SAGGI/ ANDERS Il calore è più importante del significato. E non è al metafisico che spetta l'ultima parola, ma soltanto a colui che sente amore per l'umanità. cifrata e speculativa in quella sensibile, ciò che precedentemente era esistito soltanto in versione concettuale. Che cosa? Sin dall'inizio del decennio 1930-1940, quando in Francia i letterati e i filosofi delle nuove generazioni cominciarono a infervorarsi per la dialettica hegeliana e per la teoria marxista della lotta di classe, la famosa immagine della coppia "signore e servo" della Fenomenologia dello spirito si è impressa tanto profondamente nella coscienza della generazione nata intorno al 1900, che si può dire senz'altro che oggi ha preso il posto che nel secolo XIX era riservata alla figura di Prometeo; è diventata la pura e semplice immagine dell'uomo. Sartre è il testimone principale di questo mutamento: nell'Oreste delle sue Mosche aveva dato vita ancora una volta, e per l'ultima volta, alla tipica figura prometeica (quella che era stata usuale da Goethe in poi, passando per Shelley e per Byron, fino al Brandt di lbsen), per sostituire poi definitivamente questo simbolo con l'immagine hegeliana. Caratteristiche determinanti del nuovo simbolo sono la "pluralizzazione" e I' "antagonismo": ossia il fatto che l' "uomo" è personificato ora da una coppia umana, che il singolo (il quale, self-made man metafisico, aveva combattuto prometeicamente contro gli dei) è sostituito ora da uomini, precisamente da uomini che si contendono reciprocamente il dominio. Essi sono considerati ora il reale: perché ciò che "è", è dominio e lotta per il dominio; e soltanto essi sono considerati il motore del tempo-e qui arriviamo al punto saliente: perché il tempo è storia; e agli occhi della filosofia dialettica, la storia deve il suo movimento esclusivamente all'antagonismo (tra uomo e uomo, tra classe e classe); tanto che se dovesse finire l'antagonismo, allo stesso momento finirebbe anche la storia. Questa immagine, in cui si configura il principio hegeliano della storia in cammino, entra ora in scena nelle figure di Pozzo e Lucky, su quel palcoscenico, su cui finora aveva agito, o piuttosto non aveva agito, altro che !'"essere senza tempo". È ben comprensibile che la comparsa della nuova coppia sconcerti gli spettatori, e per molte ragioni. Prima di tutto per ragioni estetiche: il ristagno che lo spettatore, contrariato dapprincipio da quel che gl,isembrava una provocazione, aveva finito con l'accettare come "legge del mondo di Godot", viene ora turbato, nel modo più irritante, dall'irruzione di personaggi che agiscono realmente. È come se un'immagine fissa si mutasse davanti ai nostri occhi in un film. E a ciò si aggiunge l'astrusità dell'allegoria in sé: perché questa differisce da quasi tutte quelle che conosciamo dalla tradizione. Mentre infatti le allegorie che ci sono familiari (della virtù, della libertà, della fecondità eccetera) conferivano veste e ornamento sensibile al concetto astratto, qui l'allegoria ha il compito di svestire il concetto astratto dei suoi ornamenti, di mettere in mostra in tutta la loro nudità la bassezza e lo squallore che non erano sufficientemente manifesti nella formula filosofica "signore e servo". Mettere a nudo è dunque il significato di questo rivestimento, disilludere lafunzione di questa illusione teatrale. La dialettica è messa in scena in un'azione teatrale che ha a sua volta carattere dialettico: e se fa un effetto tanto sconcertante - non solo su di noi, ma anche su Estragon e Wladimir, che durante l'incontro non riescono mai a liberarsi di un certo timore-, ciò avviene per ragioni validissime. Ma, per quanto timidamente i due si comportino di fronte alla 72 nuova coppia, non riescono a nascondere che sembra loro invidiabile. Le spiegazioni sono superflue: il cerchio dell'interpretazione si chiude da sé. Dopo che è stato descritto l'inferno dell'esistenza senza tempo, è evidente che agli occhi di coloro che sono condannati all'"essere senza tempo", i reggenti del tempo, persino i più infernali, devono apparire dei privilegiati. Pozzo, il signore, è invidiabile, perché non ha bisogno di "fare tempo" da solo o di avanzare da solo, o tanto meno di aspettare Godot; perché Lucky lo trascina avanti comunque. E Lucky, il servo, è invidiabile perché, non soltanto "può" trottare sempre avanti, ma addirittura lo deve fare, perché Pozzo gli sta dietro, lo incalza e provvede a farlo camminare. E anche se passano davanti ai due personaggi avulsi dal tempo, senza sapere che erano passati già ieri - dunque in certo qual modo tuttora come "cieca storia", che non è ancora cosciente della sua storicità - e anche se sono trascinati o cacciati avanti l'uno per opera del!' altro, sono tuttavia ambedue in movimento, e agli occhi di Estragon e di Wladimir sono tutti e due già esseri beati. È dunque senz'altro comprensibile che essi suppongano che Pozzo sia Godot stesso (sebbene Pozzo non ne abbia mai sentito il nome e lo storpi per principio), perché sotto la frusta di Pozzo la loro attesa potrebbe trovare fine. Ma non è nemmeno un caso se Lucky, l'animale da soma, viene detto "il fortunato", perché, sebbene tutto il carico gravi sulle sue spalle, sebbene per tutta la vita non faccia che portare in giro sacchi di sabbia, tuttavia è completamente sgravato; e se fosse consentito loro di essere al suo posto, non avrebbero più bisogno di segnare il passo, potrebbero procedere, perché dovrebbero procedere, il loro inferno avrebbe perduto il suo orrore e, di quando in quando, potrebbe toccare loro anche un osso. · Il tentativo di voler ricavare a tutti i costi qualche tratto positivo o addirittura confortante da questa immagine dell'uomo e del mondo non approderebbe ad altro che ad asserzioni gratuite. Eppure la commedia di Beckett si differenzia in un punto da quasi tutti quei documenti nichilistici in cui il presente trova la sua espressione letteraria: nel tono. Infatti il tono di questi documenti è improntato di solito a quella serietà che è chiamata a ragione "bestiale" (perché non conosce ancora il calore umano dell'umorismo); oppure (perché ormai non gliene importa più niente dell'uomo) è un tono cinico, cioè inumano per un altro verso. Il clown però- e abbiamo già mostrato quanto "clownesca" sia la commedia - non è né bestialmente serio, né cinico; ma è di una tristezza che, rispecchiando la triste sorte dell'uomo in generale, rende solidali i cuori di tutti gli uomii:iie nella tristezza facilita la loro solidarietà. Non a caso nessun'altra figura del nbstro secolo ha suscitato tanta gratitudine quanto la desolata figura dello Chaplin dei primi film. Sembra che la farsa sia diventata il rifugio dell'amore per il prossimo; la complicità degli sconsolati sia diventata l'ultimo conforto. E se ciò che spunta dal terreno sconsolatamente arido dell'assurdità: il mero tono umano, è un minusc:oloconforto; e se il conforto non sa perché conforta e quale Godot promette come conforto-esso dimostra tuttavia che il calore è più importante del significato; e che non è al metafisico che spetta l'ultima parola, ma soltanto a colui che sente amore per l'umanità. Copyright, editore C. H. Beck, Monaco 1956-1991.
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