Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

DALLA CASTA DIVINA ALLA CASTA BEDUINA Un viaggio nello Yucatan Juan Vi/loro traduzione di Jaime Riera Rehren Juan Villoro (1956) appartiene alla più recente generazione di scrittori latinoamericani, ancora poco nota fuori dal continente e che, rispetto a quelle precedenti, dimostra forse una minore preoccupazione stilistica per le esplorazioni linguisti-che ma una più grande spontaneità e leggerezza e un senso dell'umorismo, a volte tragico dato il contesto geografico, che trovano corrispondenza in un pubblico di lettori al quale raramente si rivolge in modo specifico la narrativa ispanoamericana, quello appunto dei giovani. Si matura precocemente, soprattutto nelle regioni calde del Nuovo Mondo: già nel 1975 Villoro pubblica i primi racconti e inizia a collaborare con diverse riviste messicane, argentine, colombiane. Traduce in spagnolo diversi autori tedeschi e nordamericani e, tra il 1980e,il 1985 escono i suoi primi libri, La Noche navegable e Albercas, volumi di.racconti dedicati per di più a conflitti adolescenziali, intimisti e nostalgici, con protagonisti provenienti dalla media borghesia urbana, più scontenti che ribelli. In questo periodo pubblica anche due libri per bambini e un'antologia di testi musicali. Palmeras de la Brisa rapida, un viaje a Yucatan, pubblicato in Messico nel 1989, rappresenta una vera novità nel panorama letterario odierno in Latinoamerica. Viaggio sentimentale alla ricerca parallela delle origini (una parte della famiglia dell'autore viene dallo Yucatan) e di un mondo separato e diverso rispetto all'insieme della nazione messicana, questo libro riprende il filo di una grande tradizione dimenticata nella America morena, quella della cronaca di viaggio, dove si intrecciano generi diversi: la riflessione storica e sociologica, il diario, la critica de costumbres di antica radice ispanica. Fra la disperata lotta contro il micidiale caldo della penisola yucateca e le evocazioni famigliari di una infanzia tanto remota da sembrare irreale come la antica potenza della aristocrazia henequenera, troviamo le acide descrizioni del cattivo gusto delle classi dominanti di oggi e delle sbalorditive esperienze dei turisti yankee tra le rovine mayas, insieme a una documentata ricostruzione del periodo segnato dal dominio della casta latifondista finito con l'annientamento materiale e spirituale del popolo maya. Certe qualità non sono facili da stabilire. Per essere considerata "eroica" una città messicana deve avere subito almeno una clamorosa sconfitta di fronte a truppe straniere; invece per essere considerata "bella", basta che il centro e le dieci strade circ·ostanti vantino uno stile coloniale (il resto può anche essere orribile oppure, nel caso di Merida, semplicemente anonimo). Con qualche eccezione (Guanajuato, Zacatecas), le città messicane si sono espanse negando il centro storico. Si sparpagliano verso zone sterminate di loncher{as1 e officine meccaniche che a un'estremità cedono il posto agli alveari operai-una vasta sinfonia di serbatoi-e a quello opposto agli chalets dei ricchi, di tipo alpino, con gli stipiti di alluminio alle finestre, però. ' Merida conserva due zone di splendore: il centro di epoca coloniale e il Paseo Montejo, vestigio del periodo henequenero 2 . 68 Mi sedetti a bere un'orzata all'ombra di un jlambojan 3 in un'animatacafeteriadel Paseo. La confusione negli altri tavoli mi fece sentire isolato - le due sedie vuote erario quasi una dimostrazione di sconfitta - e a un certo punto la mia mente desolata e vuota prese a riempirsi di coscienza storica. Chi è che riesce a pensare alla civiltà del passato mentre si trova fra amici? Non mi sono mai venuti in mente i sumeri nel corso di una riunione sociale, ma in quel momento, seduto al tavolo meno vivace della cafeteria, cominciai a ripassare le mie schede yucatecas. Agli inizi del secolo - epoca felice che non conosceva ancora il nylon - le navi di tutto il mondo potevano attraccare nei porti grazie allo Yucatan. · I profitti derivati da milioni di corde di henequén4 fecero ritorno aMerida sotto forma di fastosi palazzi, piastrelle italiane, sedie austriache, vetri piombati di Francia, cristalleria di Bohemia. La borghesia henequenera si era affezionata davvero al "bello" e si fece costruire palazzi con le mansarde in un paese che, almeno in quest'era geologica, non conoscerà mai la neve. Si ricordano ancora i fasti e le celebrazioni in occasione della visita di Porfirio Diaz nel 1905. Si riuscì ad evitare che il Presidente facesse visita alle rovine mayas e in compenso gli artisti locali eressero per lui un complesso greco in cartapesta. Così, un mattino, si vide un enorme Partenone accanto a un cenote5 con l'insegna "Sii attico o vattene" sopra le grosse, colonne doriche. In quei tempi essere "attico" significava chiudere gli occhi quando la frusta del caposquadra colpiva la schiena di un indio ("il maya sente dalla schiena" recitava un antico proverbio) e riaprirli nel momento in cui la vittima baciava la mano del boia. I "superattici" preferivano non recarsi mai nelle loro terre. A una classe talmente eccelsa non bastava l'appellativo di "gente ricca". I cinquanta "re del henequén" si autoproclamarono Casta Divina. Nel 1908, il giornalista nordamericano John Kenneth Turner riuscì a farsi ricevere nella esclusiva società del Paseo Montejo. Dopo il crollo recente del mercato del henequén la presenza di un uomo d'affari straniero non poteva essere che benvenuta (Turner finse di essere un ricco affarista disposto a investire soldi anche in cause perse, ma in realtà voleva infiltrarsi nell'ultimo baluardo dello schiavismo messicano). Le sue prime giornate del soggiorno yucateco Turner le passò ammirando statue in giardini profumati e conversando con belle signore di cappelli parigini, della stagione lirica di New York, dell'aeronauta José M. Flores, che aveva recentemente percorso i cieli di Merida in un'elegante mongolfiera. Gli hacendados 6 parlavano del henequén come di una raff.inata e complicata partita a scacchi. Quel mondo ipercivilizzato sembrava rifiutare lo schiavismo al pari della costituzione messicana. Trascorse alcune settimane e dopo essersi reso conto delle condizioni di vita e di lavoro dei peones,

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