Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

DROGA: LA LEGGE E LA VITA libertà e autonomia. Compito degli educatori è dunque di offrire strumenti e opportunità ai ragazzi evitando nel contempo atteggiamenti invadenti. Non è semplice, e tuttavia le esperienze compiute fin qui sono incoraggianti. Anche sul versante dei rapporti tra ragazzi e adulti. In entrambi i casi citati l'intervento è riuscito a trasformare il conflitto in dialogo e nella vicenda delle "panchine" addirittura a favorire l'elaborazione comune, di ragazzi e adulti, di un progetto di condivisione dell' ambiente e del suo uso, rispettoso delle diverse esigenze e volontà di autonomia, chiamato "Progetto NOI" (recentemente è stato presentato in un grande convegno internazionale direttamente da un gruppo di quei ragazzi e adulti del quartiere). Il lavoro dell'educatore oscilla tra il singolo e il suo contesto di vita, tende a stabilire relazioni significative tra singolo e contesto. A realizzare una "rete" solidale attorno a chi esprime disagio o sofferenza esplicita. I servizi, in questo disegno, sono un aspetto dell'intervento, una possibilità spesso irrinunciabile. E tuttavia il cuore dell 'intervento pulsa nel contesto di vita, dove si tesse la rete appunto. Niente muterà mai davvero, in profondità, se non muta nel luogo del disagio. Naturalmente, più un luogo è deserto di esperienze vitali, di disponibilità, più è "bruciato" da fallimenti e abbandoni più difficile è ricostruire, creare la rete. Più, invece, si è per tempo seminato e meno ostile sarà il terreno. L'esperienza "di strada" qui descritta si è potuta giovare di un ambiente in parte preparato dal lavoro volontario di gruppi di base diversi. Il sostegno istituzionale, con le risorse, gli spazi, le figure professionali rese disponibili (due assistenti sociali, un animatore e un educatore), ha potuto così acquisire un carattere creativo, niente affatto burocratico, capace di plasmarsi sui casi concreti, di raccogliere le sfide anche imbarazzanti della realtà. E di non perdere le forti motivazioni necessarie per reggerne l'impatto. Il secondo versante dell'intervento di strada è più vasto, copre più quartieri e agisce soprattutto, ma non solo, sul la prevenzione delle tossicodipendenze. Si chiama "Rete di solidarietà e di accoglienza" e nasce come estensione dell'esperienza avviata precocemente a Marghera, successivamente rielaborata e precisata in un progetto che fa capo ali' Assessorato alla sicurezza sociale del Comune e coordinato dal sociologo Galvano Pizzo!, consulente dello stesso Assessorato. Delle linee di fondo di tale progetto si è già dato conto nel primo numero di "La terra vista dalla luna", e del resto riprendono appunto aspetti e impostazioni presenti anche nell'azione dell'ETAM sopra ricordata.L'intervento, cioè, si snoda tra il singolo soggetto, la sua famiglia, il suo contesto di vita, i servizi intesi come opportunità eventuali di risposta. Un articolo di documentazione su questa esperienza è stato pubblicato da ASPE, l'agenzia del gruppo Abele, sul numero 18 dello scorso 26 settembre. Da quell'articolo riproduciamo una scheda che riassume essenzialmente cos'è il servizio di "Rete di solidarietà e di accoglienza". Di seguito, invece, pubblichiamo alcuni brani di diario di lavoro di due operatrici direttamente impegnate nella Rete. (G. B.) LATERRA In una fitta foresta Monica Longhi, Rossella Giolo La strada di Sergio Sono circa le 10 di un freddo lunedì. Sergio passa per il Centro civico dopo aver dormito al "notturno", il Centro per tossicodipendenti già entrati in rapporto con i servizi ma che hanno tali problemi in famiglia da impedirne il pernottamento in casa. Con alcuni educatori gli utenti del "notturno" trascorrono insieme la sera, dalle 18 in poi, e tutta la notte fino alle 9 del mattino. Quando gli abbiamo proposto l'inserimento Sergio era scettico. Poi ha accettato. Ora va a sedersi accanto alla finestra. Con gli occhi che guardano in basso e la faccia tesa chiede di poter fumare. Poi inizia a parlare, quasi subito, e racconta di sé e della sua famiglia. Abbiamo già fatto un po' di strada, con lui. È stata la sorella a far sì che Sergio arrivi qui. Il percorso non è stato comunque agevole. Ali' inizio lei temeva una modalità soprattutto repressiva del nostro intervento nei confronti del fratello, che ha 23 anni ed è tossicodipendente da quasi un anno. Temeva anche le possibili conseguenze di un nostro incontro con i genitori. "Sono già troppo provati dalla situazione per essere sottoposti ad altre domande e intrusioni" diceva. Non è stato facile convincerla. Le abbiamo detto che difficilmente sarebbero avvenuti dei cambiamenti se nella famiglia stessa non ci si fosse resi disponibili a una trasformazione, a un lavoro comune. Ci sono voluti diversi colloqui, tra noi e la sorella di Sergio, per giungere a un risultato. Poi però si è convinta dell'utilità di proporre al fratello di vederci e si è resa disponibile a far da tramite tra noi e i genitori. Dopo vari incontri abbiamo potuto avere un quadro piuttosto chiaro delle dinamiche intrafamiliari, la madre ha sempre dimostrato molto affetto nei confronti del figlio e ciò l'ha condotta a sommergerlo di attenzioni, costruendo una immagine di lui abbastanza irreale e, fra l'altro, escludendo il marito da qualsiasi ruolo significativo. Con fatica siamo riusciti a conquistare la fiducia della famiglia, soprattutto della madre, la quale - proprio perché troppo coinvolta e tesa a difendere il rapporto col figlio - non aveva mai permesso a nessuno di intromettersi. La sorella ci è stata d'aiuto in questo lavoro. È riuscita a far Questo testo è tratto da alcune pagine del diario di lavoro di due "operatrici di strada" impegnate nella "Rete di solidarietà e di accoglienza" attivata sul problema della tossicodipendenza dal Comune di Venezia. I nomi citati nel testo sono, ovviamente, di fantasia. .. e z s-

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