EDUCAZIONE ALLA PACE Kuwait, marzo 1991. Soldati americani dopo la liberazione. sotto-obiettivi, metodi, contenuti e verifiche. L'ondata curriculare-efficientistica è partita in Italia sul finire degli anni Settanta. Ammantata di progressismo, ha investito scuole, IRRSAE, istituti di aggiornamento, tutti desiderosi di far imparare a programmare a operatori educativi che non capivano il perché di tanto entusiasmo e neanche quale fosse la differenza rispetto al fatidico "programma" se non (ed è comunque un grande merito) la pubblicizzazione di cosa il docente intendeva ottenere dai ragazzi affidatigli. Con la programmazione curriculare l'equivocità dell'educazione critica programmata tocca il suo apice. L'adulto ha già chiaro dove condurre l'allievo: a mangiare meno merendine e più yogurt (chissà perché?) se si tratta di educazione alimentare; a litigare meno coi compagni se si tratta di educazione alla pace; ad avere meno pregiudizi se si tratta di razzismo (grandissima novità!); a riciclare tutto nel caso dell'educazione ambientale; a incontrare altre culture (magari meno gli zingari che ci sono sempre) nel caso della "mondialità". È chiaro che il progettare resta comunque un elemento inequivocabilmente legato ali' agire educativo, ma c'è modo e modo. Redigere un curriculum è - sotto certi aspetti - la forma più primitiva e rozza di intendere il "programma" 9 . In tutti i casi l'educazione critica (quel tipo di scelta educativa che pone alla società degli interrogativi invece di riprodurne i contenuti) non può essere relegata a una questione di programmi più o meno politicizzati. Voler programmare l'educazione critica è veLATERRA 23 rosimilmente identico a quel "sì spontaneo" rivolto dagli adulti al bambino di cui parlano g_lipsicologi sistemici come P. Watzlawich 10 • E un'ingiunzione che implica anche la sua negazione. I ragazzi, per essere critici, dovrebbero anzitutto ribellarsi a chi li vuole portare di qui e di là, indicandogli le ricette per vivere. Quattro "consigli" per un'educazione critica non manipolatoria 1) L'ascolto democratico: agire sulla sfera relazionale. Il superamento del razzismo e la pratica della tolleranza e del rispetto fra "diversi" è un obiettivo relazionale e non attinente a particolari contenuti. Proiettare diapositive antirazziste o leggere brani di Luther King e Richard Wright può essere utile ma non incide sull'intolleranza o meno di una persona, così come la presenza di molti contenuti socialisti non ha inciso sul consenso dei cittadini dell'Est al sistema socialista. Le ricerche di Alice Millermostrano per esempio che i comportamenti violenti sono ben più spiegabili come reiterazione di modelli educativorelazionali violenti e oppressivi (la "pedagogia nera"), dove i ricatti affettivi agiscono con più forza operando sulla paura dei piccoli di essere abbandonati, che non il risultato di specifici insegnamenti. È il famoso "ceffone a fin di bene" uno dei comportamenti più pericolosi che viene segnalato dall'autrice: quel fare violenza costringendo l'altro ad accettarla "per la sua corretta crescita", orientandolo così a interiorizzare atteggiamenti che saranno facilmente ripetuti da adulti: "I bam- .. e z ,.
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