione di contenuti o, all'opposto, nella mera "espressione corporea"5, si possono trovare gli orizzonti più favorevoli per conseguire questo tipo di risultato o, almeno, per avvicinarvisi sensibilmente. Note I) Il testo di riferimento generale per questi concetti può essere P. Watzlawick, J. Beavin, D. D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio 1971. 2) Cfr. per es.: J. Bruner, Il gioco, (4 voli.) Armando 1981; R. Caillois, / giochi e gli uomini, Bompiani 1981; D.W. Winnicott, Gioco e realtà, Armando 1974. 3) Cfr. per es. S. Freud, Il poeta e lafantasia (1908), Newton Compton 1976; E. Fink, Oasi della gioia, Rumma 1969. 4) G. Bateson, Una teoriadelgiocoedellafantasia, in Verso un'ecologia della mente, Adelphi 1976. 5) G. Bateson, idem, pp. 225-6: " ...l'inquadramento di gioco ... comporta una speciale combinazione dei processi primario e secondario. Ecco perché si è sostenuto che il gioco segna un passo avanti nell'evoluzione della comunicazione, anzi il passo cruciale nella scoperta delle relazioni mappa-territorio. Nel processo primario mappa e territorio sono identificati; nel secondario essi possono essere distinti. Nel gioco vengono sia identificati sia distinti." .. e =

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==