........ ~_· nero. Bisogna studiare come evitare il mercato nero. Nessuno, parlando di queste cose, deve fare discorsi del tipo "mi è apparsa la Madonna rivelandomi la strada giusta", perché io parto dal presupposto che qualsiasi sia la soluzione, essa sarà tragica comunque. Nel senso che una volta introdotta una sostanza in una società, i costi per gestire un controllo della situazione saranno comunque altissimi e qualcuno dovrà pagarli. Una parte dovranno pagarli i singoli, una parte la collettività. Dovrà responsabilizzarsi il singolo, dovranno responsabilizzarsi le istituzioni. Parto dal principio che una soluzione giusta, univoca, assoluta, valida comunque e sempre, non ci sia. Penso che sia giusto mettersi in un'ottica di sperimentazione. Dobbiamo fare i conti con la realtà senza lavarci la coscienza, senza considerare solo quello che noi vorremmo che la realtà fosse. Io ritengo che il processo per così dire "naturale" porti per forza verso una legalizzazione e non possa non essere così. Se è vera quest'ipotesi - a cui sto lavorando e che secondo me è suffragata da una serie molto complessa di dati - allora bisogna dirigere, governare, strutturare questo processo storico-planetario. Per farè questo è giustissimo mettersi in un'ottica sperimentale, però estremamente seria e scientifica. In cui cioè le ipotesi sperimentali non solo possono essere confermate ma anche, e soprattutto, vagliate con parametri condivisi, oggettivi e predefiniti. E di questa serietà, ne vedo molto poca in giro. Vedo invece molto trionfalismo, molte soluzioni dogmatiche e ideologiche, una grandissima ignoranza. LA TERRA " ·ì Da parte degli antiproibòonisti? Da parte di alcuni di loro. C'è per esempio da parte degli antiproibizionisti una polemica contro i servizi pubblici che a loro dire non fanno nulla. Ma bisogna fare attenzione: soprattutto in un'ipotesi di legalizzazione, bisognerebbe enormemente punta- .re sui servizi pubblici di assistenza e di terapia. E poi proibizionismo e antiproibizionismo sono due ipotesi che forse hanno un fondo, una logica comune: l'uno rischia di comportare gli stessi rischi dell'altro. Solo un esempio: sono basati entrambi sulla costituzione di contesti di sfida: nel proibizionismo la sfida è fra il singolo consumatore e le strutture repressive: nell'antiproibizionismo, fra la sostanza (alcol o droga) e il singolo soggetto. Mi sembra importante cercare un dibattito con le persone più serie del!' antiproibizionismo. Ma ci vuole un atto di grossa responsabilizzazione anche da parte loro, perché molti discorsi sono fondati sul1'ignoranza. Come quando parlano della tossicodipendenza come libera scelta dell'individuo. Non si possono compiere atti di cui non si possono prevedere le conseguenze, partendo da questi presupposti di ignoranza. E inoltre: non si può considerare la droga come una merce qualsiasi, perché merce qualsiasi non è. C'è poi tutto un discorso di gradualità della legalizzazione che non viene fatto. Odio le ipotesi miracolistiche, totalizzanti, ideologiche. Bisogna studiare bene una sperimentazione per capire quali sono i rischi, affrontarli insieme e prendere delle contromisure. Bisogna fare un dibattito franco su quale forma di sperimentazione si vuole ottenere, fra persone che la pensano anche molto diversamente. 13 :5 VI ... ,. ~ ,. P"' P"' ,. P"' e: z ,.
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