Linea d'ombra - anno IX - n. 66 - dicembre 1991

sociale, ma sembrano avulsi da ogni contesto e situazione, che costituiscono una barri.era difensiva necessaria, oltre che uno stato di disagio. All'individuo non resta che frapporre fra sé e il mondo una maschera che diventa una seconda pelle. E imparare a specchiarsi in quella simile per sentirsi meno solo, a odiare · quella diversa pe(proteggersi. È questo meccanismo, portato ali' estremo, a ingannare il visitatore, anche metaforico, del- !' America. Che sviluppa a sua volta un'arrogante certezza riguardo' alla propria capacità di distinguere una masc_bera dall'altra, di orizzontarsi nel grande labirinto di stereotipi ~he è la realtà americana. Il ruolo dello scrittore, in un contesto simile, è qùello di mettere in scena il suo teatro di personaggi mascherati per rivelare poi la sostanza dolorante che le maschere difendono. Chiaramente questa convenzione non riguarda soltanto la letteratura americana. Ma è solo in quella americana, che lo scrittore sembra spesso inconsapevole di quello che sta facendo, sembra agire come uno dei suoi personaggi; che affascina i lettori per la sua semplicità, e proprio per la sua semplicità, respinge i critici europei, che non sanno rassegnarsi al fatto che una premessa ingenua possa costituire il nucleo di un'intera tradizione letteraria, e renderla unica e grande. Da cui il trattamento sommario cui vengono sottoposti.gli scrittori che eccedono in ingenuità, e quello rispettoso di cui vengono gratificati quelli che da questa tradizione di semplicità, si discostano. . Bret Ellis, nel suo romanzo, ha l'ardire di presentare due gallerie di personaggi mascherati in modo identico e opposto, da vittime e da carnefici, e di inscenare una rappresentazione tragicomica nel corso della quale è uno solo dei personaggi a gettare la maschera, causando però, con il suo gesto, la brusca rivelazione di quello che sta sotto la barriera protettiva. Quando scopriamo che Bateman, lo yuppie, è uno psicopatico assassino, sappiamo che sotto le altre maschere, identiche, si celano altrettanti.carnefici. Ma nel frattempo <:ade anche la maschera della vittima, e davanti ai suoi contorcimenti altrettanto repellenti quanto le imprese del carnefice, vediamo la sostanza della vittima, la sostanza cinica che lascia prevedere la totale interscambiabilità dei ruoli. È questo meccanismo, estremizzato da una scrittura in prima persona, martellante, ossessiva, che non lascia spazio ad altre interpretazioni e rende inevitabile un'identificazione disgu- ·· stosa, inaccettabile, a suscitare le reazioni esasperate del lettore, professionista e non. Io non credo che editori, agenti e critici abbiano voluto creare un caso letterario, e si siano schierati in malafede da una parte o dall'altra, riguardo a questo romanzo. Credo invece che abbiano reagito in modo genuino e incontrollabile a un testo che non lascia via d'uscita a chi voglia continuare a illudersi sulfa realtà sociale, o individuale, dell'Occidente. Per Ellis questa realtà è fatta di una massa di vittime e di assassini solo, apparentemente contrapposti, in realtà omologati dal cinismo e dal culto dell'apparenza, che si sostituisce alla realtà come nessun puritano delle origini avrebbe mai osato sperare, impostando il modello su cui sarebbe cresciuta la nazione. Il fatto poi che Ellis; per inscenare la sua rappresentazione di morte e cadaveri ambulanti, abbia fatto uso di tecniche prese a SAGGI/CARAMELLA prestito da tutte le tendenze di tutti i linguaggi disponibili, artistici e non, non rende certo più facili le cose al lettore. Quello professionista che non si tenga al corrente di ogni altra forma di espressione, oltre alla scrittura, non riconoscerà, nella rappresentazione, gli schizzi violenti dello splatter, la pittura dei graffiti, il linguaggio cinematografico ironico e violento di David Lynch o Jonathan D~mme, gli echi di massima dolcezza e massima frenesia della musica rock, le ombre del dark, le continue citazioni da pubblicità, televisione, fumetto, grafica commerciale, grafica artistica. Sono tutte "cose" già dette e già viste, anche se non rappresentate, finora, nella scrittura, non in modo così massiccio, almeno. Ellis le dà per scontate, forse non del tutto consapevolmente, data la sua età (27 anni) e formazione. Per questo non si cura della critica. Il suo messaggio è diretto alla sua generazione, di cui si fa interprete pessimista, a dir poco ..Davanti al lamento tragicomico dell'assassino che soffre di solitudine e a quello del tutto simile della vittima, solo la generazione abituata al linguaggio espressivo violento e ripetitivo del fumetto, o a quello martellante della musica rock, può avere la reazione prevista da Ellis. Speriamo che l'autore abbia visto giusto, e cbe il suo messaggio arrivi al destinatario. Le altre generazioni, intanto, continuino pure ad azzuffarsi. 3/91 Perry Anderson / Carlo Ginzburg Esiste la 'natura umana'? . Due tra i massimi storici della · generazione di mezzo in un confronto polemico e analitico su questioni che vanno oltre il metodo e investono opzioni filosofiche e scientifiche fondamentali. 85

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