Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

IL CONTESTO namento" o anche una "riforma" (che assume come modello ideale un passato in realtà non più proponibile). L'esigenza è più profonda, ed è quella di un profondo, simultaneo ripensamento della tradizione a livello della politica, dell'etica e della religione. Non sono qui in grado di sviluppare ulteriormente il discorso sui contenuti di questa trasformazione. Ma sicuramente al centro di questa deve stare l'idea dell'individuo, come luogo in cui si concentrano si unificano e trovano nuova verità attributi, e funzioni un tempo diffusi nei diversi livelli e ruoli politici, sociali e religiosi. E sicuramente si tratta di un'operazione estremamente complessa, che può avvenire solo in uno stretto rapporto tra intellettuali e cultura diffusa. Qui si può richiamare Gramsci, che, a proposito cioè di questo rapporto critico e trasformatore con la tradizione e il suo soggetto collettivo, seri veva (siamo nelle prime pagine di Il materialismo storico e la.filosofia di B. Croce): "La posizione della filosofia della prassi è antitetica a questa cattolica: la filosofia della prassi non tende a mantenere i "semplici" nella loro filosofia primitiva del senso comune, ma invece di condurli a una concezione superiore della vita. Se afferma l'esigenza del contatto tra intellettuali e semplici non è per limitare l'attività scientifica e per mantenere una unità al basso livello delle masse, · ma appunto per costruire un blocco intellettuale-morale che renda politicamente possibile un progresso intellettuale di massa e non solo di scarsi gruppi intellettuali". Come parlare di religione. Osservazioni di un credente Filippo Gentiloni Di religione si torna a parlare da tutte le parti, dopo un secolo di silenzio o di sottovalutazione. La rivincita di Dio ha intitolato provocatoriamente Gilles Kepel (Rizzoli, 1991). Tutte le religioni sono in auge, dalle più classiche e antiche alle più nuove e strane, .con il loro bagaglio di soluzioni offerte sul mercato dei bisogni e dei problemi, ma anche di gravi equivoci'ed ambiguità. · Ma di che cosa si sta esattamente parlando? Si intrecciano metafisica, etica, psicologia, storia, e altro. Chi vuole accostarsi al problema religioso .:___ meglio: al fatto religioso - non sa da che parte cominciare. Può darsi che le indicazioni che s~guono - assolutamente provvisorie e soggettive, non scientifiche - giovino a qualcuno. Il fattoreligiosoingenere?Lereligioni al plurale?Unareligione al singolare, che nel nostro caso sarebbe inevitabilmente quella cristiana cattolica, per motivi semplicemente statistici? Sono questi i primi interrogativi che si presentano a chi vuole delinei\(e un percorso di letture, per quanto incompleto e provvisorio, sul tema della religione. Sono possibili, in linea di massima, tre percorsi, con i loro vantaggi e insieme i loro rischi. Ne sceglierei uno , intrecciato, a slalom, indicando i motivi della scelta. Il percorso che parte dal fatto religioso in genere procede secondo la logica più collaudata (dal genere alla specie, dicevano· gli antichi scolastici): prima di parlare delle religioni o di una religionè in particolare occorre sapere che cosa sia il fatto religioso. Un procedimento, però, piuttosto astratto: storicamente, è sempre avvenuto il contrario (si è discussa la natura della religione partendo da esperienze religiose concrete), e la discussione teorica sul fatto religioso arriva, in genere, ad aporie insolubili. Meglio il percorso empirico, dunque, senza escludere la questione teorica - che cosa è la religione - ma comprendendola nelle esperienze storiche. Al plurale. La nostra cultura religiosa deve sprovincializzarsi, anche se la stragrande maggioranza degli italiani è cattolica (ma è anche, per ammissione comti'ne, piuttosto ignorante perfino sui fondamenti della propria religione). Come orientarsi in un mare quasi infinito di religioni, fedi, credenze, superstizioni ecc.? Il percorso a slalom che è stato scelto privilegia decisamente il cristianesimo, per motivi di spazio e di tempo, pur concedendo alle altre religioni alcuni accenni seri, affidati soprattutto allo strumento comodo ed affidabile delle enciclopedie e dizionari. Nell'ambito cristiano, si è cercato di contemperare l'ovvia corsia privilegiata concessa al cattolicesimo con un largo spazio ecumenico, sia nel senso della conoscenza delle esperienze cristiane diverse da quella cattolica romana, sia e soprattutto nel senso di una sottolineatura di quegli aspetti ed elementi che nel cristianesimo sono comuni, la persona di Gesù soprattutto. Essere cristiani dice molto di più che essere cattolici. Se ogni percorso di lettura, su qualsiasi argomento, è soggettivo, quello religioso lo è in maniera eminente. Oscilla inevitabilmente fra un livello teorico arduo da definire-filosofia? morale? antropologia? psicologia? - e un livello di esperienza personale, più o meno ancorata, nelle religioni cosiddette "rivelate", anche ad un livello storico. Oscillazione continua fra la fede- il "mistero", se si preferisce - e la razionalità, comunque intesa. Un percorso di letture non può non risentire di queste e di altre oscillazioni: anche se lo si volesse, la soggettività del percorso è i·neludibile. Il soggetto religioso nella cultura italiana, e nella sua editoria, viene affrontato in mille modi diversi, ridu<:ibili,però, a due grandi filoni, fra i quali lo spazio per un terzo scarseggia: di religione si suole parlare e scrivere o in termini rigidamente di chiesa-che poi è quella cattolica, quasi sempre - o in termini che, per essere non di chiesa, finiscono quasi sempre per essere laicisti (laicista non è sinonimo di laico: dice un certo anticlericalesimo, una certa contrapposizione alla cultura e al discorso di chiesa). Non è facile navigare fra Scilla e Cariddi. Il primo dei due filoni ha prodotto e produce cose egregie, oltre ad essere qualitativamente infinito, fra volumi, libri, opuscoli, riviste, fogli ecc. Un vero mare di carta stampata, di livello e valore svariato, ma tutta segnata da un implicito imprimatur, anche quando 1 'imprimatur esplicito non si usa più. Lo svantaggio è quello di un "pregiudizio", di una "precomprensione", per cui l'approccio è controllato, gli ambiti di libertà di ricerca ristretti, le conclusioni scontate, anche se alle stesse conclusioni si può arrivare per vie diverse, più o meno argomentate e convincenti. L'altro filone, probabilmente come conseguenza della ecclesialità del primo, presenta merito e rischi contrapposti. È libero nella ricerca, ma quasi sempre viziato anch'esso da qualche forma di pregiudizio o-diprecomprensione. Due mondi culturali, purtroppo, quasi incomunicanti: chi parla di Dio o di Cristo lo fa generalmente, o in maniera ecclesiastica o in maniera laicista. È vero che ladose di pregiudizio sta diminuendo, dall'una parte e dall'altra, ma è anche vero che fra la cultura cattolica e la cultura sanamente laica (ripeto, non laicista) nel nostro paese il muro appare ancora quasi impenetrabile. Le stesse case editrici sono più o meno rigidamente schierate in un campo o nell'altro, anche se con eccezioni che si vanno allargandp (penso ad Adelphi, di matrice laica, il cui catalogo abbonda di opere non ·soltanto religiose in genere ma anche cristiane e cattoliche; penso aMariètti, di matrice cattolica, il cui catalogo,- al contrario, è ricco di titoli laici); il problema della divisione e separazione delle due editorie arriva addirittura alla distribuzione e perfino alle librerie, che, nelle grandi città, si dividono ideologicamente in laiche e religiose

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