30 VISTA DALLA LUNA <( e<: e<: U-l E- <( ....J esame,unapietra di paragone.Aver la pazienza di aspettare,di resistere vuol dire vincere. Non è educatore chi si muove a sdegno, chi tiene il broncio, chi serba rancore verso il bambino per il fatto che egli è quello che è, perché è nato come è nato oppure perché questao quell'altra esperienza l'ha formato in quel modo. Tristezza, non rabbia. Tristezza perché per una strada sbagliata si avvia verso un destino di solitudine. L'aspettano o maneggi che stordiscono o i ceppi taglienti. È povero per il fatto che si è appena messosulla strada della vita. Ogni notizia, letta sul giornale, di penedi reclusione o di morte è per l'educatore un doloroso momento. Tristezza, non rabbia, compassione, non spirito di vendetta. Come puoi non vergognarti di essereadirato sul serio? C'è da stupirsi come un educatore brutale riesca ad esasperareanche dei bambini miti. Non esigo dal bambino un ravvedimento, lo addestroa fare certe cose. La vita è un' arena che conosce successi e insuccessi. Egli valuta non sestesso, ma delle azioni. All'educatore che non è passatoattraverso la disciplina del lavoro ospedaliero, clinico mancano molti elementi sia nel pensareche nel sentire. È mio compito in quanto medico recaresollievo là dove non possomodificare, contenere lo sviluppo della malattia là dove non possoguarirla, lottare contro le suemanifestazioni: tutte o - se è impossibile fare altrimenti - solo alcune. È la prima cosa. Però non finisce lì. Non chiedo all'ammalato come utilizzerà - se a suo danno o a suo vantaggio - la salute che io gli assicuro. ln questo voglio essere parziale, pensino pure che sono uno zuccone. Non è ridicolo un medico che cura un condannato a morte. Compie il suodovere. Di tutto il restoegli non è responsabile. L'educatore non èobbligato adassumersi la responsabilità di un futuro lontano, ma è pienamente responsabile dell'oggi. So che questa frase può dar adito a un malinteso. Pensanoproprio il contrario, secondome erroneamente,sesonosinceri. Ma sonodavvero sinceri? O dei falsi? E più comodo rimandare la responsabilità, rinviarla in un vago futuro, che rendereconto già oggi di ogni ora. L' educatore risponde indirettamente di fronte alla società anchedell'avvenire, ma direttamente e, in prima linea, risponde del presente di fronte a chi sta educando. Fa comodo prendere alla leggera il presentedel bambino sbandierando slogan grandiosi per il futuro. Moralizzare vuol dire coltivare il bene.Coltivare il beneche c'è, che, a dispetto di tutti i vizi, i difetti, i cattivi istinti innati, c'è. E la fiducia, la fedenell'uomo non sono forsequel benecheè possibile conservare, sviluppare, come contrappeso ciel male che, talvolta, non è possibile eliminare, ma semplicemente - con fatica - arginare nel suo sviluppo? Quanto più indulgente, più mite cli certi educatori è la vita. È una grande vergogna questa. Ed eccochequando l'uomo-dopo anni cli lavoro, cli sforzi teorici e di dure esperienze - giunge infine a queste verità, con sua sorpresas'accorge che non c'è niente di nuovo in ciò, che la teoria dice tutto questo da tempo, che l'aveva letto tanto tempo fa; l'aveva sentito, lo sapeva e ora - attraverso la pratica - senteche è proprio così. Chi vedeunadiscordanza tra la teoria e la pratica, chi non è maturato emotivamente al livello della teoria contemporanea, chi deve apprenderedi più non dai libri e dai caratteri tipografici ma dalla vita: a costui mancano non le ricette ma la forza morale cli sentire la verità conquistata nella dura fatica, la fratellanza tra verità e teoria. (da "La scuola speciale", n. 2, /925) L'educatore ambizioso Cercavo attentamente tra i bambini dei futuri educatori. E guardavo con preoccupazione come venivano costretti all'attività sociale in classedegli ambiziosi dalla mentalità cli guardie carcerarie, dei misantropi energici, degli arrivisti industriosi e attivi (qualificati dai bambini come leccapiedi, bacchettoni, furbastri), infine dei solitari-anacoreti-intellettuali. "Se tu volessi, saresti capacee potresti". Proprio il contrario: "Se fossi capace e potessi, vorrei". Un bambino che legge molto e capisce molte cose, che ascolta con attenzione e fa delle domande interessanti, ma non dice niente al compagno, non gli dà una mano, non gli spiega niente è ormai solo un ricco avaro (astioso, tirchio, geloso). li rapporto con lui, carico cli antipatia, si tramuterà in pieno odio, se gli sarà permesso cli insuperbirsi, se al gruppo verranno richiesti dei privilegi per lui, se