26 VISTA DALLA LUNA <l'. O<: O<: ~ <l'. _J apprendimento, le conoscenze acquisite col gioco nel periodo prescolare, e sviluppano da quel patrimonio la nuova ricerca socializzata, la cultura nascente del gruppo. Umano perché, partendo dal!' interesse dei bambini, si crea un rapporto collaborativo tra gli alunni e fra questi e l'educatore. Non si studia più per il voto e per timore ma per il piacere di conoscere. Il modo naturale di apprendere del!' uomo libero viene così ripristinato e il ruolo del!' educatore nobilitato: la scuola trasmissiva ne aveva fatto un ripetitore di nozioni preorganizzate nel libro di testo; ora invece il suo lavoro è creativo, sociale, organizzato, professionale. Una professionalità intesa come servizio sociale che ha bisogno della collaborazione con le famiglie, l'ente locale, la scuola dell' infanzia e quella media, gli anziani, i lavoratori, in un modello di scuola aperta e unitaria che è ancora un lontano obiettivo ma che una società civilmente matura dovrà tener presente nei suoi progetti. Nello stesso periodo, in un quadro generale di tensione politica caratterizzata dal!' incubo della guerra nucleare, la scienza intanto prepara la rivoluzione tecnologica che porterà in ogni campo straordinarie novità e creerà problemi, non escluso quello educativo. La comunicazione sul pianeta si avvicina al tempo reale. La Tv entra in ogni casa, modifica abitudini, sollecita curiosità, isola gli individui e le famiglie. Il bambino riduce o abbandona le esperienze dirette che fino a quel momento erano alla base delle sue conoscenze, siede in poltrona e guarda tutto: non corre più fra le erbe profumate che lo pungono, non si schiaccia più le dita col martello, vede le cose senza toccarle, senza sentirne gli odori, né i sapori. Usa solo gli occhi e l'udito ma vede con gli occhi dell'operatore che gli proietta le immagini da lui scelte sullo schermo. In pratica la Tv reintroduce la scuola trasmissiva delle nozioni ma senza un programma mirato. In ogni ora del giorno, in modo caotico, il vero e l' immaginario, il presente e il passato, il lontano e il vicino, tutto viene riversato sul bambino quando non ha ancora la capacità di selezionare e collocare le notizie in un contesto logico. Privato del!' esperienza, il bambino diventa un apparecchio ricevente, che riceve ma non sa decodificare i dati, sistemarli, capire. È come un naufrago che non sa orientarsi nel mare caotico delle informazioni a getto continuo e resta quindi in balìa di ogni messaggio, incantato e impotente. Perde così, per i limiti oggettivi del mezzo televisivo, ciò che era fondamentale nel gioco esplorativo della sua ricerca: il dialogo, la manualità, la socialità, il rapporto con la realtà. Si ferma la sua immaginazione che ipotizza, la ragione che verifica deduce sintetizza. E avviene intanto che il potere economico, fa propri gli strumenti tecnologici sempre più sofisticati, e mette le mani anche sulla Tv per alimentare ed esasperare il consumismo, espressione di una società pagana che ha come dio il denaro e EDUCATORI E DISEDUCATORI che si contende i telespettatori a colpi di quiz e di auditel. La qualità non ha più importanza. T bambini nemmeno. È triste constatare il disinteresse della società consumistica verso il mondo dell'infanzia: i giornali ne parlano solo quando fa notizia uno stupro o un suicidio per insuccesso scolastico, ma tutto finisce lì. Sui grandi giornali cercheremmo invano informazioni serie e precise sulla letteratura per l'infanzia, che pure raggiunge alte percentuali di vendita. Non ci sono spazi per i bambini, il giornale è tutto per gli adulti. I programmi televisivi per i bambini sono realizzati in gran parte con prodotti acquistati a scatola chiusa perché costano poco, invece di reperire il meglio della produzione mondiale. li risultato è, in effetti, una censura indiretta sui programmi di qualità. È una società che ha rimosso l'infanzia perché, non avendo alti ideali, non pensa al suo futuro. L'uso che si è fatto della tecnologia ha quindi creato problemi alla scuola. Vi sono docenti disorientati e in crisi. Altri invece pensano che proprio da questa situazione può e deve venire la motivazione di un nuovo impegno di riappropriazione di ciò che è andato perduto. La scuola può sfidare la tecnologia trasmissiva che ora rende passivo il bambino restituendogli l'esperienza diretta, la manipolazione, il dialogo, la socialità, il pensiero produttivo. È una sfida che non contrappone la scuola alla tecnologia come anche Piero Bertolini sostiene ma usa la stessa tecnologia per dare al bambino strumenti sempre più sofisticati per la sua ricerca personale e collegiale. Liberato dai compiti esecutivi affidati alle macchine, libererà il suo pensiero creativo trasformandosi da consumatore acritico in produttore di cultura. E siccome la cultura non è mai isolata dai problemi reali e generali, penso che la scuola oggi possa e debba inserirsi nel processo distensivo in atto che, allontanato l'incubo della catastrofe nucleare, sta cercando le premesse per un modo nuovo di risolvere e prevenire i conflitti .. La mentalità pacifica, che sostituirà la cultura di guerra, dovrà nascere soprattutto dalla scuola non competitiva, dove i bambini vivono i principi del la libertà e del la cooperazione.Un mondo sereno dove si sviluppano atteggiamenti tolleranti e pacifici, che nasce dalle piccole cose di tutti i giorni vissute con i bambini, i quali non hanno in testa l'idea del nemico, non sono mai motivati dal denaro, amano il gioco, dicono la verità, vogliono affeqo e comprensione. Dai bambini ci può venire una lezione di pace, con l'accettazione delle diversità come arricchimento, l'amore per la natura, il senso ludico della vita. C'è posto per tutti nel progetto pace, in primo I uogo per gli educatori. Esser qui, oggi, ha per me questo significato di impegno civile e sociale.
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