Linea d'ombra - anno IX - n. 66 - dicembre 1991

a chi lo compie, si è allontanato a tal punto da ciò che .si chiama illusoriamente azione umana, che è diventato esso stesso una specie di attività fittizia. Il lavoro reale e il più fittizio dei lavori "compiuti per disperazione" non presentano la minima differenza né strutturale, né psicologica.D'altro lato, a causa di questo genere di lavoro, l'uomo ha perduto l'equilibrio al punto che, per ritrovarlo è costretto ora a inventarsi 1"'hobby''. quale "ricreazione" e. "passatempo'', ossia è costretto, paradossalmente, a proporsi scopi apparentemente reali proprio nel suo tempo libero e a godersi questo tempo libero mediante un lavoro reale fatto per giuoço ... per esempio mediante un esplicito regresso verso un tipo di produzione antiquato in confronto al lavoro che fa a scopo di guadagno, cioè eseguendo lavori di traforo o coltivando un orticello. Ameno che l'abitudine a essere condotto per mano, contratta durante il lavoro quotidiano, non lo abbia addirittura rovinato del tutto, non lo. abbia cioè privato della capacità di organizzare personalmente il suo tempo libero, il "giuoco", il "passatempo" e non debba quindi ricorrere al "trasportatore a nastro" della radio per farsi far passare il tempo. Ma riprova migliore di qualsiasi SAGGI/ ANDERS paragone teorico o dell'equivalenza tra attività e inattività del giorno d'oggi è il fatto che tutte e due le cose procedono oggi simultaneamente nei milioni di case e di officine in cui il flusso del lavoro e delle radiotrasmissioni diventano un flusso unico. Insomma la puerile serietà con cui Estragon e Wladimir si affannano a procurarsi una apparenza di attività ci sembra tanto terribilmente seria e fantasticamente attuale soltanto perché nella vita odierna ore di lavoro e ore libere, attività e inattività, serietà e giuoco formano un'inestricabile compagine. Qualsiasi attività, anche fittizia, è ugualmente idonea a far passare il tempo; ma altrettanto difficile è avviarla, perché f:ire qualche cosa senza crederci, o far finta di fare qualche cosa, richiede proprio quella libertà che è già paralizzata dalla passività della vita di Estragon e Wladimir. Perciò Beckett mostra una perfetta coerenza se li fa giocare, ma vanamente, cioè in un modo da cui risulta che non sono più ali' altezza del compito di "organizzare il tempo libero". E lo sono tanto meno, in quanto, a differenza di noi, non dispongono più di formé stabili e riconosciute di organizzazione del tempo libero, di sport e di sonate di Mozart; anzi sono costretti a inventare i loro giuochi, cioè a estrarre dall'arsenale delle occupazioni quotidiane attività èhe trasformano in giuochi, allo scopo di passare il tempo. In quene·situazioni in cui noi, più favoriti, giochiamo al calcio e, appena abbiamo finito, ricominciamo daccapo, Estragon giuoca il giuoco che ricomincia sempre daccapo "togliersi le scarpe - mettersi le scarpe", e ciò non per fare il buffone, ma per beffarsi di noi e mostrarci, mediante la formula dell'"invers_ione", che anche i nostri giuochi (la cui insensatezza resta ormai nascosta sotto il pùbblico riconoscimento) non valgono affatto più del suo. La scena "Estragon giuoca a togliersi e mettersi le scarpe" significa, nella sua inversione: "Anche i nostri giuochi sono un togliersi e mettersi le scarpe", sono spettrali, sono un far finta di fare. Anzi, in conclusione, rotando di 180°, la scena significa addirittura: "Il nostro reale 'toglierci e metterci le scarpe', ossia la nostra vita quotidiana, nòn è altro-che un giuoco, è grottesca, futile, ed è dovuta soltanto alla speranza di passare il tempo". E: "come per quei due, anche per noi la maledizione consiste nel lusso e nello squallore della futilità" - soltanto che i due clown sanno di giocare; noi no. Pertanto essi sono le persone serie e noi i buffoni. E questo è il trionfo del1"'inversione" di Beckett. 6. Entrano in scena gli antipodi È ovvio che a loro sembra invidiabile la sorte di coloro che non hanno bisogno di far scorrere la poltiglia del tempo di propria iniziativa; oppure che lo fanno con naturalezza, perché non sarebbero capaci di comportarsi altrimenti. Questi antagonisti si presentano loro nella coppia Pozza-Lucky. I tentativi di decifrare questi due personaggi, di scoprire chi siano e che cosa significhino non ha dato meno filo da torcere agli interp~eti, che· il problema dell'identità di Godot. Ma tutti i tentativi di decifrazione erano mal impostati, perché la coppia stessa è una decifrazione. Come sarebbe a dire? Beckett, cioè, non ha ridotto a cifra astratta una realtà sensibile, ma si serve di questi due personaggi per trasporre, dall'esistenza 1

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