/ POESIE/DI MICHELE più i piedi scavavano più i capelli s'arrampicavano come una pergola di convolvolo con tutti gli occhi azzurri spalancati. IV. Perché sono andata da lui Non fu certo l'umiltà ma un senso del destino femminile che mi ha spinto a mostrare i miei primi schizzi a Rivera il più grande pittore del mondo. No, non fu la modestia che mi fece arrossire quando il suo occhio penetrante esaminò i miei quadri quando quell'iride dorata spazzò inebriante il campo del mio vestito. Le mie speranze erano un frullio d'ali quando il falco cala sul pollaio. Era il mio cuore pregno . di un carico segreto di vanità, paura e deside1io, un cuore che era sceso dalla sua sede superiore,· vicino ai polmoni, · per palpitare nelle mie mutandine di seta rosa. V. Sotto il bisturi Dipingo sul mio volto lacrime che sembrano cipolline sott'aceto. Il letto è tutto ciò che il paesaggio ha da offrirmi, il letto e un bisturi, la lama d'acciaio di Pittsburg impugnata da un chirurgo di Detroit. Il corpo oliato ed etichettato, il sangue intasato in condutture scadenti, non sono certo un'orchidea e neanche un guscio in cui possa riposare una lumaca con tanto di quel sangue che non riesco a tenerlo tutto su una sola tela, inonda la cornice, cola sul pavimento del mio studio. In uno scantinato d'ospedale, accanto a un'appendice in formaldeide, mio figlio galleggia in un vaso. I 50 lo e i miei pappagalli, un autoritratto del 1939 (Archivio INBA) VI. lo sono Diego Ho già dormito in questi vestiti. Il mio cuore non m'ama più e perciò Frida dimentica chi è. Questo ~estito è troppo grande e ha bisogno d'essere stirato oppure sono io troppo.piccolo come la carcassa d'un tacchino dopo il pranzo · buona solo per fare il brodo o per essere gettata nella spazzatura. Io sono Diego. Siedo sulla sua sedia. Mi firmo Rivera. Dato che la sedia non mi abbandona siedo sicuro, a gambe larghe,
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