Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

Merleau-Ponty e Richard Wright non andarono e denunciarono il "terrorismo" dell'Urss e del Patto Atlantico. È in questa confusa ma dinamica realtà culturale, in cui l'impegno continua a rappresentare per gli intellettuali una costante, anche se non più rivolta nella stessa e omogenea direzione, che il Dipartimento di Stato americano si convince che la Non Communist Left, la sinistra non comunista, possa costituire la risposta più efficacè alla sirena che il totalitarismo sovietico rappresenta ancora per larghi settori della cultura mondiale. La convinzione che fosse giunto il momento di contrastare in modo organico ed esplicito l'intelligentsia filo-sovietica era ormai patrimonio comune di Orwell, Koestler, Russell, Malraux, Camus. Il Congresso per la Libertà della Cultura che si tenne a Berlino nel giugno 1950, era stato sponsorizzato dalla rivista "Der Monat", apparsa nell'ottobre 1948 per raccogliere la sinistra democratica e far sentire la sua voce nella Germania del dopoguerra. Vi collaboravano Russell, Koestler, Toynbee, Sartre, Orwell, Mann, Farrell, Croce, Hemingway, Huxley. I fondi li aveva trovati la CIA e l'organizzazione era stata affidata a Michael Josselson. La CIA, fresca erede dell'OSS del tempo di guerra, era guidata alla fine degli anni Quaranta da personaggi di fede rooseveltiana, che cercavano di dare una interpretazio.ne "democratica" della dottrina Truman e della teoria del "contenimento" (a capo della divisione che distribuiva i fondi ci fu, per un certo periodo, Cord Meyer, sotto inchiesta FBI per filocomunismo). Al congresso parteciparono in molti, cresciuti e passati, spesso da protagonisti, attraverso esperienze che difficilmente si possono sintetizzare (la prima guerra mondiale, la rivoluzione russa, il fascismo, la depressione, il nazismo, la guerra di Spagna, le purghe di Mosca, Monaco, il patto Hitler-Stalin, la seconda guerra, l'olocausto). Parecéhì erano stati nei lager nazisti o nei campi sovietici, alcuni in entrambi; molti erano ex comunisti, tutti convinti oppositori dell'imperialismo, del colonialismo, del razzismo, del nazionalismo, di ogni dittatura. Presidenti onorari furono eletti filosofi di diversi paesi (nessuno era presente): Croce, Dewey, Jaspers, Maritain; inviarono messaggi Eleanor Roosevelt, Dos Passos, H.Broch, Huxley, Grosz, Sinclair, de Broglie. Le due figure chiave del congresso furono però Si Ione e Koestler, che entrarono subito in conflitto sull'atteggiamento da tenere non solo verso i comunisti ma verso tutti i "compagni di strada", che lo scrittore ungherese voleva condannare in blocco sostenendo la fine di ogni distinzione tra destra e sinistra, capitalismo e socialismo. Koestler faceva parte, insieme a Hook, Burnham, I.Brown e Lasky, del gruppo "dirigente" del congresso, e fu lui l'autore del manifesto con cui esso si concluse e si rivolse agli intellettuali del mondo intero. In polemica con lui intervennero Ayer e Trevor-Roper, mentre H. Read si dilungò sulla crisi dell'occidente e Rousset cercò di arginare l'entusiasmo mostrato da Borkenau per l'intervento americano in Corea. Nella discussione sul manifesto conclusivo, Koestler accettò di sopprimere un .paragrafo che, agli occhi di Si Ione e altri, poteva suonare come invito a porre al bando in occidente i partiti comunisti. L'impronta data da Koestler, per quanto mitigata da altre presenze, continuò a suscitare polemiche. Il suo desiderio di trasformare sempre più il congresso in movimento politico - una sorta di Deminform contrapposto al Cominform - rimase abbastanza isolato. Si oppose, inutilmente, all'ingresso nell'Esecutivo di Nicola Chiaromonte perchè era stato obiettore durante la guerra, e provocò le dimissioni di Russell che solo dopo molte insistenze le ritirò. Fu Koestler, dopo mesi di tensioni, ad abbandonare l'Esecutivo del Congresso, mantenendo un' influenza come "padre fondatore" ma perdendola come ispiratore della politica dell'organismo. Almeno fino al 1952 il Congresso fu un'arena per voci diverse. Accanto a Manès Sperber, Raymond Aron o Denis de Rougemont che divennero figure centrali, parteciparono anche Sartre, de Beauvoir, T. · Mann. Le riviste a cui diede vita il Congresso in ogni parte del mondo ("Encounter", "Preuves", "Tempo Presente", "Cuadernos", "Quadrant"; e più tardi "Quest", "Solidarity", "China Quarterly", "Survey", "Hiwar", "Transition"), pur con dislivelli notevoli e con problemi di autonomia interna che non sempre furono brillantemente risolti, costituirono un intervento importante del dibattito culturale del dopoguerra. Ad iniziative prettamente rivolte alla lotta contro il totalitarismo sovietico (difesa dei prigionieri politici, lotta alla censura, aiuto ai profughi dall'est, libri bianchi e opuscoli sull'Ungheria .e la repressione nelle democrazie popolari) si accompagnò un'azione rivolta al Terzo Mondo o l'attenzione per temi (ad esempio la "fine delle ideologie") che oltrepassavano