Linea d'ombra - anno X - n. 67 - gennaio 1992

EDUCATORI E DISEDUCATORI nalista, di "spolveratore" con tanto di straccio o di segretario di riunione, significava per ciascuno la presa in carico di un sistema articolato di cui poteva sentirsi responsabile. Che vuol dire uguaglianza? on è un caso ad esempio che Korczak riconoscesse allo scritto di un ragazzo pari dignità rispetto all'articolo di un adulto, come avveniva su "Maly Przeglad" (Piccola Rivista), da lui fondata nel 1926 e attiva fino al 1939. . Un tratto molto importante delle attenzioni che Korczak prestava a ogni bambino risultava d'altronde già nelle modalità d'ingresso. Già per ogni nuovo arrivato la sua modestia nel vestire (tanto da poter essere scambiato per un uomo di fatica) che scandalizzava i potenti o i ricchi benefattori venuti a conoscere il celebre dottore, diventava garanzia protettiva per ciascuno dei ragazzi - disperati, sudici, maltrattati - che approdavano alla via Krochmalna o a Bielany. Certo, entravano in una routine rigorosamente segnatadall'orologio; dovevano subire la visita d'ingresso e la rasaturadei capelli - maschi e femmine - allora ritenuta indispensabile contro la diffusione dei pidocchi, portatori di una forma di tifo. Eppure tutto questo era Korczak in persona a farlo, con carezzee sorrisi rassicuranti di cui, adistanza di anni, alcuni dei suoi antichi protetti ricordano ancora il calore. Mai l'abbandono Ogni nuovo ospite veniva affidato a un altro ragazzo o ragazza di poco più anziani, che lo proteggeva nei primi tempi e gli insegnava tutti i segreti della Casa. Al tempo stessoi legami con la famiglia d'origine-se ne restavano - venivano incoraggiati. Mantenere l'igiene in unacollettività così ampia e con bambini provenienti da situazioni tanto disastrate non era facile: eppure Korczak e, sul suo esempio, Stefa e gli altri trasformavano in gioco-o in gara piacevole da cui nessuno usciva umiliato - la pulizia degli orecchi come quella delle scarpe; poter avere i capelli lunghi o un bel vestito. Ricorda ancora Lewin che secondo Korczak sarebbe indispensabile una profonda ricostruzione del mondo per fare posto ai bambini, per riconoscere il valore della loro vita, delle loro attività. Questo pensiero forse utopistico che era alla base di tutta la sua concezione pedagogica, si rifletteva nella concretezza di ogni proposta. Assicurare ai bambini buon cibo, locali igienici, pulizia e attività all'aria aperta-elementi che consideriamo ovvi ai nostri tempi, ma che non lo erano affatto solo settantao cinquanta anni fa per gli orfani o per gli illegittimi - costituivano per Korczak la baseovvia del rinnovamento, quel minimo di ingiustizia indispensabile su cui costruire il benessere di ogni bambino. Ma c'era poi il resto ben più importante per lui: l'attenzione alla delicata sensibilità di ognuno e il diritto a un poco di felicità, non fossechequel la derivante dal far musica insieme, dall'entrare in contatto con la naturao-per i più grandi-andare dasoli al cinema in modo responsabile. LA TERRA 29 < L'educazione dell'educatore ! g Janusz Korczak La teoria e la pratica Permezzodella teoria so, per mezzodella pratica sento. La teoria arricchisce l'intelletto, la pratica dàcolore al sentimento, allena la volontà. So-non significa cheagiscosecondo ciò che so. I pareri degli altri devono infrangersi contro le mie convinzioni più profonde. Traggo delle conclusioni da tesi teoriche, non rinunciando con ciò alla scelta. Mi rifiuto - dimentico - tralascio - mi sottraggo - non do peso.Come risultato ottengo la teoria conscia o inconscia cheguida le mie azioni. È già molto se qualcosa, un frammento della teoria ha conservato in me la suaesistenza, la sua legittimità, se ha in una certa misura influito su di me, se ha prodotto un effetto. Spesso rinuncio alla teoria, di rado a me stesso. La pratica è il mio passato, la mia vita, la