SCUOLA E ADOLESCENZA ti. Dunque non si considererà come un operatoreosservatore esterno che agisce unilateralmente sul sistema-classe introducendo in esso degli input e misurando "oggettivamente" i comportamenti degli alunni sulla base degli outpul che essi emettono in risposta, ma assumerà se stesso come parte del sistema sul/nel quale agisce, variabile del processo di cambiamento soggetta alla retroazione della classe. E se alla fine dell'anno gli sembrerà di aver raggiunto tutti gli obiettivi, trasmesso tutte le abilità, letto tutti gli autori che aveva progettato all'inizio, sospetterà che qualcosa non abbia funzionato come doveva: se lui non è cambiato nemmeno un po', è molto difficile che siano cambiati in modo significativo i suoi alunni. Domande legittime e illegittime Secondo la definizione di Heinz von Foerster, una domanda è "legittima" quando chi la pone non ne conosce la risposta, in caso contrario si parla di "domanda illegittima". Il nostro sistema educativo è in gran parte basato su "domande illegittime'': quando chiediamo qualcosa ai nostri studenti non lo facciamo per apprendere da loro informazioni sconosciute e sorprendenti, ma semplicemente per verificare se hanno imparato ad esprimere verbalmente - o ad eseguire mentalmente - una nozione, un concetto, un'operazione che gli abbiamo insegnato noi, e che quindi conosciamo benissimo in partenza. Un sistema educativo basato su "domande illegittime" produce un effetto di banalizzazione. Quando un bambino entra nella scuola è una macchina non banale, pone le domande più imbarazzanti e dà le risposte più sorprendenti, è una creatura strana e meravigliosa, impossibile da prevedere. Ma alla fine della scuola se tutto avrà funzionato secondo i piani, le risposte che egli darà alle nostre domande saranno rigorosamente note in anticipo: "I test scolastici - scrive Yon Foerster-sono un mezzo per misurare il grado di banalizzazione. Se lo studente ottiene il punteggio massi mo, ciò è segno di una perfetta banalizzazione: lo studente è completamente prevedibile, e quindi può essere ammesso alla società. Non sarà fonte di sorprese né di problemi" (Sistemi che osservano, Astrolabio, Roma 1987, p. 130). Un'idea di educazione letteraria che tenga conto del problema delle due tribù ci costringe a porre agli studenti, oltre alle necessarie domande illegittime, anche una buona dose di domande legittime, che nascono dalla nostra ignoranza del mondo culturale che abbiamo di fronte: questo può aiutarci ad attenuare gli effetti banalizzanti forse inevitabili negli attuali processi di insegnamento-apprendimento. L'effetto piffero di montagna La messa in discussione dell'idea di programmazione, la valorizzazione dell'imprevisto che viene dagli studenti, l'accettazione del rischio implicito in ogni "domanda legittima" ci obbligano a rinunciare all'illusione antiecologica del "controllo" e del "potere" sulla relazione didattica. Possiamo vivere questa rinuncia come una ferita inflitta al nostro narcisismo, ma possiamo anche viverla come una risorsa preziosa. Noi insegnanti siamo un po' come i pifferi di montagna, che andarono per suonare e furono suonati: la più bella e sorprendente gratificazione che ci offre il nostro mestiere è quella di essere formati dai nostri studenti contemporaneamente all'azione formativa che esercitiamo su di loro. 11 Siamo anche così'' Riflessioni di adolescenti LATERRA 19 < iii ;: " ,. a cura di Gabriella Sacchetti Questo testo è un montaggio di scritti di alunni di una terza media, raggruppati secondo tre argomenti: il senso dello studio e del!' apprendùnento, l'attività del leggere e dello scrivere, gli adulti osservati q_airagazzi. Questo lavoro di raccolta di idee e scritture di ragazzi (senza, ovviamente, nessun intervento da parte mia di correzione o aggiunta) è stato realizzato prima di tutto perché i ragazzi possano ritrovarsi, rispecchiarsi nelle proprie parole ed immagini e pensare: "Noi siamo anche così". Lo scopo è stato sopratlutto quello di creare un effetto riattivante. Mi sembra tra l'altro che gli adolescenti abbiano un grande bisogno di raccontare, essere ascoltati dagli adulti e anche ascoltarsi in modo diverso. Del resto l'attenzione si crea da sé quando si leggono ad alta voce scritti dei compagni. Ma a scuola, come da per tutto, c'èunagrandedispersionedienergie, e sui ragazzi si ripetono migliaia di volte i soliti luoghi comuni. Quindi perché buttare negli archivi e dimenticare ciò su cui si può riflettere? Questi scritti sono le continuazioni personali, le rielaborazioni immaginative dei discorsi avvenuti nel gruppo classe. Per attivare la partecipazione e la motivazione al lavoro di scuola ho usato molto lo strumento della riflessione comune quotidiana, del tutto occasionale e nonformale, su quanto andavamo facendo, ponendomi naturalmente anch'io molte domande. Così si è chiacchierato sullo sforza e il piacere nello studio, sull'interesse e sull'obbligo, con l'atteggiamento di non considerarne già scontati i significati. Il senso dell'apprendimento e dello studio Roberto Secondo me la volontà di imparare è una cosa naturalissima che è in ogni uomo. Ognuno ha bisogno di imparare qualcosa per vivere meglio e per non dipendere sempre da qualcuno. Anche se una persona dice che nella sua vita non ha imparato niente di utile, in quel preciso momento impara una cosa nuova: impara a parlare con le persone e ad esprimersi sempre più chiaramente. Anche il solo fatto di camminare porta con sé molto tempo di apprendimento e di osservazione; e camminare non è certo una cosa che gli altri ci forzano a imparare, ma un fatto naturale, un bisogno che è sito nell'inconscio di ognuno. Certo imparare è proprio una cosa Gabriella Sacchetti Napoleoni (Roma 1933) insegna lettere in una scuola media di Milano. ... ; ... e z ,.
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