I CONFRONTI I . " <'.. I ,. ~· .. :· .-·-.-:: Disegno di Guido Pigni. stessa riflessione teorica cominciava a poco a poco ad essere sostituita dalla semplice inerzia del lessico teoricizzante, mentre il lavoro teorico, sempre in fieri, doveva rimandare agli sviluppi futuri della ricerca le operazioni finali della critica. La lotta di classe (come progressivo disvelamento di ogni inganno mitico) e il progresso incessante della scienza (come accumulo di conoscenze in crescita lineare) erano considerati i veri organi della critica letteraria. Per più di dieci anni, questo vero e proprio imbarbarimento gergale, e in verità non molto scientifico, ha avuto un assoluto prestigio e una enorme diffusione di massa, soprattutto attraverso l'università. Il culmine credo che sia stato raggiunto nella seconda metà degli anni Settanta, quando tutto si mescolava: ultra-marxismo, ontologia psicanalistica, linguistiche testuali, post-strutturalismo, rn.icrofisica del potere e decostruzionismo. Con gli anni Ottanta si è andati in direzione opposta, spesso verso un "saggismo" banalizzato, nel quale al culto dei vari strumenti chirurgici della conoscenza si è sostituito il fetic'cio della Grande Arte, la cui ineffabilità permette l'ininterrotto mormorio del critico "mimetico". Prima, gli autori venivano schiacciati dal protagonismo oggettivante e dissezionatore del criticoscienziato e del critico-politico. Dopo, gli autori diventano tutti simili fra loro nel segno della Poesia, e le loro particolarità sono oscurate dal protagonismo mimetico e smodatamente parafrastico del critico-artista, che assimila tutti a se stesso. Si va insomma da critici del tipo Stefano Agosti e Asor Rosa (sapore metallico) a critici del tipo Pietro Citati (consistenza cremosa). 2. L'informazione libraria Informare, oltre che orientare, valutare e analizzare, è sempre stato uno dei compiti minimi e primari della critica militante. Di una onesta, competente, esauriente informazione si è sentito quasi all'improvviso nuovamente il bisogno nel momento in cui ci si è resi conto che l'artigianato della recensione era stato per anni svalutato e dimenticato. La pubblicazione postuma dei quaderni universitari di Debenedetti e la raccolta in volume degli ultimi articoli critici di Pasolini, cominciarono lentamente a seminare il sospetto che la critica letteraria militante avesse qualcosa a che fare con il talento letterario, con la capacità di vedere problemi là dove sembravano non esserci, e con l'invenzione di una geografia dentro cui autori e libri acquistano un senso. Libri come Il romanzo del novecento e Descrizioni di descrizioni non sono solo due geniali esempi di critica militante, sono anche due opere letterarie di grande originalità. Pasolini aveva butJ:ato giù le sue recensioni con la foga e la fretta di chi sente di non avere più molto tempo davanti a sé. Negli articoli raccolti in Descrizioni di descrizioni, Pasolini aveva anche fatto nello stesso tempo critica letteraria e critica della cultura. Nelle lezioni del Romanzo del novecento, Debenedetti diventava il cronista romanzesco del romanzo di un intero secolo: recensiva a distanza la cultura narrativa del novecento, giocando ad applicare ai problemi del romanzo gli schemi dell'epistemologia ma senza abbandonare un linguaggio "giornalistico" e .il tono della conversazione fra scrittori. Il critico militante può essere commentatore e cronista letterario della propria epoca, oltre che scienziato e scrittore, Ma, perché questo avvenga l'informazione libraria dovrebbe conservare e non disperdere quelli che Debenedetti chiamava "gli alimenti" delle opere. Un'informazione selettiva, orientata, rivG!- ta ad una cerchia ristretta di lettori-competenti, che a loro volta sono in comunicazione con una cerchia più ampia di lettori generici, fa pensare all'esistenza.di una società letteraria fondata sul ceto medio tradizionale, poco esteso, dotato della massima attitudine a introiettare valori culturali, morali ed estetici. Oggi informazione e informazione libraria sono ambiti smisurati. Conservare e assimilare gli "alimenti" dei libri che vengo-. no pubblicati è sempre più difficile. Fra l'industria editoriale e il grande pubblico il momento intermedio della riflessione e della valutazione critica è sempre più fragile e sottile. Se, come avviene, i talenti critici e saggistici scarseggiano, la cosiddetta critica militante diventa qualcosa che somiglia più alla pubblicità che ali' informazione. E la pubblicità per funzionare, come sanno anche gli ingenui, non ha bisogno di discorsi apologetici, si nutre anche di pettegolezzi e di insinuazioni malevole. Quando diversi anni fa nacque una rivista come "L'indice", Cesare Cases, che era fra i promotori e garanti intellettuali dell'iniziativa, provò a dettare il decalogo del buon recensore. Non diceva cose molto nuove (riassumere bene il contenuto del libro prima di lodare, obiettare o biasimare). Ma il fatto che si dovessero ricordare alcune regole minime per la recensione d~i libri significava almeno questo: da troppi anni pochissimi conoscevano e rispettavano quelle buone norme, ben note alla vecchia società letteraria tramontata con gli anni Cinquanta. Riassumere bene un romanzo è un esercizio salutare per chi lo fa e utile per i lettori, che intanto cominciano davvero col ricevere una prima informazione. Nei saggi e negli articoli di un grande critico come Edmund Wilson, i riassunti delle trame sono veri e propri pezzi di bravura, rivelano nel critico una genuina passione per le narrazioni, e a!lticipano il giudizio sul carattere e sul valore dell'opera. In realtà, recensire un libro secondo le regole della nobile arte della recensione classica, è un lavoro impegnativo. Invece di · 29
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