somma delle vicissitudini soggettive, il ricordo degli insuccessi provati, delle delusioni, del le sconfitte, delle vittorie edei trionfi, delle sensazioni positive enegative. La pratica controlla con diffidenza, censura, cerca di sorprendere la teoria nella menzogna, nell'errore. Può darsi che altri, può darsi che altrove, può darsi in altre condizioni di lavoro, perché io nel mio lavoro, nella mia officina ... C'è sempre uno scarto. Routine o esperienza? La routine viene acquisita da una volontà indifferente, sempre in cerca di metodi e di espedienti che possanofacilitare, semplificare, meccanizzare il lavoro, che per amore di risparmio di tempo edi energie cercadi trovare la scorciatoia più comoda. La routine permette di allontanarsi affettivamente dal lavoro, elimina le esitazioni, equilibra: hai una carica, eserciti abilmente le tue funzioni. Per la routine la vita comincia là dove finisce l'orario del lavoro professionale. Faccio già tutto con facilità, non ho bisogno di rompermi la testa, di andarein cerca, neppure guardare, so di sicuro, irrevocabilmente. Me la cavo. Faccio tanto quanto fa comodo ame.Quel che è nuovo, impensato, inaspettato disturba e irrita. Voglio chesia proprio così come sogià. Sostenerecon la legge della teoria il proprio parere, mai dir di no, mettere in dubbio, confondere. Una volta con sforzo svogliato avevo trasformato l'abbozzo di una teoria in un parere, in un disegno, in un programma. Avevo costruito in modo qualsiasi, perchénon me necuravo. Dici: male?Pazienza:ègià successo, non starò a ricominciare da capo. L'ideale del la routine: I' irremovi bi Ii tà, la propria autorità, sostenuta dall'autorità delle tesi scelte, setacciate ad hoc. lo e gli altri (una fila di brani, nomi, titoli). Esperienza? Incomincio da ciò che sanno gli altri, costruisco come sono capace di fare da me. Desidero lavorare con precisione, a fondo - non per un ordine proveniente dall'esterno, sotto il severocontrollo altrui, ma in basealla propria, spontanea buona volontà, sotto la vigile guardia della coscienza. Non per comodità, ma per arricchire me stesso. Diffidente sia nei confronti del parere altrui, sia del mio medesimo. Non so, sto cercando, pongo domande. Nella fatica mi avvezzo agli sforzi e maturo. Il lavoro costituisce la parte più preziosa della mia vita privata. Scelgo non ciò che è facile, ma ciò che si dimostra efficace da più punti di vista. Approfondendo le cose le complico. Comprendo che acquisire esperienzasignifica soffrire. Ha avuto molte esperienze, hamolto ~offerto. Giudico una sconfitta non dalla somma delle ambizioni deluse, ma dalle conoscenze acquisite. Ogni diversità costituisce uno stimolo nuovo per sforzare il pensiero. Ogni verità di oggi è appena una tappa. Non intuisco assolutamente quale sarà l'ultima, va bene se ho la consapevolezza della prima tappa del mio lavoro. Cosa dichiara, qual è la prima tappa del lavoro educativo? Ciò che è più importante, credo, considerando i fatti senza farsi illusioni, è che l'educatore dovrebbe essere capacedi perdonaresenzariserve achiunque, in ogni caso. Capire tutto vuol dire perdonare tutto. L'educatore costretto a bofonchiare, brontolare, gridare, rimproverare, minacciare, punire, dovrebbe in realtà giudicare con indulgenza ogni eccesso, fallo, colpa. Si è reso colpevole perché non sapeva; perché non ha riflettuto; perché ha ceduto alla tentazione, al l'istigazione: perché stava tentando; perché non poteva fare altrimenti. Pure lì, dove agisce una cattiva volontà maliziosa, la responsabilità è di chi l'ha destata. Un educatore mite, indulgente deve talvolta lasciar trascorrere qualche tempo aspettandopazientementechepassiunattacco collettivo di ira vendicativa, in risposta al dispotismo brutale del suo predecessore.Un provocatorio "per dispetto" è una prova, un .. ~ .. e z ,.

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