Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

POETI STATUNITENSI DEGLI ANNI Off ANTA a cura di Maria Cristina Devecchi Parlare della decade appena conclusa ha un che di strano che fa sì che non ci si senta a proprio agio. Da un lato, infatti, essa è ancora troppo vicina a noi per permetterci di essere obiettivi e dall'altro, per uno di quegli strani sfasamenti della storia, essa ci appare lontana e sorpassata. Nel giro di due anni, dal 1989 ad oggi, molti muri sono crollati e molte cose sono cambiate in modo così radicale da mettere in discussione non solo il nostro modo di vederci segnati sulla mappa del mondo, ma, soprattutto, il nostro modo di interpretarlo. Il crollo del comunismo non ha significato solo la fine della divisione tra Est ed Ovest, ma ha, ancora di più, distorto e mutato le categorie di pensiero di cui molti intellettuali si erano fatti portavoce. Intendo dire che, oggi come oggi, tutto il pensiero marxista sta subendo una profonda crisi di identità. Uno dei grandi paradigmi della nostra società è venuto a mancare ali' improvviso e la sua eredità è così scomoda che nessuno si sente di prenderne possesso. Spetterà agli anni a venire decidere cosa farne, a noi il compito di indagare su ciò che è appena passato ed in particolare, per quanto più ci concerne, sugli sviluppi e tematiche della poesia americana degli anni Ottanta. Non si può parlarne senza prima date un'idea di che cosa gli Stati Uniti siano stati, di quali conflitti e di quali idee siano stati portatori nella decade appena passata. L'America degli anni Ottanta si è presentata al mondo come una terra di sogno prepotentemente ricca, padrona di sé, cinica e beffarda. I modelli di vita proposti erano gli "yuppies" delle grandi città o i multimiliardari alla "Gei Ar" e in tale società preoccupata solo delle forme esteriori del puro esibizionismo non c'era posto per la riflessione. Per dieci lunghi anni l'America ha vissuto in un sogno·o meglio in uno stato di òblio e il risveglio si è rivelato essere un incubo. Sul piano sociale la clas~e media ha dovuto aprire gli occhi e rendersi cont.odelle ingiustizie e delle diseguaglianze che permeano la società democratica per antonomasia, società in cui le minoranze etniche e i poveri non hanno voce in capitolo, dove la droga e la violenza sono all'ordine del giorno e dove il crimine non è più solo relegato ai telefilm polizieschi, ma è dietro l'angolo della propria casa, fisicamente impossibile da evitare. Sul piano economico, dopo anni di sfrenata ed incurante sicurezza, gli Stati Uniti hanno dovuto fare i conti con la recessione e sul piano internazionale la politica del "Nuovo Ordine" stenta a decollare. Tutti questi problemi, seppur presenti durante tutti gli otto anni di presidenza di Ronald Reagan, non fanno parte del modo in cui gli americani hanno avuto visione di sé. Sembra quasi che ci sia stato uno sforzo collettivo di ignorarli, di riporli nel cassetto e per non doverci pensare si è costruito un mondo fatto di carta pesta, falso e millantatorio. C'è poco da stupirsi, dunque, se anche sul piano intellettuale si assiste alla stessa mancanza di ogni interesse che vada poco più in là del la pura analisi superficiale. Se la parola d'ordine degli anni Ottanta era il "look" e cioè la propria apparenza esteriore e non solo fisica, la parola d'ordine della letteratura americana, e per quel che più ci interessa della poesia, è "image". Con tale termine si vuole indicare quel tipo di descrittivismo quasi pittorico, in c'ui la sostanza del discorso rimane in superficie ed è, in senso più ampio, la superficie. Come Narciso, la poesia americana si riflette in uno specchio di parole e se ne compiace, ma ciò che essa rispecchia è solo una patina impalpabile, al di là della quale c'è solo il nulla e il vuoto. Non è facile trovare delle poesie scritte nella decade passata in cui si provi alla loro lettura un senso di profondità o in cui si senta, per lo meno, lo sforzo del poeta nel cercare di affrontare i temi di cui parla in modo tale che essi non si limitino alla mera descrizione di avvenimenti di per sé insignificanti. Molti giovani poeti americani sembrano vivere in un mondo lontano e ermeticamente sigillato da ogni influenza esteriore. La società con i suoi attriti e conflitti è totalmente assente e ciò