Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

Apprezzo moltissimo che mi abbiate chiesto di condividere con voi alcune delle mie idee. Un romanziere porta costantemente con sé ciò che la maggior parte delle donne porta nella borsetta: molta roba inutile, pochi oggetti assolutamente essenziali e, per ogni evenienza, un gran numero di cose che stanno a metà strada. Ma il romanziere non porta con sé tutto questo fisicamente, perché l'oggetto del suo possesso è mentale. Di tanto in tanto aggiunge una nuova idea completamente inutile; di tanto in tanto, con riluttanza, elimina la spazzatura - cioè le idee chiaramente prive di valore - e se ne libera con qualche lacrima sentimentale. Una volta ogni tantissimo, però, gli capita di imbattersi casualmente in un 'idea per lui davvero sorprendentemente nuova, che egli spera sia nuova anche per gli altri. È questa categoria finale che dà dignità alla sua esistenza. Di queste idee senza prezzo, nel corso dell'intera vita, egli può al massimo acquisirne un piccolo numero. Ma è sufficiente; grazie a loro, il romanziere ha giustificato la sua esistenza a se stesso e al suo Dio. Una caratteristica strana e inquietante di queste idee rare e straordinarie è la loro falsa veste-diciamo così-di ovvietà. Una volta che l'idea è emersa o apparsa o nata - comunque avvenga che le nuove idee arrivino a esistere - il romanziere si dice: "Ma naturalmente, perché non me ne sono accorto anni fa?" Notate l'espressione "non me ne sono accorto". È un'espressione chiave. Egli si è imbattuto in qualcosa di nuovo, ma che nello stesso tempo, da qualche parte, è sempre esistito e, in verità, è semplicemente emerso, ma c'è sempre stato. Il romanziere non l'ha inventato e neppure scoperto. In un senso molto concreto, ne è stato scoperto. Non l'ha inventato, ma ne è stato inventato-e la cosa è abbastanza inquietante, se ci pensiamo: È come se l'idea l'avesse creato per i suoi scopi. Credo che questa sia la ragione per cui noi riscontriamo un fenomeno sorprendente e molto noto, e cioè che molto spesso nella storia una grande idea nuova colpisce parecchi ricercatori o pensatori esattamente nello stesso momento, benché ciascuno di essi ignori i propri colleghi. "Era giunto il suo momento", diciamo dell'idea, e così trascuriamo, come se l'avessimo spiegato, quale.osa che considero molto importante: la nostra ammissione che in un certo senso le idee sono letteralmente vive. Che cosa significa che un'idea o un pensiero sono letteralmente vivi? E che si impongono agli uomini qua e là e li usano per prendere corpo nel corso della storia umana? Forse i filosofi presocratici avevano ragione: il cosmo è una vasta entità pensante. Può darsi anzi che esso non faccia nient'altro che pensare. In qu~sto caso, o ciò che noi chiamiamo l'universo è semplicemente la forma o la maschera che questa entità prende, o in qualche modo essa coincide con l'universo - la mia variante preferita di questa visione panteistica è che quest'entità imita abilmente il mondo di cui abbiamo quotidianamente esperienza, senza per questo diventare più saggi. Questa è la concezione della più antica religione dell'India e in una certa misura era la concezione di Spinoza e di Alfred North Whitehead: l'idea di un Dio immanente, un Dio nell'universo, non trascendente e perciò al di fuori di esso. Viene qui a proposito il detto sufi sta: "l'artigiano è invisibile nell'opera", intendendo con "opera" l'universo e con "artigiano" Dio. Ma questo esprime ancora la nozione teistica secondo cui l'universo è qualcosa che Dio ha creato; mentre io dico che forse Dio non ha creato niente, semplicemente è. E noi passiamo la vita SAGGI/DICK in lui o in lei continuando a domandarci dove lo o la si possa trovare. Mi sono divertito a riflettere su questi argomenti per parecchi anni. Dio è a portata di mano come la spazzatura nel bidone, Dio è la spazzatura nel bidone, per essere più precisi. Ma un giorrio mi venne una cattiva idea-cattiva perché mise in crisi il meraviglioso monismo panteistico di cui andavo tanto fiero. E se esistesse una pluralità di universi -e qui capirete da dove tira fuori le sue trame questo scrittore di fantascienza - e se esistesse una pluralità di universi disposti lungo una sorta di asse laterale, cioè ad angolo retto rispetto allo scorrere del tempo lineare? Devo ammettere che, riflettendo, scoprii di aver messo in piedi una spaventosa assurdità: diecimila corpi di Dio disposti come abiti appesi in un enorme armadio, con Dio che li indossa tutti insieme o passa a suo piacere dall'uno all'altro dicendo: "Credo che oggi indosserò quello in cui la Germania e il Giappone hanno vinto la seconda guerra mondiale" e poi aggiungendo tra sé e sé: "Domani indosserò quello in cui Napoleone sconfisse gli inglesi; è uno dei migliori che ho". Questo appare certamente assurdo e sembra rivelare che l'idea di fondo è priva di senso. Ma immaginiamo di riformulare questo "armadio pieno di abiti diversi" dicendo: ''E se Dio provasse un abito e poi, per ragioni note a lui solo, decidess.e di cambiare? Decidesse cioè, per restare ali' interno della metafora, che l'abito che indossa non è quello che vuole?" Nel qual caso il suddetto armadio pieno di abiti diventerebbe una sorta di progressiva sequenza di mondi, presi, utilizzati per un certo tempo e poi scartati a favore di un mondo migliore. A questo punto potremmo chiederci: "Come si sentirebbe l'abito improvvisamente dismesso - cioè l'universo abbandonato? Che cosa proverebbe? E, cosa per noi ancor più importante, che cambiamenti subirebbero, se mai ne subis~ero, le forme di vita di quell'universo?" Ho il sospetto che in realtà avvenga proprio questo; e ho inoltre l'impressione che l'infinito numero di forme di vita coinvolte penserebbero - sbagliando - che non sia successo nulla, che non sia cambiato nulla. Esse, in quanto elementi di un nuovo abito, penserebbero erroneamente di essere sempre state indossate - di essere sempre state ciò che sono ora, con ricordi completi che proverebbero la , correttezza delle loro impressioni soggettive. Noi siamo abituati a supporre che tutti i cambiamenti si verifichino lungo l'asse del tempo lineare: dal passato al presente al futuro. Il presente è una conseguenza del passato e ne è diverso. Il futuro sarà una conseguenza del presente e sarà diverso a sua volta. Che possa esistere un asse del tempo ortogonale, o ad angolo retto, uno spazio laterale in cui avviene il cambiamento - verificandosi i processi, per così dire, a latere rispetto alla realtà - questo è quasi impossibile da immaginare. In che modo percepiremmo questi cambiamenti laterali? A quali indizi - se cercassimo di verificare questa bizzarra teoria - dovremmo prestare attenzione? In altre parole, come è possibile che si verifichino dei cambiamenti al di fuori del tempo lineare tout court, in ogni senso, in qualunque misura? Ebbene, consideriamo uno dei temi favoriti dei pensatori cristiani: il tema dell'eternità. Questa idea, storicamente parlando, fu una delle grandi novità portate nel mondo dal cristianesimo. Noi siamo abbastanza sicuri che l'eternità esiste - che il termine "eternità" si riferisca a qualcosa di reale, al contrario, per esempio, 41

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