IL CONTESTO Il modello, e le sue crisi Questo quadro è necessario per comprendere tutta la storia del cattolicesimo, perché questo modello, questo "idealtypus" non è solo teologico e normativo, ma ha una sua funzionalità psicologica, linguistica e teoretica profonda, che ne giustifica la permanenza nella lunga durata attraverso le vicissitudini della storia. La sua efficienza si basa anzitutto sull'enorme potere coinvolgente della metafora materna, come totalità, come "universitas" (ho qui presente le riflessioni di L. Dumont, ma anche certi suggerimenti semiologici di Ju. Lotman, e sviluppo alcune mie ipotesi sul modello materno fondamentale nelle culture religiose). L'individuo, contenuto nel grembo della Chiesa madre, trae conforto e sostegno nei momenti cruciali della sua crescita. La sua parabola vitale si sviluppa sempre all'interno dell'involucro delle Sacre Scritture (l'immagine materna della pergamena che avvolge il mondo è frequente in Agostino). Il credente singolo dà significato alla sua esistenza individuale in quanto essa sta per realtà superiori, spirituali, paradigmatiche, che egli rappresenta imperfettamente e parzialmente, con maggiore o minore pienezza a seconda del proprio ruolo nella comunità, ora come ministro della Chiesa, ora come asceta, ora come appartenente al laicato, nella varietà delle mansioni che a quest'ultimo a sua volta spettano. Non è tanto importante qui la metafora organica del corpo sociale (la metafora è onnipresente)- ma il fatto che l'individuo ali' interno del corpo sociale può rappresentarsi come espressione parziale di una totalità superiore, che in un certo senso è - essa sola - individuo perfetto. I paradigmi cui tutto l'ordine sociale (ecclesiale, ma di riflesso anche civile) deve conformarsi sono paradigmi d'anime come Agostino. Queste forti individualità realizzano il paradosso di divenire modelli e di essere i più importanti portatori di parola per la totalità del corpo sociale, pur sottraendosi al "mondo" con le sue materialità e ponendosi come rappresentanti di una sapienza sovramondana, che si riflette nell'ordine, nella taxis delle cose terrene. Questo modello si rivela insufficiente però quando si affacciano esigenze e problemi nuovi, nella vita individuale come in quella collettiva (il parallelismo tra nascita dell'individualità e nascita del npzionalismo è suggerita da L. Dumont): ed è questa la svolta moderna nella storia europea.L'antico modello ecclesiale materno, l'apparato giuridico-sacramentale, affidato a un clero orientato da valori di fuga dal mondo si rivela gravemente insufficiente quando si tratta di dare senso - tanto a livello affettivo che a livello intellettuale - a un individuo o a una comunità nazionale proiettati verso un'esistenza in cui l'attività economica, la sessualità, la politica, la ricerca scientifica, l'estetica premono per ricevere nuova autonoma dignità. È noto che il protestantesimo è una risposta a questa insufficienza. Nel suo contesto si sviluppano varie soluzioni, ma l'ele-. mento più specifico sta, a mio parere, non tanto nel primato della Scrittura nei confronti della tradizione ecclesiastica, quanto nella priorità della coscienza e della responsabilità individuale (E. Troeltsch) nei confronti dell'autorità religiosa esterna (il libro, il culto, la comunità religiosa: si noti che sono rotture che a suo tempo avevano già caratterizzato it cristianesimo originario, sicché è giusto che si parli appunto di Ri-forma). La secolarizzazione, nei suoi due aspetti di desacralizzazione e di interiorizzazione - costituisce l'elemento comune di un movimento estremamente vario e ricco. Questo elemento si trova in Lutero, monaco agostiniano, che assume sino in fondo il pessimismo antropologico di Agostino (l'impotenza dell'uomo senza la grazia), ma rifiuta tutto l'apparato sacramentale che garantisce la salvezza attraverso l'appartenenza alla Chiesa, al grande corpo portato all'estremo anche in George Fox, il fondatore della 12 "Società degli amici", i Quaccheri, in cui la libertà è affermata