Linea d'ombra - anno IX - n. 66 - dicembre 1991

I due protogonisti di Riff-Roff. riderci su. Lo fanno con quella virulenta volgarità plebea che tanto stona in tempi di rinascenti galatei e di schifiltose dittature del bon ton. Ma anche con una simpatia così schiettamente contagiosa che il nostro copy indigeno dal cervello inevitabilmente omologato deve aver pensato, partorendo il suo slogan, di realizzare una sorta di strategica rimozione preventiva: se Kenneth Loach rimette in circolazione un fantasma (la classe operaia) e costruisce un film sul ritorno del rimosso (la lotta di classe nell'era del postcomunismo), il mercato si deve impossessare di questo "ritorno" per commercializzarlo, auspicando però un'immediata e ulteriore rimozione a CONFRONTI priori di quel rimosso che si accinge, sia pure a malincuore, a mercificare. Paradossale? Certo. Ma sono i paradossi del libero mercato, o le aporie del capitale: quei paradossi e quelle aporie che da vent'anni a questa parte Kenneth Loach è bravissimo a snidare e a rivelare, sempre col fiuto giusto e col coraggio necessario. E con quella lucidità che è indispensabile per riuscire ad essere sempre presente al proprio tempo. Dalla seconda metà degli anni Sessanta, Loach usa la sua macchina da presa come una "leva per sollevare l'inerzia delle cose e della gente". O come un bisturi affilato con cui incidere la crosta dei riti e dei pregiudizi socia! i. Odiato dall 'establishmente dai Tv-executi vedei mercato multimediale, a mala pena tollerato da molti Ombrein pieno sole. L'"avanguardiapopolare" di SpikeLee Francesco Binni Che si tratti di cinema di sentimenti corali (per esempio con il cinema di Oliver Stone e il suo recente J FK) o di cinema di idee (con Spike Leee il suolungle Fever), è chiaro che ci si trova di fronte a un populismo di nuova specie, o, meglio, a un'avanguardia di evidente richiamo popolare, il cui significato e interesse, primario sta nel sllccesso con cui sa collocare il conflitto · in uno specifico momento temporale e in un luogo specifico, come culmine di una serie specifica di eventi transpersonali. L'interesse per la storia americana si unisce in questi registi a una spregiudicata subordinazione (nel caso di Lee) della story-line del film alle teorie astratte e rapide generalizzazioni che formano il suo testo reale: questo cinema, tuttavia, ha successo come cinema per la flessibilità inedita con cui il grafico astratto è costantemente complicato da ciò che il regista sa, intuisce, e impara, attraverso il suo 40 cinema, del mondo in cui vive. La nozione un po' vuota di cinema indipendente acquista, a questo punto, un contenuto autentico. Come già nel cinema di Cassavetes, il regista ci offre una "conoscenza concatenata" invece di una "conoscenza condensante": invece di correre a un significato portatile o a una verità prefabbricata, lo spettatore è costretto a vivere il corso dialettico degli eventi. Ne consegue che il significato di questo cinema sta.sempre nei passaggi: vive io incessanti, energiche sostituzioni di un centro d'interesse da parte di un altro, in continui spostamenti di tono, in scorrimenti flussionali di rapporti. Lo spettatore è spiazzato precisamente dall'assenza di quella facile cifra stenografica che in molto cinema di oggi rappresenta la rassicurante scorciatoia a una vita che si conosce bene e si vuole in fondo che resti così. In Jungle Fever ( 1991) Spike Lee fa un film degli stessi esponenti della British Film Renaissance degli anni Ottanta, Kenneth Loach ha il pregio di essere a tutti gli effetti un autore fuorimoda: uno che continua imperterrito a fare film sulle Trade Unions e sulla working class, sull 'orrore delle istituzioni (famiglia, scuola, ospedali) e sulle nuove e vecchie marginalità. n più delle volte il mercato lo metabolizza, lo disinnesca o - più semplicemente - lo ignora. Ma alcune volte, per una serie di circostanze fortuite, Loach riesce ad arrivare anche al grande pubblico. E allora dimostra come il suo occhio a dichiarata sensibilità trotzkista sia in grado di scuotere e torcere e rovesciare gli umori e lepigrizie mentali collettive. È successo nel 1971 con Family Life, sta succedendo di nuovo ora con Riff Raff. Dove gli è sufficiente prendere alcuni operai "veri", con il loro autentico linguaggio e le loro vere facce (così lontane da quel grado zero della fisiognomica a cui ci ha ormai abituato la Tv), e imbastirci sopra un mosaico di storie di vita per realizzare un film che galleggia nel panorama complessivo della produzione attuale come una vera e propria mina vagante. Gli operai di Loach sono un condensato di sogni edi comportamenti di "classe" calati in una straordinaria miriade di soggettività: uno si innamora di una ragazzetta sbandata che vuol fare la cantante, un altro sogna di trasferirsi in Africa, un altro ancora cade da un'impalcatura e ci rimette la vita. Due, allafinedecidonochel'unico gesto possibile è quello di dar fuoco al cantiere e di godersi lo spettacolo con sguardo luddista. Una commedia dura e arrabbiata in tempi di dilaganti e innocue carinerie? Certo. Ma anche un film agile e scanzonato come The Commitmentsdi Alan Parkereaspro comeSammye Rosie vanno a letto di Stephen Frears, un po' free cinema e un po' neorealismo irriverente. Tanto per ritrovare il gusto di ciò che sembrava perduto. E per mandare a quel paese il fair play del cosiddetto mondo civile. che esplora gli stereotipi razziali e i tabù sessuali della società americana e della cultura occidentale bianca in generale, ma soprattutto identifica la fondazione economica del razzismo, su cui la xenofobia occidentale bianca ha costruito l' intera metafisica della sessualità nera, rovesciando le normali aspettative dello spettatore sulla distribuzione dello status di classe, del retroterra educativo e della stabilità finanziaria fra i personaggi neri e bianchi del film. In questo Lee usa l'innovativo testo globale di un Chester Himes sulla sessualità interrazziale e sui suoi deterministici esiti tragici per un fine di doppia trasgressione, di variazione "avanpopolare". Jungle Fever si apre in una placida sommersione di tutto quello che Harlem ancora oggi dice: una copia del "New York Times" atterra sull'ultimo gradino di una lucida casa classicheggiantedi Striver'sRow, il quartiere elegante di Harlem; al!lultimo piano si vede una coppia nera che fa l'amore mattutino: lui, Flipper Purify, architetto e "nero-nero"; lei, Drew, responsabile degli acquisti in un grande magazzino di classe e "nera-bianca", come si dice. In più, la loro bambina decenne, che ascolta divertita i rumori dell'amore parentale, fa finta di dormire (ma sarà poi capace di coinvolgere la madre in

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