Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

2 VISTA DALLA LUNA Marino Sinibaldi Droga: la legge e la vita Con questo numero di "La terra vista dalla luna" tentiamo di riprendere il discorso sulla droga al termine dell'anno primo della nuova legge - la 162 del 1990, detta anche JervolinoVassalli - che intendeva avviare un nuovo modo di combattere le tossicodipendenze. Intanto occorre registrare che, proprio sulla scorta del precoce fallimento di quella legge, lo scenario pubblico della discussione sulla droga appare in continuo movimento. La mozione della commissione d'inchiesta della Comunità Europea che allafine di novembre ha segnato una sostanziale apertura verso le tesi antiproibizioniste è solo l'evento più clamoroso di un panorama di ripensamenti, riconsiderazioni e autentici, salutari pentimenti a proposito dei metodi e delle ideologie cui si è finora ispirata la lotta alla droga. Queste novità, pur importanti, non vanno però sopravvalutate. In primo luogo perché sono ancora forti e maggioritarie, nel ceto politico ma forse anche nella società, posizioni diverse, di difesa a oltranza della strategia e dell'ideologia punitiva che la sciagurata legge in vigore ha perfettamente incarnato. E troppo lentamente e timidamente, invece, emerge un clima nuovo, cadono vecchie certezze, si affaccia lapossibilità di un serio dibattito sulla lotta al traffico di stupefacenti e per la riduzione dei danni provocati dal consumo di droghe. Ma c'è una seconda e più importante ragione per guardare con prudenza a certe spettacolari novità. L'impressione infatti è che alle spalle di quello scenario pubblico ci sia una realtà diversa, dove silenziosamente si ripete un dramma immutabile, che è quello della vita dei tossicodipendenti e dell'impegno di chi con loro lavora. Qui, dietro la facciata, tutto continua come prima. Continua la tragedia della tossicodipendenza e la sua distruttività, con le malattie e le morti, le vite giovani e meno giovani sacrificate, l'ossessione sociale destinata ad aumentare con la diffusione dell'Aids, già ora l'autentica, grande emergenza connessa al consumo di droga. La legge va combattuta (e anzi abrogata, come si propone la giusta iniziativa referendaria in corso) perché rispetto a questo dramma ha già fallito. E qui bisogna sgombrare il campo da un possibile equivoco. È vero infatti che non si dovrebbero giudicare una serie di misure intorno a un problema così complesso sulla ridotta scala dei pochi mesi di applicazione. O meglio, sarebbe vero se la legge non si fosse pubblicamente e rumorosamente ispirata proprio al principio della soluzione rapida e drastica. In uno dei tanti interventi più o meno disinvolti e disinformati a favore della legge - in questo caso proveniente, per di più, da un'istituzione ufficiale come la Presidenza del Consiglio dei ministri - è capitato di leggere che "poiché la prevenzione non dà risultati a breve termine, il Parlamento si è orientato per un 'ulteriore forma di riduzione della domanda: la punizione del consumatore". Come ormai è noto, proprio se si raccoglie la sfida della legge e si giudicano i suoi risultati "a breve termine", il responso è univoco e conferma tutte le più pessimistiche previsioni dei suoi oppositori. Qualche parola va semmai aggiunta, su queste pagine, a proposito del potenziale versante "educativo" di una legge del genere. li solo dato vantato come positivo dai suoi più tenaci difensori riguarda infatti il comprovato aumento dell'età media dei tossicodipendenti censiti. Ma la riduzione delle fasce d'età attratte dal consumo di droghe è una tendenza in atto da tempo, ben prima che si avviasse una discussione legislativa sul fenomeno. Una caduta del fascino "culturale" e comportamentale della droga era documentata, per esempio, già dalle indagini fard che nel corso degli anni Ottanta rilevavano come un numero sempre minore di giovani riteneva "ammissibile" l'uso di droghe sia leggere che pesanti (mentre, va ricordato, all'incirca il 50% dei giovani intervistati considerava non condannabile l'ubriachezza). Sono dati che inoppugnabilmente smentiscono il conclamato successo "pedagogico" della legge Jervolino-Vassalli. E insomma questa è la legge, nella sua piena - proprio perché "rapida" - espressione. Ma oggi questo non va scambiato per ilproblema principale. Che invece è il sostanziale silenzio in cui il dramma si consuma; è l'isolamento di gruppi, istituzioni, persone che provano ad affrontarlo; è l'ideologia che sostiene provvedimenti, atteggiamenti, strategie e linguaggi "antidroga", quel mix micidiale di ideologie e interessi, perbenismo e burocrazie, che ha sfigurato il problema, ne ignora le

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==