anche nei confronti delle Scritture e di quel residuo di sacramenti che Lutero e Calvino avevano conservato. Ciò significava non tanto direi il completo superamento· di un modello olistico a favore dell'individualismo, quanto una composizione dei due modelli in un individuo che è titolare di dignità, di diritti e di doveri non come anello della grande catena e come simbolo parziale e imperfetto del grande intero, ma come chiuso libero interprete e portatore, nel mondo, nel "secolo" di quanto che nel corpo chiuso della grande Chiesa stava fuori e in alto: la {lrofezia, l'insegnamento, il sacerdozio, la sovranità, l'ascesi. E questa appunto la "secolarizzazione" positiva cui farò riferimento di qui in avanti. Il cattolicesimo italiano Era necess-ariorichiamare tutto questo per cogliere il fenomeno del cattolicesimo italiano nei suoi caratteri originari e nei suoi sviluppi recenti, di cui devo ora parlare, per dire cose più o meno note. In Italia non si dà Riforma, l'Italia è invece l'epicentro della Controriforma. Ciò non significa che non vi siano importanti correnti di risveglio. Ma sul valdismo medievale prevale il francescanesimo, in cui alla fine, le istanze di purezza evangelica si dovettero travasare nel modello dell'obbedienza ecclesiastica. L'umanesimo del Petrarca, di Marsilio Ficino, di Pico della Mirandola addita una sintesi in cui autori classici (con la loro idea di virtù, di politica, di diritto, di religione civile) possono essere accostati, con pari dignità, alla Bibbia e agli autori cristiani (e Dante già si era mosso su quella linea). Gli eretici italiani del Cinquecento, studiati sÒprattutto da D. Cantimori, rappresentano proprio questo, un tentativo di riforma non calvinista e non luterana, ma umanistica e irenistica. Ma tutte queste personalità sono condannate alla diaspora, appunto, dalla Controriforma. La situazione che Machiavelli, nel testo che propongo sotto, prospetta rimane attuale. "Quelli principi o quelle repubbliche le quali si vogliono mantenere incorrotte hanno sopra ogni altra cosa a mantenere incorrotte le cerimonie della loro religione e tenerle sempre nella venerazione( ...) Debbono dunque i principi d'una repubblica e d'un regno, i fondamenti della religione che loro tengono mantenergli; e fatto questo, sarà loro facil cosa mantenere la repubblica religiosa, e per conseguente buona e unita. E debbono tutte le cose che nascano in favore di quella, come che (anche se) le giudicassono (giudicassero) false, favorirle e accrescerle( ...) La qual religione ne' principi della repubblica cristiana se si fosse mantenuta secondo che dal datore di essa ne fu ordinato, sarebbero gli stati e le repubbliche cristiane più unite, più felici assai che le non sono. Né si può fare altra coniettura della declinazione d'essa quanto è vedere le cioè né si può trovare una prova più convincente della sua decadenza del constatare come quelli populi che sono più propinqui alla Chiesa romana, capo della religione nostra, hanno meno religione. E chi considerasse i fondamenti suoi e vedesse l'uso presente quanto è diverso da quelli, giudicherepbe essere propinquo sanza dubbio o la rovina o il flagello. E perché molti sono dell'opinione che il bene essere delle città d'Italia nasca dalla Chiesa romana, voglio contro a essa discorrere quelle ragioni che mi occorrono (mi si presentano alla mente)( ...). La prima è che per gli esempi i rei di quella corte questa provincia (Italia) ha perduto ogni devozione e ogni religione; ~I che si tira dietro infiniti inconvenienti e infiniti disordini: perché così come doye è religione si presuppone ogni bene, così dove quella manca si presuppone il contrario. Abbiamo dunque con la Chiesa e con i preti noi italiani qu(lsto obbligo, di essere diventati senza religione e cattivi. Ma ne abbiamo ancora uno maggiore, il qual è la seconda cagione della rovina nostra: questo è che la Chiesa ha tenuto e tiene questa provincia divisa" (Discorsi sulla Prima cieca di Tito Livio, I, 12).
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