SCUOLA E ADOLESCENZA stri", quando glieli proponiamo, assumono ai loro occhi significati diversi da quelli che possiamo preventivare. Del resto le teorie letterarie dicono proprio questo: che le "grandi opere" possono caricarsi di significati inediti a contatto con un pubblico nuovo. Ma c'è di più: dentro i bizzarri (per noi) orizzonti d'attesa dei ragazzi ci sono dei criteri di valore altrettantQ bizzarri: se io dico: "Rimbaud è come Vasco Rossi", svaluto Rimbaud, perché Vasco Rossi non mi dice granché. Ma se questa valutazione è espressa da Vermeti Ernesto, va interpretata come un grandissimo elogio: Rimbaud si sta conquistando, nel suo universo di emozioni, valori, significati, uno spazio straordinariamente importante. Secondo episodio, che risale a parecchi anni fa, quando ero all'inizio della carriera. Avevo dato un tema, un po' cretino, come spesso avviene: "Parla di una persona molto importante nella tua vita". Una ragazzina lo svolge così: che la persona più importante della sua vita è Renato Zero. Ma la cosa notevole è che il tema era bellissimo. Dentro le canzoni di Renato Zero quella ragazzina vedeva sentimenti, valori, addirittura un universo morale che io non ci avrei mai visto. Chi aveva ragione, io o lei? Difficile stabilire in questo campo quale sia il criterio di verità. Certo un episodio come questo dimostra che i prodotti della "cultura giovanile" - se non li consideriamo come oggetti linguistici ma come oggetti culturali, attorno ai quali si coagulano bisogni, aspirazioni, desideri, ecc. - sono opere complesse, anche se noi, per il modo semplificatorio con cui li guardiamo, li percepiamo come opere banali. Il terzo esempio è il diario di Daniele Leandri, un ragazzo morto per un'overdose di eroina, che è stato pubblicato nel 1987 da Einaudi con il titolo Scusa i mancati giorni. È un testo terribilmente sgrammaticato, ma è pieno di "letteratura". Quando Daniele deve dare un nome ai suoi sentimenti ricorre alle forme letterarie che lui conosce (le canzoni di Lolli, De André, Guccini); ed è anche scrittore in proprio: compone poesie, inventa racconti di fantascienza di cui lui è protagonista. Questo ci suggerisce che possiamo trovarci di fronte a ragazzi che dal punto di vista della capacità di verbalizzazione sono estremamente poveri ma che possono avere una domanda di immaginario molto ricca, perché oggi i canali della fruizione estetica non sono prevalentemente quelli della parola scritta. Il ragionamento diffuso: "Prima insegnamogli a parlare, ascoltare, leggere e seri vere- le famose quattro abilità-e poi, quando saranno all'altezza, propiniamogli un po' di letteratura" è didatticamente controindicato, e può produrre insormontabili effetti di demotivazione. Conclusione: la "cultura giovanile" nelle sue forme svariate e mutevoli è una forma di "cultura libera illegittima", "acquisita - secondo la definizione di Bourdieu - con la pratica e nella pratica, al di fuori del controllo dell'istituzione che ha il compito specifico di inculcarla e di sanzionarne ufficialmente l'acquisizione" (La distinzione. Critica sociale del gusto, Il Mulino, 1983, p. 25). Ed è un sistema complesso, fatto di orizzonti d'attesa, di criteri di valore, di opere estetiche all'interno delle quali si è anche codificato un canone di classici. Come si può allora insegnare letteratura oggi? Come possono interagire positivamente le due (o più) tribù che si incontrano in classe? LATERRA 17 Colonizzare o dialogare? Un primo tipo d'interazione, collaudato da secoli di storia dell'occidente, è la colonizzazione: sgominare la cultura multimediale attraverso l'imposizione della parola scritta come cultura dominante. Ma le armi a disposizione del!' insegnante (i voti, le bocciature) sono molto meno efficaci di quelle dei conquistadores spagnoli e dei colonizzatori di tutti i tempi. Se si va allo scontro, la televisione batterà la letteratura 6 a O. Un 'altra strada è quella del dialogo: un incontro tra culture in cui entrambi gli interlocutori cambiano il loro punto di vista di partenza arricchendosi reciprocamente. Sotto questo profilo la scuola è il luogo di una scommessa altissima sulla sopravvivenza stessa della letteratura: perché nella società di massa è il pubblico di massa che decide. Se per i nostri studenti l'incontro con Dante, Shakespeare, Tolstoj sarà significativo, gratificante, e continueranno a leggerli dopo la scuola, la letteratura sopravviverà; se questa felice "fusione di orizzonti" non avverrà, la letteratura morirà, rimarrà un oggetto di studio per pochi specialisti, qualcosa di sostanzialmente archeologico. Avere di fronte un pubblico che secondo le nostre categorie non è "colto" non vuol dire abbassare il tiro; se mai si tratta di alzarlo. È la prima volta nella storia che tendenzialmente tutti si incontrano con la letteratura, e questo incontro avviene proprio nelle aule più o meno fatiscenti della nostra scuola. Il pescatore e l'esca Un primo suggerimento sulle modalità di questo dialogo ci viene da Lord Baden Powell of Gilwell, fondatore dello scoutismo. Nel 1920 scriveva: "Mi piace paragonare colui che vuole condurre dei ragazzi sotto una buona influenza a un pescatore desideroso di fare buona pesca. Se il pescatore arma la sua lenza col genere di cibo che piace a lui, è probabile che di pesci non ne prenda neanche uno (...). Perciò si serve come esca del c'ibo che piace al pesce" (Il libro dei capi, Ancora, 1968, p. 40). La sagacia pedagogica di Baden Powell ci suggerisce di evitare la "spontaneità obbligata" (imporre ai ragazzi di ammirare gli autori che piacciono a noi) e di utilizzare, almeno in partenza, prodotti estetici già familiari e graditi agli studenti. Se insegno letteratura in un modo costantemente noioso, in realtà sto insegnando qualche cosa che non può chiamarsi così, perché l'idea stessa di letteratura implica la gratificazione del lettore. Nel nostro caso scegliere l'esca giusta significa anche prendere sul serio le ragioni dei nostri pesci, non puntare l'attenzione prima di tutto su ciò che non sanno ma su ciò che sanno già. Per esempio l'uso continuato del telecomando televisivo abitua a distinguere al volo un genere da un altro, a ricostruire da pochissimi indizi gli antefatti di una storia, a decodificare istantaneamente un rapidissimo bombardamento di informazioni. Vedendo esplicitate e valorizzate queste loro competenze, i ragazzi saranno più disposti ad applicarle ad altri tipi di testo e anche ad acquisirne di nuove. Cercare ciò che unisce Una seconda indicazione strategica ci viene da un papa, Giovanni XXIII, che ha formulato due regole fondamentali del dialogo: "cercare prima di tutto ciò che unisce; riconoscere lealmente ciò che < ! = .. ~ .. e z ,.
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