Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

CONFRONTI senza risentire il ritmo dei periodi in forma di delta del Po che si succedono ne La camera da letto. La suggestione è inevitabile proprio nelle prime pagine di Poetica dell'extrasistole, dove basterebbe mettere gli a capo per avere uno di quegli interventi dell'autore nel poema che, falsamente oggettivi, segnano un'ansa nella narrazione, un cambiamento del passo mentale che vi presiede: "Il bambino che va a scuola, a sei anni/ muta profondamente la sua vita,/ si ferisce di continuo e guarisce/ da solo, i ginocchi e i polsi,/ prima intatti, fioriscono di croste/ che l'aria dei mattini d'inverno/ lustra come rubini" eccetera, con precisione clinica e forza trasfigurati va (Libro I, cap. Xl). Ma si può ridurre a questo il libro, a un'appendice dell'opera poetica? A ben guardare, il ritmo-poema si modula ogniqualvolta il testo -ha un 'impennata autobiografica, ma più spesso si ritorna al modello di una lingua italiana concreta e precisa (con gli imprestiti sintattici di chi ha frequentato altre lingue amate), ed evocativa perché precisa: quella prosa-prosa che i veri poeti italiani sanno praticare fin dalle Operette morali. Che se poi la velocità della prosa-prosa fosse dovuta al fatto che questi di Aritmie sono in gran parte (leale avviso d'autore) scritti su commissione, ci sarà solo da ringraziare quelle occasioni mercenarie che scuotono lo scrittore dall'indifferenza e lo buttano lì a parlare senza attendere la visita dell'Ispirazione. Aritmie è solo un frammento di migliaia di pagine critiche di letteratura, pittura, musica, cinema, fumetti: la vera ricchezza del poeta è questa dissipazione di sé, questo spreco e dimenticanza di pagine che gli fa nascondere inluizioni totali in coda a una divagazione, che dilapida tutto in spiccioli di talento perché alla fine tutto venga riscoperto intatto, conservato, accresciuto e fatto fruttare dal tempo. Il tempo: come i grandi romanzieri dell'Ottocento, come Stendhal maniaco del calendario, Berto lucci guarda il presente con gli occhi della memoria. Il suo è un presente non descritto ma subito evocato, già pronto per essere tramandato ai posteri come una vecchia cassapanca, colma di tesori per i ragazzi che la ritroveranno un giorno in fondo a una soffitta giocando a nascondino. Ciò accade perché la nostalgia per il presente la si immagazzina in anticipo per i giorni che verranno. (Ed è ancora la nostalgia,."la ricerca del nonno" a far rapprendere in Bertolucci quelli che lui chiama "ricordi prenatali"). Ma accade anche perché in Bertolucci coabitano almeno due forme di tempo, riconducibili alla differenza che gli Inglesi fanno Foto di Giovonni Giovannetti. correre tra weather e time, fra tempo meteorologico e tempo misurato dalle lancette degli orologi. Nessuno come Bertolucci sa far convivere nel verso il mutare lentissimo dei cieli e delle stagioni, delle fasi di un'esistenza, con la lentezza lacerante degli attimi in cui un'esistenza si decide: il dilatarsi del tempo nello spazio, nell'orizzonte dei suoj tramonti sulla Bassa insieme con l'affollarsi di più percezioni e più emozioni in un singolo cuore in uno stesso momento. È per questo clie nella Camera da letto il tempo è sempre al presente, perché il tempo- il nostro tempo interiore e il nostro tempo pubblico, la Storia che ci ignora o ci sfiora o ci travolge - è violenza. È quella qualità di presente, quella violenza e strazio della vita a raccordare il tempo dell'anno-luce col tempo dell' infinitesimo di secondo. È così che la percezione del mondo e del tempo, la poesia degli oggetti - nata dagli ultimi fuochi di un'epoca artigiana - e quella del tempo che trascorre, nascono dallo sdoppiamento, dalla discordanza tra la mente e il corpo. Quella poesia nasce dalla percezione che la mente ha del corpo: e nessuno sente il corpo, è consapevole del corpo più dell'ammalato, o meglio ancora di chi ha un disturbo intermittente: tic, ansia, reuma, extrasistole. La · poesia, la lotta tra mente e corpo, nasce forse dal tentativo di separarli, di distaccare la poesia da sé, come faceva il bambino Attilio Bertolucci, col batticuore, andando a posare le sue prime poesie sul davanzale del maestro, fingendo poi che gliele avesse portate il vento. Per ciò che è del suo aspetto privato, la poesia di Bertolucci (e la sua prosa di viaggio e di memoria) obbedisce a un "correlativo soggettivo": egli non trasferisce nel paesaggio, negli oggetti, nei fatti narrati un equivalente del proprio stato d'animo, ma pone direttamente se stesso al centro della scrittura. Sono le vicende del suo animo, rese esplicite, a giocare di analogie con le vicende ctd clima e del paesaggio, altrettanto distese. Le uniche forme di indirection sono i nomi di persona ridotti a iniziali (per troppo d'amore più che per pudore: "quando sarà finito ci vorranno le note per il suo eccesso di chiarezza", scrisse a Pasolini parlandogli del romanzo in versi) e il "tu" rivolto a se stesso: ma anche lì, un tu empatico, partecipato, a tratti perfino vezzeggiativo, tutto diverso da quello che è stato il tu poetico per antonomasia, il tu di Montale così pieno di distacco, così registico anche in Arsenio. · Per ciò che è del suo lato "pubblico", della poesia di Bertolucci andrà rimarcato un aspetto sul quale poco si è insistito: che la sua è una poesia economica: nasce cioè dal contrasto tra l'immensità del creato e la scarsità delle risorse, dal trauma infantile indotto dalla compresenza e dallo scontro delle classi sociali, dal privilegio sentito come vergogna e compiacimento. Nasce dalla contabilità familiare, dall'ordine mentale del le antiche generazioni e insieme dal demone periglioso dell'investi mento, dell'intrapresa del contadino d'ingegno, dall'irrequietezza del figlio che vuole glorificare il padre superandolo e quindi uccidendolo, dalla lotta con le zolle che si trovano sotto quel cielo celebrato in versi. È così che Bertolucci legge, nel suo Verdi autobiografico, il Rigoletto. Così avviene che l'occhio disteso della poesia è contemporaneamente l'occhio socchiuso e inquieto del padrone, occhio da estimo. Di qui nasce il Bertolucci "divino egoista" di una poesia di Vittorio Sereni. Ecco perché l'approdo della sua poesia e della sua vita sono la famiglia, ecco perché avrebbe 29

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