lo si farà apparire nella luce del "modello". Che cosa è una sana, nobile ambizione e competizione, che co a invece un'ambizionedepravata, falsa, degenerata?Permettersi in mostra, per specularci sopra? Di quanti cavalli è la forza che muove questo motore, qual è lo scopo dello sforzo? Attraverso i complessi, i rancori, la semicoscienza (perché c'è anche questa), il subconscio, attraverso il sensodi inferiorità e la megalomania (la posizione cielpapà,unabuona memoria, i I fatto cli essere portati per i 1 disegno, il canto, lo sport, la danza, la recitazione, il possedereun bel vestito), tra i rinomati e i conosciuti un os ervatore attento scorgerà con occhio esperto i bambini silenziosi, modesti, grigi e trascurati, perché sono semplicemente buoni, ai quali (in breve) fa pena la lacrima del compagno e fa piacere la sua gioia. Sappiamo fin troppo bene che i bambini litigano, disturbano, infastidiscono con malizia, si picchiano e innanzi tutto corrompono, esercitano una cattiva influenza. "Sei un ragazzo per bene, non elevi frequentarlo, ti guasterà." Uno sguardo sorpreso, un sorriso soave: "Forse io riesco a farlo migliorare". E l'ha fatto migliorare. "Non giocare con lui, è un cattivo soggetto, non lascia in pacenessuno, picchia tutti." "Per me lui è buono." Succede: un soggetto maldestro, grigio, ingenuo, apparentemente sciocco, a un certo punto si dimostra attivo, attento, ingegnoso e perspicace: si fa vivo al volo sequalcuno dei compagni perde qualcosa e non riesce a EDUCATORI E DISEDUCATORI ritrovarlo, gli disfa pazientemente un nodo alla stringa, con cautela e tatto, macoraggiosamentesi avvicina a un attaccabrighe che si è ribellato e gli domanda sottovoce: "Perché piangi?" e si allontana senza rancore dopo aver avuto in risposta: "Che te ne frega?", oppure lo disarma. Ma anche lui, raramente, ma capita, perde la pazienza. Un'esplosione di giusta indignazione. Mi è capitato di assistere a una zuffa cli questo tipo: si butta su uno più forte di lui e riesce a vincere perché ha colto di sorpresa un malandrino: "Ha osato saltarmi addosso, unacaccamolla così". La forza del1'ambizione ferita contro l'aIToganza della violenza, dell'ingiustizia. Che spiacevole errore sarebbe interrompere brutalmente questa zuffa piena di dignità o esprimere magari disprezzo o ammonire: "Come, anche tu? Non sapevoche tu fingessi soltanto cli essere un coniglio" oppure: "Sei un indolente, ma non rinunci alle zuffe" . · L'intuito, non la compassione, la capacità, la qualità di essere in sintonia, senza distacco, con i loro mali e le loro disgrazie è di nuovo un tema che potrebbe occupare un paio cli volumi. E forse in seguito allo studio potrebbe emergere che proprio questi bambini - e non quelli che "spiccano"-, appunto perché privi di falsa ambizione, potrebbero essere in futuro degli educatori. (da "La scuola speciale", n. i, 1938-39) I buoni educatori J buoni educatori si distinguono dai cattivi solamente per la quantità degli errori commessi, dei danni recati. Ci sono errori che un buon educatore commette una volta sola e, valutandoli in maniera critica, non ripete più. Tali errori gli rimangono a lungo nella memoria. Se si è comportato in modo ingiusto, se è brusco e sovraffaticato, farà tutti gli sforzi per automatizzare le minute ma fastidiose azioni della routine quotidiana, perché sache succedono delle cose negative a causa della mancanza di tempo. Un cattivo educatore attribuisce ai bambini la colpa dei propri sbagli. Un buon educatore sa che vale la pena di riflettere su un episodio minimo, perchédietro adessosi nascondeun problema; per questo non lo disprezza. Egli saanchecome agire quando avanzano le proprie richieste il potere trionfante, la chiesa dominante, la tradizione vigente, le consuetudini esistenti e come comportarsi sotto la ferrea costrizione delle condizioni esterne. Sa che un ordine ha come obiettivo il bene dei bambini solo nella misura in cui insegna loro a piegarsi, a sottomettersi, a cedere, a calcolare; nella misura in cui avvezza ai compromessi per il futuro, quando i bambini sarannocresciuti. Un cattivo educatore pensa che i bambini spontaneamente non dovrebbero macchiarsi i vestiti, che dovrebbero imparare a memoria con diligenza le regole della grammatica. Un educatore ragionevole non tiene il muso se il bambino non capisce, ma riflette, cerca, chiede agli altri bambini. Essi gli insegneranno a non urtarli troppo dolorosamente, purché egli abbia voglia di imparare. (1939)
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