che di essa rimane, la quotidianità e la sua routine, è dipinta con i tenui colori pastello di un acquarello. Se di tecnica pittorica si vuol parlare per quanto concerne questo tipo di poei,ia, non la si può certo paragonare alle tinte forti e scioccanti dei colori ad acrilico o allaprofondità e alle sfumature dei dipinti ad olio. Anche i contenuti di tale poesia sono ridotti all'essenziale e, senza ombra di dubbio, la si può definire minimalista ma non perché ciò che è minimo racchiude in sé un significato altro ma in quanto non c'è altro di cui parlare se non delle cose minime ed insignificanti. E quale miglior modo di parlarne se non in termini ridotti, minimi ed insignificanti. Rita Dove nella poesia,frs Poetica affronta chiaramente questo problema quando afferma che la sua poesia deve essere "minima", quasi "una città fantasma", un luogo dove tutto è ridotto alla morte ma dove anche i morti non sono visibili perché solo delle presenze. L'esempio appena citato non è unico nel suo genere. Molta della poesia americana scritta nel decennio passato rientra nella categoria del descrittivismo minimalista di cui si è appena parlato. Sembra quasi che per un'intera generazione di poeti sia venuto a mancare non solo il contenuto, cioè i temi della propria scrittura, ma anche la forma. Entrambi sono minimi, essenziali, addirittura banali, quasi a livello elementare. La generazione di cui si parla e a cui i poeti che fanno seguito appartengono è quella nata nei "tranquilli" anni Cinquanta quando, cioè, gli Stati Uniti erano al loro apogeo culturale, economico e politico. Questo dato anagrafico, di per sé banale, sottintende però il fatto che tale generazione non abbia vissuto, il movimento di rivolta del Sessantotto e ne abbia goduto i risultati senza dover lottare. I giovani intellettuali degli anni Ottanta non sono certo i rivoluzionari delle decadi passate e giunti a maturazione senza scontri e senza lotte vogliono continuare a vivere senza scosse. E la loro poesia è, per quanto ci concerne, un mare in bonaccia, un godersi, quasi forzato, la vuota quotidianità della vita. Sarebbe però superficiale ·addebitare la causa di tale rassegnata apatia solo e unicamente al dato generazionale. Altri fattori concorrono nello spiegare come parte dell"'establishment" culturale americano si sia ridottò a tale conformismo. Prendiamo come esempio i poeti di questa rassegna: nati negli anni Cinquanta hanno iniziato gli studi superiori dopo il Sessantotto continuandoli negli anni Settanta fino ai livelli universitari. Tutti hanno ottenuto sovvenzionamenti da enti privati quali, solo per citare il più famoso, la Guggennheim Foundation, o da enti pubblici come il Nea, National Endowement for the Arts. Si sono successivamente inseriti nel mondo accademico in qualità di docenti cosicché lo scrivere non è la loro primaria occupazione quanto un completamento della loro carriera. I due fattori che sono, in parte, la ragione del conformismo sono essenzialmente la carriera accademica e i sovvenzionamenti di cui questi poeti, e come loro molti intellettuali, hanno goduto. Entrambi meriterebbero un lungo discorso ma in breve si può dire che per quanto riguarda il fattore accademico esso è stato parte di un'iniziativa politica ben precisa perseguita con estrema raffinatezza. Dare, infatti, la possibilità ai giovani intellettuali di accedere a lavori accademici voleva dire inserirli, loro malgrado, nel sistema e dunque essere in grado di controllare ogni futura voce di dissenso. Si tratta, in poche parole, di una specie di ricatto indiretto reso ancor più efficace dalla politica dei sovvenzionamenti, i quali vengono dati, in pratica, solo a quegli. scrittori ~he fanno presa su un vasto pubblico. In termini editoriali, dunque, solo a quegli intellettuali che vendono un adeguato numero di copie, ma a tal fine essi sono forzati a scrivere ciò che la massa dei lettori è interessata a comprare. Con questo il circolo si chiude e si amplia allo stesso tempo. Si chiude perché lo scrittore, per vivere, ha bisogno di essere sovvenzionato e per esserlo deve essere prod_uttivo è in quanto tale non deve andare contro corrente ma fluire con la massa dei lettori. Ne risulta, dunque, che nell'America degli anni Ottanta i soli 59

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