Linea d'ombra - anno IX - n. 66 - dicembre 1991

UN MONDO DI VIOLENZA Incontro con Bret Easton Ellis a cura di Marisa Caramella Bret Easton Ellis (Los Angeles 1964), autore di due romanzi tempestivamente editi inltalia da Pironti (Meno di zero, 1985; Le regole dell'attrazione, 1988), vive da qualche anno a New York City, dove ha ambientato il suo terza romanza, American Psycho (1991, edizione italiana Bompiani), oggetto di dibattito e di scandalo nei media statunitensi.L'intervista è stata rilasciatà da Ellis nel marzo scorso a New York, "a caldo", durante l'accesissima polemica scoppiata all'uscita del libro. Quello che sta succedendo è di una noia incredibile, non so cosa dire ... la stupidità ... la stupidità ... la gente è i~terica, è pazza, tutt'a un tratto diventa sensibile ... ma cosa si aspettavano da un libro raccontato in pril)la persona da un serial killer? che portasse a spasso il cagnolino? che prendesse il tè tutti i giorni con la nonna? Probabilmente si aspettavano che il killer venisse acciuffato. Vogliono un sottofondo morale esplicitq_,ecco cosa vogliono. Vogliono che qualcuno nel libro disapprovi. Ma non sono veramente sconvolto. Nemmeno dalle lettere anonime che ti minacciano di morte e torture varie? Quelle mi fanno paura. QuandosonoarrivataaNew York,pochigiornifa, ho chiesto alla gente cosa pensava del massacro in Iraq. Nessuno è sembrato veramente sconvolto, nessuno ha preso una posizione precisa contro. Ma tutti prendono posizione sul tuo libro. Questo cosa ti dice? Mi dice che gli americani non amano che si dica loro qual è la realtà del paese, quali sono le conseguenze di un decennio di politica feaganiana. lo credo che il tuo libro sia wi colpo brutale sferrato alla nazione, per di più senza toni indignati, moraleggianti. Per questo va a sollecitare il puritanesimo degli americani, per questo offende l'orgoglio nazionale. Sono assolutamente d'accordo. È proprio così. Come ti è venuta l'idea di scrivere questo libro? Sai una cosa? Nessuno mi ha fatto questa domanda a proposito degli altri libri che ho pubblicato. Ma tutti, proprio tutti, me la fanno riguardo a questo. Ma come ti è venuta, l'idea? È l'idea a scegliere te. Ci sono milioni di motivi per cui ti prende il bisogno di scrivere una cosa piuttosto che un'altra. E credo che quando si comincia a scrivere, diventa parte del processo di scrittura scoprire perché. Ho cominciato a pensare che volevo scrivere un libro che avesse per protagonista uno che va in giro ad ammazzare la gente. Poi ho pensato, dove? AWall Street. Quando? Verso la metà degli anni Ottanta. Ho passato quattro mesi a stendere uno schema del libro, a dargli una struttura, a decidere cosa doveva succedere in certe scene ... frammenti di dialogo ... tutto. E hai seguito lo schema? Sì. Jay Maclnerney mi ha raccontato che hai lasciato in bianco le scene di tortura e massacro, che le hai scritte più tardi, ìutte insieme. Non tutte, qualcuna. Non mi sentivo pronto, non avevo voglia _diaffrontarle, quelle scene. Ma per qualche ragione ero sicuro di doverle scrivere, e nei dettagli ... di doverle inserire nel libro, non lasciarle fuori campo. E poi è arrivato il momento in cui non ho più potuto fare a meno d_iscriverle. Era Pat Bateman a volerlo. Mi sentivo prigioniero del personaggio. Non mi mollava. Ti sembra una cosa preoccupante? ... Quando si scrive un libro dal punto di vista di qualcuno... quando il personaggio prende forma... si diventa quel personaggio. Si scrive io ... io ...io... e si fanno molte scelte estetiche che non si sarebbero fatte scrivendo in terza persona. È il personaggio a prendere· queste decisioni, è molte altre ... a scegliere il linguaggio, la struttura, la lunghezza ... si diventa praticamente un medium ... è lui a scrivere, tramite te... È questo che mi è successo con Pàt Bateman. E dire che avevo fatto quello schema preciso, e l'ho anche seguito, nonostante questa "interferenza" ... poi quando ho cominciato a scrivere, "lui" si è messo a dare suggerimenti, a fare scelte, ad apportare cambiamenti che non _avevoassolutamente previsto. Non ti venivano i brividi? No. I miei amici direbbero di sì. Io dico di no. Gli assassinii seriali sono un crimine tipico degli Usa e della Gran Bretagna. E Usa e Gran Br?tagna sono anche le nazioni dove l'ideologia della guerra è più forte, almeno nel mondo occidentale. Credi che ci sia un legame, tra questi duefatti, credi che sia l'inconscio di queste nazioni, a pròdurre mostri? Sembra una cosa banale, da dire, ma questa è una nazione incredibilmente violenta. L'umore, l'atmosfera del paese, sono violenti. Gli americani sono sempre stati gente violenta, credo. Per me, la metafora ... la macchia della guerra, e come contribuisca alla patologia della nazione ... è sempre stata una cosa ovvia. Per me questo è un dato acquisito. La ragione per cui non l'ho esplicitata meglio nel libro, è che credevo fosse una cosa ovvia, che tutti lo sapessero. · E invece la bagarre si è scatenata proprio perché si tratta di una rimozione collettiva, da parte degli americani. Credi che i critici, o anche ilpubblico, non capisca la metafora, o si rifiuti di capirla, o abbia paura di dire che l'ha capita? Non me ne importa assolutamente niente di quello che pensano del mio libro. Quando scrivo, scrivo per me stesso, mi interessa solo scoprire di più su me stesso. Non voglio piacere al pubblico, . ,. non voglio avere dei fans. Non mi importa. Questo mi sembra ovvio. _ Allora credi che sia per questo che i miei libri non piacciono? D'altra parte nessuno obbliga la gente a comprarli, a leggerli, o i critici a recensirli. E invece lo fanno, e poi si indignano, e si mettono a strepitare. 81

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