Linea d'ombra - anno X - n. 68 - febbraio 1992

22 VISTA DALLA LUNA <( ce: ce: ~ <( -l Tre "sconsigli" per evitare l'educazione critica programmata 1) Non è opportuno che i più piccoli vengano investiti direttamente dei problemi che agli adulti spetta risolvere. Anche nel caso della Guerra nel Golfo il principale problema "educativo" che dovevano porsi gli insegnanti non era tanto cosa fare con gli alunni su una questione così importante, ma cosa fare con se stessi in quanto stipendiati da uno Stato che aveva scelto la guerra come metodo di soluzione dei conflitti internazionali, dribblando anche quella Costituzione che primariamente i docenti sono tenuti a rispettare. Ma è noto che in quel periodo risultò addirittura faticoso - se non impossibile in alcune città - organizzare assemblee sindacali per insegnanti sui problemi che l'entrata in guerra poneva. Le resistenze provenivano proprio dai sindacati, impegnati ad intercettare e rimuovere ogni protesta contro la guerra piuttosto che a favorire una seria riflessione. Gli stessi invocavano l'educazione alla pace in classe come alternativa alle azioni degli insegnanti contro la guerra, manifestando così a quali mistificazioni stia portando la corporativizzazione. Già la Montessori (ma chi la conosce più, in Italia?) avvertiva che "i bambini non sono le persone adatte per rimediare ai tanti mali e alle tante deficienze della vita sociale" e aggiungeva "la scuola non è e non può essere un luogo di propaganda per purificare il mondo" 3 • In un saggio che commenta queste riflessioni Augusto Scocchera aggiunge 4 : "Sul finire degli anni Settanta non v'è stata scuola elementare e media che non si sia dedicata alla critica del consumismo televisivo in generale e del messaggio pubblicitario in particolare, con il deprimente risultato che i ragazzi sono diventati illimitati consumatori e la pubblicità straripa dagli schermi in maniera non meno idiota. La bella pretesa di una scuola attenta alle fenomenologie sociali per fàrsi quasi organo profilattico di igiene sociale è ingenua, ma soprattutto ipocrita per lo stesso fatto che pretende dal bambino la lotta agli abusi e il rimedio delle colpe dell'adulto complice o autore delle perversioni culturali e sociali. Tanto più gravi nei confronti del bambino perché egli è incapace di capire i moti vi e l'utilità di una televisione operante notte tempo, di una pubblicità incontrollata, del divismo programmatico, degli interessi palesi o occulti a cui tutto ciò risponde. Si raccomanda allora alla scuola, proprio perché impotente, di decondizionare il bambino dai magici veleni che l'adulto sparge incoscientemente su tutta la vita." Alla fine del febbraio scorso è stato stilato un accordo fra il ministro della pubblica istruzione e quello dell'ambiente che prevede già nel primo anno lo stanziamento di 6,2 miliardi per l'educazione ambientale nella scuola: una nuova crociata si abbatterà sugli alunni o al contrario si tratterà di un'occasione per ripensare la scuola in funzione ecologica? Gli adulti che pretendono profondità di ragionamento e di decisioni su contenuti di alto livello, troppo spesso non sanno ascoltare i più giovani EDUCAZIONE ALLA PACE proprio su quelle piccole cose dove la loro competenza avrebbe senso. Il caso dei litigi è fra i più eclatanti. Mentre si richiedono ai ragazzi spesso e volentieri dichiarazioni di pace, buoni sentimenti, ripudio di questo e di quell'altro, si assume un atteggiamento del tutto o in gran parte interventista nei confronti dei loro litigi negando la possibilità di sfruttarli come momento di addestramento e di "reciproco adattamento creativo" (D. Dolci). In realtà questo comportamento nasconde spesso la difficoltà personale dell'insegnante verso i conflitti, incapacità che finisce - inconsciamente - per proiettare sui ragazzi anche quando non sarebbe necessario 5 • 2) Fare attenzione agli effetti perversi dell'educazione, ai messaggi impliciti che certi comportamenti e contenuti educativi trasmettono. In genere succede quando il contenuto prescinde dalla sfera relazionale. Un esempio classico è il genitore che intima al figlio "non urlare" urlando a sua volta, oppure dà una sberla al bambino che litiga con altri perché "i bambini non devono litigare". In questi casi il messaggio che viene raccolto è quello della "legge del più forte", ossia la violenza è sì legittima, ma solo quella dell'adulto. Di contenuti impliciti sono pieni i libri di testo. Un esempio è un recente sussidiario delle elementari dove a contenuti fortemente anticoloniali fa da sfondo l'immagine di soldati italiani assaliti e colpiti con pugnali da guerrieri libici dall'aria feroce. All'alunno resta così impressa l'idea dei poveri italiani aggrediti dai selvaggi africani 6 • Più ambigua la presentazione della bomba su Hiroshima. Quasi tutti i testi deplorano in vario modo la strage, ma l'ambiguità consiste qui nel non dare uguale rilievo all'atomica su Nagasaki, quasi fosse un massacro di categoria inferiore (70.000 morti). Altrettanto perversi sono gli effetti di quelle campagne anti-droga dove ex-tossici vengono trascinati nelle classi per conferenze sulle loro esperienze di redenzione. Finisce che in realtà il messaggio trasmesso può diventare che: uscir fuori dalla droga è possibile, quindi chiunque può entrarci; a essere stati tossicodipendenti si guadagna in prestigio e si viene messi in cattedra, quindi può essere affascinante. Per generazioni di giovani in cui la carenza di esperienze significative si fa sempre più drammatica, è esattamente il contrario di quello che si vorrebbe comunicare 7 • Anc.heil linguaggio falsamente pietistico offre spessissimo più di una perversità (vedi la vignetta a lato su un fatto realmente accaduto8 ). 3) L'educazione alla pace, all'ambiente e ai diritti umani non è questione di nuovi programmi Gli anni Ottanta hanno imposto, specie in ambito scolastico, una modalità raffinata di manipolazione: la programmazione curriculare di obiettivi su tematiche a sfondo sociale, sottoposti alla banalizzazione di griglie con pre-requisiti,

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