l'impostazione iniziale. IL CONTESTO La storia del Congresso per la Libertà della Cultura non è solo storia di fasi differenti o di realtà nazionali diverse che si caratterizzarono in maniera originale rispetto al Segretariato centrale; anche se è in questa direzione che dovrà indirizzarsi la ricerca storica per uscire definitivamente da una interpretazione "ideologica".che continua, malgrado tutto, a prevalere. Essa è anche una storia di obiettivi e tentativi non univoci che si intrecciarono e si sovrapposero: quel lo della CIA di usare la cultura democratica come grimaldello per incrinare l'egemonia degli intellettuali filosovietici; quello di dar vita a un movimento politico fiancheggiatore dell'occidente (e quindi della politica statunitense) impegnato in una lotta che si riteneva mortale e frontale; quello di creare un polo di riferimento neutralista capace di resistere alla logica di schieramento prodotta dalla guerra fredda; quello di riaffermare l'impegno della cultura nella realtà contemporanea ponendo il rispetto per la verità e la difesa dei diritti e dei valori umani più universali come fondamento di un'azione degli intellettuali realmente autonoma da pressioni politiche. Nessuno di questi obiettivi riuscì a prevalere, nè a realizzarsi pienamente. Niente autorizza, però, a continuare a guardare a quell'esperienza come a una realtà omogenea e povera di contenuti, appiattita sulle scelte politiche degli sponsor e dei finanziatori occulti. Questi ultimi ci furono, ed è inutile negarlo; gioca~ono un ruolo non marginale, anche se non riuscirono certo a imporre un controllo nè tantomeno una censura sulle molteplici e svariate attività del Congresso; ma furono espressione di qualcosa di diverso di quel cieco anticomunismo che si è sempre voluto vedere tanto nel Congresso stesso che nell'attività della CIA (la quale, è bene ricordarlo, ha anch'essa una storia). A testimonianza di quanto sia inutile e inconcludente affidarsi a giudizi che ripropongano gli schieramenti ideologici del passato, e a sottolineare la complessità di un periodo che è difficile da decifrare con le. categorie dell'epoca, vorrei concludere con una citazione di James Burnham. Figura di spicco del trotskismo americano, egli era diventato famoso nel 1941 quando aveva pubblicato The Managerial Revolution, convinto che il capitalismo fosse m6nbonoo, che il socialismo non ne potesse essere l'erede, che solo un'élite manageriale avrebbe potuto costituire la classe destinata a governare l'economia del futuro. Tra i primi partecipanti al Congresso, Burnham era passato da una posizione liberale a un'impostazione sempre più nettamente conservatrice. Nel 1967, durante la polemica sui finanziamenti della CIA, Burnham era intervenuto sulla "National Review", in un attacco che voleva essere insieme un giudizio storico su quanto avvenuto e un giudizio politico di appoggio alla presenza americana nel Vietnam e di condanna dell'antiamericanismo della cultura liberaldemocratica che si opponeva alla guerra. La sinistra non comunista, scelta dalla CIA come strumento per combattere i compagni di strada, aveva prodotto dei pericolosi compagni di strada: "Alla fine il collasso organizzativo (del Congresso) dipese da un errore politico. Questo errore politico è la dottrina secondo cui la lotta globale contro il comunismo deve basarsi sulla sinistra non comunista, una dottrina imposta alla CIA da Allen Dulles. Cuba, Santo Domingo e soprattutto il Vietnam hanno costituito un test decisivo per la dottrina e la pratica della sinistra non comunista. Una larga parte delle organizzazioni e degli individui allevati dalla CIA su prescrizione della sinistra non comunista hanno finito per minare la volontà della nazione e per ostacolare o sabotare la sicurezza del paese". · Note I) Si vedano soprattutto: Peter Coleman, The Liberal Conspiracy, The Free Press, New York, 1989; Pierre Gremion, Le Congrès pour la Liberté de la Culture en Europe ( 1950-1967), CRNS, Paris, 1988; Edward Shils, Remembering the Congressfor Cultura/ Freedom, in "Encounter", September 1990, voi.LXXV, n.2 2) In realtà l'articolo di Giorgio Fabre su "Panorama" dell'8 dicembre 1991 accennava anche agli altri, e voleva puntualizzare soprattutto il diverso "accento" dell'anticomunismo europeo (esemplificato nella figura di Si Ione) e di quello americano. Altri giornali, "La Repubblica" in testa, hanno voluto invece focalizzare la polemica sulla Cia, difendendo Si Ione da accuse che nessuno, mi pare, gli ha mai rivolto. 3) Quasi tutti i protagonisti intervenuti nel dibattito ricordarono che l'errore non furono tanto i finanziamenti iniziali per creare iICongresso, ma quelli successivi, quando era certamente possibile trovare fondi "puliti". Sia Raymond Aron che Sidney Hook hanno ricordato nelle loro memorie come dentro il Congresso vi fosse una "colpevole non curiosità" di sapere chi pagasse la struttura e le iniziative dell'organizzazione. 17

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