CONFRONTI teoria delle élites costituisce uno degli anelli centrali del pensiero gobettiano) e delle polemiche meridionaliste di Fortunato, dell' approfondimento di De Sanctis, delle traduzioni dal russo di Andreiev, dei fitti scambi di opinione con Prezzo lini e Salvemini. Queste letture si intercalano con le prime esperienze politiche che Piero va compiendo e di cui riflette con Ada. La figura della sua interlocutrice assume in queste lettere una funzione meno ideale, di compagna di vita. È il periodo dell'incontro con Salvemini col quale Piero. scopre una consonanza di prospettive politiche immediata. Coinvolto nelle iniziative dei gruppi d'azione dell"'Unità" (la rivista che Salvemini andava trasformando in movimento politico), Piero si trova a partecipare al convegno nazionale della Lega per il rinnovamento della politica nazionale. Questo incontro però, come riferisce ad Ada, gli trasmette un senso.di sfiducia nei confronti degli ambienti di liberalismo democratico, che produce una iniziale disillusione per i metodi di azione salveminiani. Ma la politica non assorbe ancora il suo affanno intellettuale, non determina insomma una svolta di senso nel vasto orizzonte dei suoi interessi culturali. Se la vita è intesa (secondo le parole di Ada) "come attività tiionfanteecome gioia", la preoccupazione prevalente è per adesso la ricerca di un metodo elfo regoli questo flusso vitale, che orienti in modo produttivo un così cospicuo investimento di risorse intellettuali. È questo il rovello interiore di Piero, che troverà chiarimento soltanto in una fase successiva. L'"attualismo" nel quale ha circoscritto l'orizzonte delle esperienze giovanili suo e della sua compagna non ammette per ora concessioni autocritiche: "Il centro vitale si raggiunge solo coll'azione autocosciente. Torturandocisi in un'analisi feroce si coglie solo degli spasimi e degli episodi", così scrive nell'agosto 1919 non nascondendo un certo fastidio per le esitazioni e le cadute nel sentimentalismo di Ada. L'arte della chiarezza Nel febbraio del 1920 Piero sospende le pubblicazioni di "Energie Nove". Inizia per lui (e per Ada) una fase di riflessione che i biografi datano sino al febbraio 1922, allorché esce il primo numero de "La rivoluzione liberale". L'esperienza di "Energie Nove", che Piero dava l'impressione di voler riprendere dopo una messa a fuoco degli obiettivi e dei temi della rivista, è in realtà chiusa per sempre. Il suo lavoro è contrassegnato ora da quello -studio matto e disperatissimo (se così possiamo interpretare il ricorso frequente nelle lettere di questo periodo alla figura di Leopardi) con cui annùllare il divario tra l'aspirazione a un metodo e l'esigenza di agire, tra la sfera della conoscenza e quella della politica. Al lavoro intellettuale, "sorgente da una impassibile legge razionale e categorica", Piero e Ada sacrificano dunque tutto il tempo nel loro impegno comune, in vista di una revisione culturale che sia naturalmente affrontata, secondo un parametro tipicamente gobettiano, "con spirito di creatori da entrambi". La pressione degli eventi esterni, che assume ora un ruolo determinante nel loro processo di formazione, tende adesso ad accentuare il divario tra Piero e Ada. Le due esperienze decisive di questa fase sono quelle dell'occupazione delle fabbriche (che Piero segue accostandosi al gruppo dell "Ordine nuovo", mentre Ada, in villeggiatura con la famiglia, ne rimane estranea) e del servizio militare. Nel "sistema Ada-Piero" (per rubare una felice espressione di E. Alessandrone Perona) 2 i valori del confronto sono mutati. La "diversità" di Piero non è più un modello da emulare, ma un punto di riferimento cui rapportarsi. Gli istinti di Ada diventano in tal modo antagoni'stici, ma anche complementari a quelli di Piero, come testimonia questo brano di una lettera di Piero del 22 luglio 1922: "Tu arrivando ai 'tuoi' monti perdi ancora tutta te stessa e disperdi i tuoi ardori in entusiasmi indistinti. Io mi racchiudo in me, senza