Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

Manifestazione leghista in Lombardia !foto di Dino Frocchio/Controsto) malessere culturale o di una protesta politica? Di un reale bisogno di riaffermare un'identità purchessia o di mascherare con un concetto nobile e intoccabile, un più banale e raffazzonato patrimonio di atteggiamenti e di valori, non più riconosciuti e minacciati dalle corruzioni e dalle disfunzioni di tutta l'altra Italia? A sentire e ancor meglio a spiare la gente incontrata e raccolta da Gad Lerner nel "Profondo Nord", si avverte il tono di una generica delusione, dovuta al sospetto che una serie di attributi tipici, di qualità tradizionali da Italia Settentrionale - fino a ieri elette a norma(lità)-siano progressivamente scivolate nella bassa • classifica: l'operosità ostinata e la solidarietà organizzata, la furbizia onesta e la generosità calcolata ... e tutte le altre personificazioni di un antico e saputo teatro delle Virtù, non vengono più 'citate con orgoglio, ma talvolta sono rivendicate come caratteristiche etniche da difendere, talaltra rilanciate come proposte etiche da esportare. Dove? Al Sud, naturalmente. A Roma, se fosse possibile e credibile. Forse il sentimento leghista è tutto qui, ma è più importante del successo elettorale e del progetto risorgimentale dell'Italia confederata. Certo è che le discussioni allarmate e interessate sulle Leghe fanno capire poco o nulla del sentimento che le muove, che le autorizza, ma anche le trascende, contagiando generosamente la gente degli altri partiti e dei senza-partito; di quell'atteggiamento "leghista" o più semplicemente "nordista" che caratterizza una mentalità - come avrem.modetto ieri al posto di "identità", stando persino attenti a parlarne con precauzione, per evitare di fare di ogni persona un Fascio. La scommessa o la speranza generale, è infine che ci sia davvero qualcosa, che raccolga una storia disordinata e talvolta disonorevole, che riassuma un significato qualunque di qualche pregio, e che dunque valga lapena di sviluppare e di difendere. Se è profondo, vorrà dire che in parte è sconosciuto e inconoscibile, salvaguardato come un tesoro e dunque senza fatica, senza responsabilità, senza colpa. Chiamarlo "identità" può essere sbagliato ma è conveniente. Riduce la questione della propria definizione collettiva a un dato passivo e comodamente arcaico. Illude sulla sua inevitabile esistenza e resistenza ai cambiamenti e alle degenerazioni, ci fornisce di una automatica tradizione (non importa se del tutto dimenticata) e ci autorizza a sventolare una progettualità (non importa se soltanto IL CONTESTO di°fensiva).Ma il vantaggio più convincente di questa "profonda identità", è forse quello di evitare di fare i conti con la più preoccupante e meno soddisfacente identità sociale e culturale attuale: quella che inevitabilmente discende dalle trasformazioni provate e dagli sradicamenti pagati fin qui, ma anche quella che non ha più la possibilità di restringersi nei confini delle comunità rionali o regionali, per i doveri di corrispondere ad un rivoluzionario e dilatato rapporto con un territorio che equivale al mondo intero. E però è pur vero che i luoghi e i modi che la gente ha a disposizione per affrontare i problemi e i temi del presente, si fanno rispettivamente sempre più circoscritti e sempre più circospetti. Oltre la convenienza, c'è allora un forzato adattamento al mito della piccola e locale "identità profonda", o almeno una contraddizione grave e reale, fra le possibilità e le volontà di discutere e confrontarsi in piccole adunanze locali e le impotenze e le manipolazioni che tolgono terreno e speranza alle grandi dìscussioni e alle grandi associazioni nazionali (i partiti, per fare un sempre più unico e fallimentare esempio). "Profondo Nord" è una trasmissione televisiva tra le tante che mettono in campo l'adunanza limitata di una comunità locale, ma anche una delle poche che si mostrano consapevoli degli scarti esistenti fra il teatro delle relazioni concrete e possibili e il panorama dei problemi nuovi e forse imprendibili. Ogni volta un tema, di quelli finalmente nuovi ed attuali, cerca di farsi intendere sotto l'aspetto e dentro le dimensioni di un problema concreto di una città del nord. Si tocca allora con mano come, nonostante le convinzioni e le buone volontà correnti, sia facile e fallimentare la speranza di quanti predicano che è nell'immediatezza e nella concretezza dei problemi di ogni giorno, nel confronto con le opinioni della gente, che si risolvono le grandi questioni. Invece di apprende che le grandi questioni non si risolvono affatto; comunque vadano le discussioni sui loro piccoli effetti; che l'assemblea serve soprattutto a riflettere e a riflettersi, e non è affatto un esercizio inutile; così come, per il telespettatore, non è affatto uno spettacolo poco istruttivo. Che si parli del centro storico di Genova o degli orafi di Valenza Po, tutti i problemi della convivenza risentono o si affacciano sul tema di tina minacciata sopravvivenza: l'identità è soltanto l'alibi e magari la bandiera, ma la paura dell'altro è ben più concreta e .materiale. Adesso non si è più al tempo dell'immigrazione che ha fatto grandi le fabbriche e le città del nord: adesso non si tratta più di aumentare la produzione, ma di spartirsi i consumi. La gente non crede affatto alle rassicurazioni dei sociologi e degli economisti: le immigrazioni presenti e soprattutto future non si vede come possano portare benessere, e ·non invece difficoltà e turbamenti in quell'ordine appena realizzato, in quella qualità della vita appena arraffata, in quella sistemazione beata-e non ancora raggiunta da tutti - fra i vialetti e le villette di una agognata, immensa e ridente periferia post-industriale. Così le assemblee del "Profondo Nord" si discutono addosso due posizioni contrapposte, di resistenza e di beneficenza, di cauta apertura o di sensato ,rifiuto, non più ripartite in destra e sinistra storica, ma divise fra volontari e c·oscritti, fra uomini di buona volontà e uomini di buon senso, fra gente buona e gente per bene. A parte qualche esagerazione e rari estremismi a fine di 9

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