SE QUESTO MONDO VI SEMBRA SPIETATO, DOVRESTE VEDERNE QUALCUNO DEGLI ALTRI Philip K. Dick a cura di Stefano Benni traduzione di Alberto Cristofori Quando anni fa proposi a due editori di sottrarre qualche libro di Dick alla pur meritoria giurisdizione -delle pubblicazioni di fantascienza, ebbi identiche reazioni. Risposero che era un autore molto interessante, ma cosa era? Una forma di vita letteraria sconosciuta sul nostro pianeta? Uno scrittore difantascienza per casi clinici? Un mistico medioevale californiano? La sua unicità non venne riconosciuta come un pregio, ma come un ostacolo a future classificazioni, comprensione e fortune editoriali. Ora Dick sta moltiplicando i suoi lettori italiani; ma mi sembra che abbia dovuto comunque pagare un doppio prezza per la sua originalità. All'inizio ha pagato la misteriosa facilità con cui alcuni scrittori "fantastici" riescono a parlare dei loro tempi con maggior passione e precisione rispetto ai loro colleghi "realisti". Questo per la cronica ignoranza e il sospetto che i "grandi" editori e critici italiani mostrano verso libri ricchi di invenzione e ironia, perché queste doti abitano le culture critiche e curiose, non la nostra, mafiosa e terrorizzata dal nuovo. Philip Dick, grazie alla sua fantasia cronistica,fu l'anticipatore di tutti i temi del moderno incubo americano, e non solo americano: il mutamento cellulare del rapporto uomo-macchina e la nascita di sentimenti reciproci, la proliferazione di universi paralleli nati dalla tecnologia e dalle nuove creature medianiche, la mutazione e riproducibilità di ogni organo, di ogni corpo e. forse di ogni esperienza, lo spaventoso e affascinante aprirsi di corridoi tra realtà e irrealtà. Troppe cose da studiare, per i nostri giurati a vita. Meglio importare ipiù rassicuranti problemi di ricchi rampolli un po' strippati di coca e polpettoni fanta-lussuoso-politici. Quando Dick è arrivato, con la sua "altra" America, ha dovuto subire una piccola lobotomia. Il tema delle mille realtà compresenti, che Dick gioca profondamente tra angoscia e ricerca di verità, è stato talvolta presentato come una sua abilità nel fondere linguaggi e immagini esteticamente eccitanti e compatibili, come vorrèbbe la nuova etica televisiva del frammento, il "siamo disorientati e belli". Lo scandalo di Dick, come scrivono De Turris e Fusco nel! 'introduzione ali' Uomo variabile, consiste proprio nella confusione, nella simpatia tra uomo e androide, tra sano e drogato, tra vivo e morto. Da una parte lo spettatore smaliziato, animale urbano che sa sopravvivere nello sfacelo e goderne sottilmente turbato le scenografie. Dal!' altra parte androidi belli, drogati-clown, morti da effetti speciali. Dick arriva al grande pubblico e al sospetto interesse dei "grandi" editori attraverso Biade Runner, film figurativamente splendido e ben sostenuto dall'idea centrale del replicante, ma assai diverso dal libro. Gli androidi di Dick sono carogne, non angeli muscolosi e terribili che citano il Bateau lvre, Rachel non ha lo splendore da aerografo giapponese di Sean Young, è un androide infelice che vuole sedurre pe,r vincere, ed esistere. E alla fine Deckard non fuggirà con lei, nelfinale imposto dai produttori, verso un'improbabile Svizzera, ma compagni del suofuturo saranno un rospo sintetico e la moglie ritrovata. È bene dunque che si legga di più Dick, ma è bene rispettare la 40 sua unicità. Che non è quella di un giocoliere tossico dei linguaggi della fantascienza, non il dubbio di scegliere tra un falso e vero Schwarzenegger, non l'apocalisse con le luci giuste. È una scena oscura, il percorso angosciato, segnato da molte cadute, di uno scrittore che entrò nel futuro americano dal buco temporale degli anni '60, e ne descrisse tutta la violenza, dando alcune ingenue e geniali istruzioni di fuga. Non inventò figurine per un'estetica del simulacro, ma un modo unico di usare lafantasia su uno scenario nuovo, quello della tecnologia e della scienza, rilanciando la sfida della scrittura. Possiamo amare Biade Runner, ma Dick è qualcosa di più, e non gli si può togliere questo qualcosa. Anche se ci costerà un piccolo sforzo supplementare di attenzione verso la sua opera. (S. B.) Il testo di Dick che segue è un compendio della sua ultima filosofia della vita e della letteratura, ai margini del teorico-quasi teologico e del fantastico, dell'esperienza psichica tra "salute" e "malattia". Un documento, oltre che della tensione creativa di Dick, di un attraversamento del tutto insolito della letteratura. Se questo mondo vi sembra spietato... è noto anche come The Metz Speech, poiché è stato letto dall'autore - in forma ridotta per ragioni di tempo - al secondo festival internazionale di fantascienza di Metz il 24 settembre 1977. L'attore John Dowie ne ha fatto nel 1990 una interpretazione teatrale. La possibilità di pubblicarlo (nella versione integrale ci è stata offerta da Paul Williams, editor della "Philip K. Dick Society Newsletter", dove è apparso nel l'agosto 1977). Ringraziamo The Estate of Philip K. Dick e Paul Williams per la loro cortesia. Philip K. Dick (Chicago 1928- Fullerton, California 1982) è uno dei grandi scrittori della fantascienza, autore di opere di coraggiosa visionarietà e acre pessimismo sulla alienata natura umana di oggi e di domani: Il mondo che Jonescreò (1956), La svastica sul sole (1963), I giocatori di Titano ( 1963), I simulacri (1964),Le tre stigmate di Palmer Eldritch (1964 ), / / cacciatore di androidi ( 1968), Ubik, mio signore ( 1969) e tanti racconti. Ha cultori innumerevoli e meritati; anche se non tra gli intellettuali di professione". Disegno di Donna Nassa,.
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