gioie, senza 32 slanci verso vane chimere e confuse immaginazioni, e trovo la forza di lavorare. per me e per tutti - poiché credi che non è egoistica limitazione il mio lavoro: che me ne dovrei fare? - tristemente ma serenamente, e il pensiero che mi anima e mi sorride, intanto, sei tu". Il lavoro di Piero ha acquisito intanto un'etica calvinista, speculare alla missione da compiere che egli si è attribuito: "Lavoro perché credo all'immanenza della vita e della storia, perché sento di realizzare così in me la legge universale; perché credo che volendo migliorarci e farci seriamente generosi in questo nostro mondo dobbiamo rinunciare a tutto ciò che è vago (sirene), a tutto ciò che è troppo personalmente interessante, troppo empirico e limitato: dobbiamo sacrificarci non inutilmente e rumorosamente, ma silenziosi, ogni giorno all'opera nostra che, per quel che vale, diventa appena esce.da noi, appena si estrinseca, patrimonio di tutti". Iri questi due passaggi della lettera del '22 sono contenuti i motivi conduttori del Gobetti maturo: l'egocentrismo intellettuale - controbilanciato dal!' entusiasmo spontaneo di Ada - e I' apertura al· mondo, attraverso l'oggettivazione dei propri sforzi'' in azione politica. Questa acquisizione non sarebbe stata possibile senza l'esperienza delle lotte operaie, che pongono l'attivismo informe di Piero a confronto con una situazione drammatica e cruciale per gli sviluppi che assume nello scontro politico in atto. La. disgregazione della classe dirigente liberale, sino ad allora prefigurata da una prospettiva ideologica, si fa ai suoi occhi esperienza concreta. Nonostante l'importanza degli eventi che Gobetti vive in questi anni (si ri_cordino anche le prime av,visaglie dello squadrismo fascista), occorre notare che nello scambio epistolare con Ada l'eco degli eventi esterni tende a ridursi rispetto al periodo precedente. In realtà il biennio 1920-22 rappresenta la sezione più cospicua dell'intero epistolario. Ciò è facilmente comprensibile ove si consideri il lungo periodo di separazione imposto ai due corrispondenti dal servizio militare di Piero. Ma la maggiore intensità dei contatti, testimoniata appunto da una complicità che riduce il vigore degli echi esterni, non è legata solamente a situazioni contingenti. Semplicemente, in questi anni l'idillio raggiunge la sua fase più alta, che prelude al matrimonio celebrato nel gennaio 1923. L'intesa è simboleggiata dalla raggiunta ·complementarità di ruoli tra Piero e Ada e soprattutto dalla piena maturazione dei loro obiettivi. L'ideale intellettuale che Piero si è assegnato corrisponde allo stile della chiarezza. Ne ricaviamo una . folgorante definizione dal ritratto che traccia del filosofo Giovanni Bertini, primo spunto per una serie di studi sul Piemonte riformatore. "Per lui - scrive Piero nel '20 - essere chiari era un problema morale. Sotto l'oscurità sa che si cela ipocrisia e vanità disonesta. E non è certo disposto a piegarvisi". ' L'adesione da parte di Piero a un simile programma di vita è radicata nella dimensione di religione laica che informa la sua visione del mondo e per il quale la chia_rezza si presenta appunto come un problema morale (una delle principali polemiche di questi anni è quella con la "Ronda": la prosa d'arte non si conforma al modello gobettiano). È quindi un ideale da condividere con Ada, "sì che il nostro amore - come scrive in uno dei rarissimi abbandoni sentimentali dell'intero epistolario- brilli di rinnovata chiarezza e di profondo verace saérifizio, reso più reale dal dono tuo a me, del mio a te. E le nostre lettere servono per elaborare insieme questa conquista, per far insieme la via e prepararci insieme a contemplare il risultato più puro e sereno". Ada per la verità mostra una maggiore consapevolezza dei ruoli specifici: "come la tua funzione è quella di insistere sul termine razionale, la mia è di_comunicarti tutta la profonda intensità dei miei palpiti,
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==