Linea d'ombra - anno IX - n. 66 - dicembre 1991

IL CONTESTO la confusione tra media e politica Goffredo Fofi menteomogenee, cioè togliattiane, tatticistiche, opportunistiche, familiste, e peggio quando più ideologiche, con gli occhi chiusi a ogni curiosità come a ogni capacità di giudizio verso ciò che la nostra realtà sociale è diventata, verso ciò che è diventata ( che loro ha·nno contribuito a far diventare) l'Italia. Ma unifica anche l'adunata alquanto grottesca dei "rifondatori" o il coacervo variamente mistificante che è il "Manifesto" e la quasi totalità, pur sempre corporativa, dei sindacati. Le uniche possibili fiducie è necessario collocarle altrove che nella "sinistra" Non mi sembra si rifletta abbastanza su un aspetto dell'attuale situazione politica e del suo sfascio, dentro la lenta agonia della prima Repubblica: l'amalgama progressivo, la fusione e confusione tra politica e media, in particolarè tra politica e televisione, o meglio, e in generale, tra politici e . giornalisti. Mi spiego le reticenze sull'argomento con una ragione semplice semplice: chi potrebbe e dovrebbe parlarne se non i giornalisti, o quantomeno gli "opinionisti", per esempio i politologi e sociologi che si sono fa~tigiornalisti? Il paradosso è evidente: tra i principali accusatori dell'attuale regime ci sono, per esempio, dal. lato" politica", addirittura il presidente della Repubblica,e dal lato "giornalismo" molti degli astri del firmamento mediologico, di coloro.che l'hanno fatto quale esso è, e Pansa, per esempio, si è di recente concesso di scrivere un libro che si intitqla/l regime! Non che non vi si dicano anche cose giuste, per carità, così come qualcosa di giusto capita di sentir dire anche dalla bocca del senza-vergogna Cossiga. Ma da quali pulpiti! Il moralismo fatto dai responsabili della dilagante immoralità collettiva, dai maestri·dell'immoralità pubblica, è forse l'aspetto più nauseabondo, o uno deLpiù nauseabondi, dell'epoca in cui viviamo; con la conseguente difficoltà che ne deriva - per chi una morale ancora ce l'ha davvero e non intende cessare di applicarla. anche dicendo e scrivendo e analizzando e denunciando - di distinguersi da ciò che dicono i procuratori di corruzione/ spacciatori di morale. Dei molti modi possibili di imbiancare i sepolcri, è questo il più diffuso e ripugnante. Oggi tutti i personaggi importanti della politica e dei media cavalcano la tigre (ammaestratissima) del consenso tramite morale, con la sola variante di una interna rissositi1 ora autentica e ora, nella maggior parte dei casi, solo recitata. Ci sono dunque differenze rispetto al passato, anche a un passato molto recente. Sapevamo, ovviamente, e tutti hanno cominciato a saperlo da tempo, che i I 4 problema del potere all'interno delle democrazie nominali lo si gioca - Usa docent- sul piano del consenso, della formazione e del controllo e della manipolazione del consenso. Ma siamo, oggi, in assenza di schieramenti determinati- da interessi realmente divergenti, cioè di classe; in presenza di una dominante piccolo-bor-. ghese che ha attraversato e congiunto molti strati diversi, almeno culturalmente; in attesa che, le contraddizioni più gravi si aprano davvero. E dipenderà dagli scenari internazionali, dalla nostra collocazione mediterranea, dal grado di tolleranza dell'Europa nei nostri confronti, dai conflitti Nord-Sud in patria e nel mondo, dai destini dell'economia mondiale, dal grado di mascalzonaggine o imbecillità dei nostri governanti (e del nostro popolo), eccetera. Siamo in condizione di assenza di opposizione, di totale rientro dei' Pds hell' area del palazzo o nei suoi anfratti e c,1ntine,e all'interno di quel partito di fronte alla vittoria di una tradizione che è la stessa, balor'dissima, che unifica nello stesso marchio culturale le cor,renti del partito, sostanziaiUna vignettadi Bucchi, da "la Repubblica"del 19-11-91. . ufficiale e nelle sue organizzazioni: in quegli operatori sociali di varia collocazione ma .che credono ancora nel "ben fare", oppure nel ramificato ( anche per buona parte "ricuperabile") campo del volontariato. È poco, è molto poco. E- ma per fortuna, a vedere cosa sono - non esistono organizzazioni politiche in grado di rappresentarequesti ambiti così settoriali. Ecco dunque che il gioco del potere si sposta tutto sul campo del · consenso, ecco che il consenso è la posta centrale, che il consenso è, per i politici, tutto. Così i politici si fanno giornalisti e invadono il piccolo schermo, i giornalisti si fanno politici e discettano alla pari con quelli, da rivali più che da alleati. E tutti tuonano di stare "dalla parte della gente comune" (diomio, riecco la gente comune!) e degli "onesti". E ogni gang è una gang di onesti. La più generica e facile delle opzioni ma anche la I GRANDISONDAGGI Chi v:orreste, aù. potere)? Qualcw,o •~--;:~! ~c•:rogetto ------ più fasulla - costa così poco dichiararsi onesti, lo fannq tutti i ·commercianti dell'angolo, lo fa perfino la famiglia Agnelli - tendente a Ùna differenziazione dal- !' andazzo collettivo e da quello di palazzo, viene invocata e utilizzata dai politici e dai giornalisti: tutti , anche i più ladri, anche i più bugiardi, dalla parte degli onesti, per il "partito degli onesti". Pera!- · tro, in un paese di morale assai lasca, e di disonestà dilagata, può perfino capitare che il "partito degli onesti" venga preso e si prenda sul seriò, e cresca. Un look vale l'altro, se serve, e se è mera copertura. Non ci sono più differenze tra media e politica? Il potere si squaglia e riassoda giornalmente e il "quarto potere" non si distingue più, è un pezzo centrale della · politica. La sua autonomia l'ha conquistata perdendo la sua possibile funzione e la sua dignità, perdendo in definitiva proprio la sua autonomia. Non mi par necessario fare esempi, infierire. Ma è necessario ricordare come in questa collettiva strategia di sopravvivenza di un blocco di potere il terreno privilegiato dello scontro sia diventato, più ancora che quello dei giornali, quello della Tv. Tutti si sono accorti che è per quel tramite che passa oggi il consenso, e tutti ne vogliono la loro fetta, altrimenti c'è il rischio della penaliz-zazione elettorale per i partiti, della perdita di prestigio per il singolo. Come modo del consenso il clientelismo ha fatto forse il suo tempo? No, non l'ha fatto, ma il clientelismo è moneta così corren- _te,coinvolge tutti (anche i disastrati composti delladecomposizione dei movimenti, tipo verde e altri arco-· baleni) ed è insufficiente se non è accompagnato dalla nobilitazione dello scontento che si fa consenso. Le grandi battaglie della sopravvivenza trasformistica hanno il loro campo, oggi, prevalentemente nella televisione, e la lotta è per il controllo dei suoi spazi. Ne deriva una nostra diffidenza ancora più grande per il sistema dei media, e la necessità di una presenza alternativa, morale e non morali'stica, che si farà presumibilmente sempre più minoritaria - per la crescente forza manipolatrice dei media e della Tv, per la crescente stupidità dei suoi utenti, per il crescente coinvolgimento e squacqueramento della cosiddetta sinistra.

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