Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

DROGA: LA LEGGE E LA VITA o poi qualcuno di noi (in genere, purtroppo, sempre gli stessi) è stato costretto, suo malgrado, a dare battaglia. Si tratta spesso di battaglie paradossali e un po' deprimenti in cui la posizione considerata sovversiva è quella di chi insiste ad applicare la legge e in cui la legge viene applicata non con l'aiuto, ma spesso quasi a dispetto delle pubbliche autorità. Ma la peggior conseguenza dell'insana idea del nostro cliente di dare attraverso di noi una soluzione definitiva e decisionista al "problema droga" è la pretesa di gestire dei servizi sanitari a suon di decreti e circolari per raggiungere obbiettivi extrasanitari. I nostri servizi sono così caricati di una serie infinita di compiti impossibili resi obbligatori ai sensi di qualche "ukase" nazionale o regionale: stendere programmi terapeutici per malattie inesistenti (per esempio: la dipendenza da cannabinoidi); curare reati (per esempio: la detenzione di una certa dose di una sostanza vietata); prevenire la tossicodipendenza (cosa che nessuno al mondo ha mai dimostrato di aver fatto) e, già che ci siamo, anche tutte le altre forme di devianza giovanile, magari inducendo quei durevoli e fondamentali cambiamenti dei sistemi di valori individuali e collettivi che di solito si ottengono in due o trecento anni con un paio di rivoluzioni; "demedicalizzare" il problema essendo, e continuando ad essere, strutture delle U.S.S.L. con malati terminali in carico; programmare nei minimi particolari l'attività annuale senza avere la minima idea di quali saranno gli operatori, i fondi e i locali disponibili; e via delirando. Naturalmente, poiché per ottenere l' impossibile qualunque organico, qualunque competenza e qualunque tipo di attrezzatura sono del tutto equivalenti (nonché del tutto inutili) e poiché, in realtà, nessuno crede seriamente che noi faremo mai quanto sopra esposto, tutte queste assurdità finiscono per rappresentare il miglior supporto alla generale convinzione che i nostri servizi necessitino solo di alcuni passacarte temporaneamente parcheggiati per fare, appunto, le "carte": la carta per la patente, la carta per la comunità, la carta per il prefetto, la carta per il ticket, ecc. ecc. ecc. E forse questo è uno dei motivi per cui, più a livello centrale si stanziano in pompa magna fondi e personale per i SERT, più a livello locale ci si affanna a dirottare il tutto su attività considerate più importanti e, soprattutto, più redditizie sul piano dell'immagine. Nel gran fracasso prodotto da tutti quelli che ci spiegano a ogni piè sospinto che fare con la droga e con i drogati, difficilmente vengono prese in considerazione la tenue vocina di chi chiederebbe di garantire a tutti i servizi quelle risorse e quelle capacità professionali che servono per fare il possibile: ridurre lo scambio di siringhe, aumentare l'uso di profilattici, prevenire le gravidanze ad alto rischio, vaccinare contro l'epatite B, la tubercolosi e il tetano, rendere disponibili quei 7 o 8 trattamenti ambulatoriali che si sono dimostrati efficaci quanto il soggiorno in comunità terapeutica, avviare programmi per l'alcolismo e il tabagismo, facilitare l'accesso ai trattamenti conAZT, attivaLATERRA re programmi a bassa soglia diretti a chi non frequenta i servizi, promuovere la costituzione di gruppi di autoaiuto, diffondere l'uso del Narcan, fornire counselling qualificato ai pazienti e ai familiari, attivare programmi di educazione sanitaria specifici per ogni gruppo bersaglio, ecc. ecc. Tutte queste cose nei SERT si possono effettivamente fare ma, in genere, solo dopo aver ottemperato alle seguenti condizioni: adempiere scrupolosamente a tutto il lavoro da passacarte sopra descritto, farsi un'ampia cultura giuridica e usarla senza esitazioni per difendere vittoriosamente i principi deontologici che permettano di esercitare decentemente la professione, mantenersi aggiornatissimi sul piano scientifico ma, purtroppo, anche sul piano delle scemenze di successo in modo da poter neutralizzare gli "esperti" variamente targati che si aggirano famelici nel nostro settore a caccia di facili benemerenze e altrettanto facili prebende, confezionare i programmi in maniera politicamente presentabile secondo I' orientamento della propria U.S.S.L., non esitare a utilizzare strategie alla Rommel per ottenere banalità di fondamentale importanza quali scrivanie, telefono, locali sufficienti e simili, curare le pubbliche relazioni del servizio con le forze politiche e sociali. Chi a questo punto ha la fortuna di avere ancora un po' di tempo può finalmente dedicarsi alla parte più facile, interessante, piacevole e soddisfacente del lavoro: quella con i tossicodipendenti e con i loro familiari. Molti operatori dei SERT a questo punto non ci arrivano mai: nessuno è riuscito a portare a termine le operazioni preliminari, non è stato possibile neutralizzare indebite interferenze, "le carte" hanno vinto, il paziente è rimasto un utente (uno di quelli che fanno la coda e litigano con gli impiegati), il povero operatore languisce tristemente tra una "verifica", un "coordinamento" e una "équipe", legge libri sul burn-out e medita il trasferimento. Oppure si costruisce un castello di meccanismi di difesa: si sceglie un'ideologia della tossicodipendenza contrabbandata per "formazione", seleziona i pazienti che aderiscono al suo modello, si crea un giro di rapporti professionali che non disturbino questo equilibrio e, se proprio la costruzione vacilla, si iscrive a costosi corsi di formazione che lo aiutino a "adattarsi", a "elaborare il vissuto", a "non farsi prendere dall'urgenza", insomma a diventare una di quelle miti, incolori, meste, innocue e un po' noiose figure di operatore pubblico che tutti abbiamo visto (ma, ahimè, non ascoltato) in qualche serata antidroga degli ultimi vent'anni. Che fare dunque per fornire un servizio adeguato ai tossicodipendenti (tabagisti e alcolisti compresi) e salvare dalla morte civile gli operatori che ancora non hanno dato le dimissioni? Forse basterebbe un nuovo decreto sui SERT, abrogativo di tutti i precedenti, con un solo articolo: "Se buchi, bevi, fumi e vuoi continuare a farlo son fatti tuoi; se vuoi smettere e non ci riesci ti offriamo servizi attrezzati per fornire tutte leprestazioni professionali necessarie; per i miracoli e le conversioni lo stato non è competente". .. e: z ,.

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