EDUCAZIONE ALLA PACE industriale quando i giovani apprendevano direttamente dall'adulto esperto, vivendo con lui, fidando nella sua direzione. E don Milani ha sempre affermato che, finché si trovavano a Barbiana, i ragazzi dovevano fidarsi di lui completamente, ammettendo però che il suo scopo di maestro era - paradossalmente - che giungessero a considerarlo un vecchio rimbambito da superare appena possibile 1 8 • Lo scopo dell'educazione non era di generare "belle statuine" modellate dal1 'adulto, ma persone imprevedibili, che sapessero prendere una loro autonoma strada. Che l'educatore possa'assumere se stesso come territorio di apprendimento - specie apprendimento di vita - è perfettamente auspicabile, a patto che ci sia consapevolezza di questa dinamica e quindi trasparenza e onestà. Da questo tipo di confronto può anzi risultare una strategia fortemente anti-manipolatoria, in cui l'adulto s'incontri apertamente con gli allievi, offrendosi come "territorio" di esperienza e ricerca critica. Questa è un'opzione che affronta di petto l'impossibilità dell'educazione di essere neutrale, denunciando apertamente la propria parzialità. Occorrono però persone equilibrate, che la assumano con molta onestà, anche in relazione alla difficoltà di praticarla in ambienti - come quello scolastico-, decisamente avversi a tutto ciò che non sia tecnico e "istruttivo". È chiaro che essa dovrebbe innestarsi su un atteggiamento relazionale, non segnato da ricatti di alcun tipo e inoltre fortemente orientato ali' ascolto, ali' empatia, al rispetto delle esperienze e delle posizioni di tutti i membri del gruppo (classe o altro). L'idea di "maestro artigiano" resta frutto di libera interpretazione. Strategie anche parziali da "maestro artigiano" possono comunque essere: vedersi con gli allievi fuori dall'orario scolastico (a scuola o in altri ambienti: gite, musei, ecc.); affrontare con i ragazzi le discussioni relative a determinate scelte dell'educatore; aiutare gli allievi a prendere decisioni (come l'obiezione di coscienza al servizio militare o l'acquisto o meno della moto); leggere insieme un quotidiano ... 4) Altri linguaggi: decentrare l'azione educativa su territori poco manipo(abili. Si parte dall'ipotesi che un bambino possa elaborare risposte più autentiche e meno manipolabili a problemi di rilevanza socio-politica qualora possa operare su livelli di ricerca e di linguaggio diversi da quelli comunemente utilizzati dagli adulti. Penso per esempio alle favole e al gioco, campi in cui i bambini riescono a esprimere meglio le loro idee e aspettative. Quest'ipotesi è ancora embrionale, ma segnata già da alcune piste. Ricordo in particolare l'ampia ricerca teorica, accompagnata da laboratori con bambini e con adulti, di Mario Bolognese.L'autore, ispirandosi a Mircea Eliade ha elaborato una serie di favole a forte contenuto mitico-simbolico che i bambini devono in vario modo completare. Secondo Bolognese il territorio mitico-simbolico, se gestito correttamente dall'adulto (per il quale LA TERRA vengono proposti seminari di formazione), può generare risposte vive e autentiche da parte dei piccoli, che possono operare su problematiche d'attualità utilizzando codici del tutto particolari e più consoni al loro vissuto. I temi delle favole (molto nota la serie dei "sauri": i litigosauri, gli sporcasauri, gli ioiosauri ...) affrontano tematiche di forte impegno civile ma con un approccio radicalmente destrutturato rispetto alle tradizionali categorie d'insegnamento adulto. I bambini si trovano così a confrontarsi con qualcosa di completamente nuovo, sul quale non possono rapportarsi a giudizi precedenti degli adulti, ritrovandosi più liberi e meno condizionati 19_ Anche Sigrid Loos sta sviluppando proposte in qualche modo attinenti. Lavorando sul gioco ha realizzato manuali che assumono alcune categorie psicoevolutive dal forte impatto etico quali la cooperazione, la fiducia reciproca, la comunicazione empatica, traducendole in giochi ed attività20_ Le radici di questi repertori ludici si collocano nelle tradizioni popolari di varie culture del mondo e nella specifica ricerca che alcuni studiosi di area anglosassone (in particolar modo il canadese Terry Orlick) hanno avviato da più di un decennio. Si tratta di percorsi poco sofisticati e dunque più esposti al rischio di manipolazione moralistica, ma indubbiamente il segnale che viene trasmesso è che, col gioco, i bambini esprimono valori, messaggi sociali, valenze politiche. Questi esempi non pretendono certo di essere esaustivi, anche il teatro e l'attività grafica possono per esempio offrire luoghi di decompressione dal condizionamento adulto e favorire un'espressività politica al di fuori dei tradizionali retaggi. Si tratta di approcci che definirei disinibitori, la cui carica innovativa è notevole rispetto a un quadro educativo troppo veicolato sulla sola componente logico-cognitivo-matematica dell'intelligenza, senza ascolto per dinamiche più globali ed olistiche 21 • Per concludere. L'educazione alla pace, all'ambiente, ai diritti umani e più in generale l'educazione critica socio-politica necessitano di nuovi paradigmi che la facciano uscire dalla nefasta tendenza di. trasformare gli alunni da soggetti attivi a oggetti del "tiro al bersaglio" di nuovi programmi o programmazioni, di nuovi studi, di nuove "ricerche sulle cause", di nuove drammatiche cifre sulle ultime catastrofi, di nuovi scenari socio-politici. Note 1) Vedi per esempio: M. Esposito, L'educazione alla pace è efficace? In "Azione nonviolenta" novembre 89, Verona. 2) R. Rosenthal, L. Jacobson, Pigmalione in classe, Angeli, 1972. Un ottimo strumento di sintesi e di uso didattico è il testo di G. Gulotta, Orecchie d'asino e bacio accademico, Giuffré, 1991. 3) M. Montessori, I limiti della scuola, in "Vita dell'Infanzia", n. 3, 1954. 4) A. Scocchera, Maria Montessori. Quasi un ritratto inedito, La Nuova Italia 1991, p. 83-84.
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