CONFRONTI Poesia della lingua e del luogo Su Andrea Zcan.zoffo Alfonso Berardinelli Poesia in lingua di Andrea Zanzotto. E che lingua! La poesia di Zanzotto è quant' altre mai poesia della lingua, delle sue oltranze e dei suoi mancamenti. Un vero teatro o carnevale linguistico, dove l'angoscia diventa spesso una festa, e il poeta lirico, così abile nel giocare estremisticamente con gli estremi, trasforma le sue sconfitte di ogni altro genere in trionfi del genere lirico. Cioè in canto delle parole. Quef misterioso qualcosa che canta nella lingua e che può essere aècaduto di aver scoperto da bambini. Un bambino ascolta la nonn&che gli recita le rime del "Corriere dei piccoli", o Tasso e Ariosto, relitti meravigliosi nella corrente del parlato dialettale. È a tal punto e così frequentemente illustrazione di se stessa la stessa poesia di Zanzotto, che le pagine saggistiche e autobiografiche del poeta sulla poesia sono spesso non meno poetiche dei suoi versi. Gli stessi versi non si sa bene che cosa siano di preciso: dolce suono, o invece visivamente 'righe mozze'. O ancora allusiva, incisiva, goffa espressività, come quando si dice che qualcuno "fa versi" usando i muscoli facciali. Allineo qui due testimonianze autobiografiche scritte a distanza di molti anni (una nell'antologia di Spagnoletti, Guanda 1961, e l'altra recentissima, nèll'Autodizionario degli scrittori italiani messo insieme da Felice Piemontese, Leonardo 1990): "Forse l'interesse per la poesia può nascere nei bambini anche· dalla lettura del 'Corriere dei Piccoli', lo strano disegno delle 'righe mozze' può apparire insostituibile prima che se ne abbia coscienza e prima che si abbia una pur vaga coscienza di se stessi. Ci si può trovare giovanissimi - accadde ai miei coetanei e a me - a respirare in una atmosfera drogata di poesia più che d'ogni altro miraggio. Mi formai, probabilmente con disordine ed affanno, negli anni in cùi la poesia, necessità e gioia invincibile di sempre, appariva come 'ultima' e 'unica', solorifugioconsentitoall'uomoeinsieme suprema delle sue ambizioni. Le parole di Sergio Solmi, che la definivano come novissima dea (riverbero, questo, di un foscolismo ridotto alle sue ragioni essenziali), indicavano il poetare come atto massimo, ancora 'emergente', nello sprofondamento della vita, nella riconosciuta disintegrazione dei valori. (...) Gli avvenimenti storici che seguirono quel periodo potevano del resto essere spiegati benissimo come manifestazione acuta della crisi generale che era premessa a quella poesia, e lo stesso dopoguerra, lasciando insoluti tutti i principali problemi agitati nel passato, contò come una verifica. L'unico fatto, in un certo senso, nuovo, fu il bisogno di lottare contro un caos che ormai travolgeva le stesse condizioni quotidiane della vita, fu la necessità di una resistenza ormai a livello biologico. Urgeva ancor più una qualunque forma di salute, nella stessa misura in cui la crisi si stava radicalizzando" (1961). Queste parole di trent'anni fa contengono non dico tutto, ma ·già molto: fanno passare la voglia di cercare altri termini per dire da cosa nasce e in che cosa consiste l'atto poetico di Zanzotto. E ora qualche aggiunta più recente: "Parlare di se stessi comporta sicuramente delle distorsioni, com'è ovvio; si ha di se stessi un'immagine che certa~ente Foto di Giovanni Giovannetti. corrisponde ben poco, quasi zero, alla realtà. In ogni caso quando si tenta di parlare di un itinerario che ha avuto la pretesa di aggirarsi nei dintorni della poesia, le possibilità della distorsione crescono, si potrebbe dire, all'infinito" (i990). Mi permetto di osservare, interrompendo la citazione, quanto tipici siano i movimenti auto-riflessivi che si addensano anche in queste righe quasi grigie e distratte. Le "distorsioni" che comporta il "parlare di se stessi" valgono anche per la poesia lirica. Il rapporto fra "immagine" e "realtà" di se stessi, che è un rapporto di non corri_spondenza,di quasi totale estraneità e arbitrio, assillo dello Zanzotto lirico. Infine, quella "pretesa di aggirarsi nei dintorni della poesia", che rimanda, oltre che a un titolo recente come Fantasie di avvicinamento (la raccolta dei suoi articoli e saggi, Mondadori 1991), all'ansia, all'affanno di correre sempre in direzione di una meta, ma come su una strada parallela rispetto a quella realmente giusta, e lungo la q·uale si arriverà invece in tutt'altro posto. Ecc. Osservo questo solo per dire, ancora una volta e anche io in quest'occasione, che l'opera di Zanzotto, tutto il suo universo mentale, è animatissimo di corrispondenze, ripre23
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