22 VISTA DALLA LUNA <C o,: o,: ~ <C ....l Pioldi Leggere e scrivere è un modo per sfogarci: infatti se noi cerchiamo di concentrare tutta la nostra rabbia sul foglio di carta, vedremo che alla fine ci saremo sfogati di tutta la brutalità che avevamo dentro il corpo. A me più che leggere mi piace moltissimo scrivere, perché sono convinto che scrivendo tutto quello che ti passa per la mente si possa formare un discorso del quale nessuno capirebbe il contenuto, ma per chi lo scrive ignificherebbe un qualcosa di stupendo riuscito alla perfezione. A me è già capitato di scrivere un pensiero su un pezzetto di carta e devo dire che quello che avevo scritto ha suscitato dentro di me un qualcosa che mi ha fatto veramente capire cosa voglia dire sfogarsi su un pezzetto di carta. Chiara Molta gente anche adulta si annoia: non legge, non scrive e rimane indifferente alle infinità di cose belle che ci sono nel mondo. Gli adulti osservati dai ragazzi Durante il mio primo viaggio in aereo intorno a me vedevo solo persone serie in giacca e cravatta grigi, con una valigetta in mano, che camminavano velocemente come se fossero attratti da qualcosa di invisibile che si poneva davanti a loro; avevano tutti uno sguardo spento e triste ed erano insensibili a tutto. lo ero affascinato, ma quei robot grigi non sembravano minimamente toccati da quello spettacolo. Ho visto molte volte bambini uscire euforici da scuola e illuminarsi di un bellissimo sorriso vedendo la loro mamma che per la prima volta li andava a prendere, ma poi la loro espressione gioiosa si tramutava in tristezza, perché mentre loro parlavano e raccontavano le loro esperienze, la madre, con quello sguardo vuoto e inespressivo, era assorta in chi sa quali pensieri. Allora, forse per attrarre su di loro l'attenzione, si mettevano a piangere, e quell'immenso sorriso era ormai sparito dal loro volto, che era solcato da profondi lacrimoni di invidia verso quel mondo oscuro che riusciva a catturare così bene l'attenzione del la loro madre. Ricordo come se fosse ora l'espressione di disprezzo della madre, che per far zittire il figlio, non fece altro che piazzargli in mano un cono gelato enorme e dargli un bacio. Se parlo di calcio con mia madre subito arriva una risposta simile a questa: "Lo sai che di calcio non mi devi parlare, mi avete fatto venire la .nausea di questo sport! Perché non mi parli un po' di scuola?" Molte volte capita che i miei genitori stanno parlando e, finito il discorso io mi intrometto raccontando qualche fatto, ma appena apro bocca uno chiede all'altro una cosa. lo provo a riaprire il discorso, ma ecco un'altra domanda. Allora io arrabbiato me ne vado in camera mia. Vorrei che ascoltassero anche me, qualche volta. SCUOLA E ADOLESCENZA L'unica cosa di vertente di quel mio viaggio fu l'espressione di un signore seduto di fronte a me: era piuttosto basso ed anche molto grasso, aveva una faccia enorme e un grande naso schiacciato e rosso, gli occhi erano piccoli, e, chi sa perché, li teneva quasi sempre socchiusi; aveva due mani enormi e sicuramente doveva fare un lavoro molto duro, perché erano molto rovinate. Nonostante questo suo aspetto un po' rozzo voleva imitare quei robot che avevo visto all'aeroporto, e questo lo faceva diventare molto buffo. Un infermiere con aspetto da uomo delle nevi mi chiamò e mi portò nella stanza delle lastre; con voce dura e an-ogante mi disse: "Non ti preoccupare, al novanta per cento è rotto". Lo avrei preso volentieri a sberle. Orso Bruno è il soprannome di un uomo che tutti i giorni passava a raccogliere con il suo trattore le alghe. Era un tipo scorbutico e rozzo con le sopracciglia molto fitte e congiunte, le rughe sulla fronte, basso e molto robusto, con vestiti sporchi e rovinati. Il suo trattore era vecchio e arrugginito; lo fermava di fianco al molo e si avviava verso il chiosco delle bibite con quel suo passo stanco e le braccia ricurve sul petto, tanto che non sembravano neanche animate. Al chiosco sbatteva duemila lire sul banco e chiedeva ad alta voce una coca; si sedeva allora su una sedia a gustarsi la sua bibita; intanto io e i miei amici lo sbirciavamo da dietro gli ombrelloni, sdraiati come dei militari. Poi il nostro Orso Bruno si appoggiava con quelle due corte e tozze mani ai braccioli della sedia e con un 'espressione di dolore si ergeva sulle gambe e molto lentamente se ne tornava al trattore, vi saliva, lo accendeva e andava via; allora io e i miei amici che lo osservavamo scoppiavamo tutti a ridere, uscendo dai nostri nascondigli, e lo guardavamo ancora finché non arrivava all'altro molo; noi non conoscevamo il suo nome, comunque una sera avvenne una sorpresa: lo incontrammo in sala giochi; io ero intento a superare il mjo record quando mi sento una mano pesante sulla spalla destra, mi giro di scatto e vedo proprio lui, che mi dice con aria stanca: sai le ore? lo impietrii al solo pensiero che mi avesse visto prenderlo in giro sulla spiaggia, e mi si rizzavano i capelli e mentre ero immerso in questi pensieri sentii la sua voce più dura: "ehi, ragazzo, sai l'ora?" Allora mi affrettai a dirgli l'ora, e mi chiese: "Fai un doppio?" e indicava con quel grosso dito un giochino di guerra nel quale io ero molto bravo. Così giocammo e lui perse, e dopo aver dato un robusto colpo al gioco disse a voce alta: "Vecchia baracca!". Non capisco ancora perché aveva scelto proprio me come compagno di giochi e da quel giorno non andai più né in spiaggia, né in sala giochi, anche se mi dispiaceva. Quando mia madre torna dal lavoro, le chiedo sempre com'è andata la sua giornata, e, quando lei me la racconta, io contento ascolto con molto interesse. L'anno scorso fui molto felice quando
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