Linea d'ombra - anno IX - n. 66 - dicembre 1991

CONFRONTI Commemorazione provvisoria del critico militante . Alfonso Berardinelli Critico militante: già le parole che definiscono il nostro eroe mostrano la patina dell'invecchiamento. Ed è proprio ·quello che si sopporta meno. La fobia di ciò che è superato, l'ansia del superamento - questi riflessi deformati dell'idea di progresso - sono uno degli aspetti più ridicoli della cultura come attualità. Nelle redazioni-cultura· di giornali e settimanali succede che un libro pubblicato la settimana precedente sia ritenuto "superato" solo perché il giornale o il . ·settimanale concorrente ne hanno già dato notizia. Sarebbero augurabili invece rubriche interamente dedicate ai "vecchi libri" che da_anni nessun editore ristampa, introvabili ma ritenuti importanti, la cui esistenza è segnalata solo nelle bibliografie. Se c'è qualcosa che non si dovrebbe temere è di non essere attuali. Essere contemporanei di se stessi non è un traguardo da raggiungere. È un dato di fatto a cui non si sfugge. · Oppure si dovrebbe parlare di "impegno". Impegno nel capire in che cosa consiste, di che cosa veramente è fatto questo presente é 1'attualità a cui si è chiamati. Ma la parola "impegno" . è a sua volta desueta o retorica: uno di quei termirii di cui fanno uso e abuso solo i politici ("l'impegno programmatico", ecc.). E le parole di cui abusano i politici sono svuotate di senso. Parole che neppure un giornalista userebbe più senza virgolette. E tuttavia per esercitare una qualche "critica militante" è necessario un certo "impegno". Un impegno tale, aggiungerei, .che quasi nessuno vuole più assumerselo. In effetti - può essere questo il mio punto di partenza - una critica letteraria militante non esiste più. Questo tipo di critica richiederebbe almeno l' assunzione di un costume o di un punto di vista critico non puramente occasionali su un'intera: società e sulla sua cultura. Un'idea dell'evoluzione e dell'involuzione letteraria. Qualche ipotesi sulla vitalità dei generi (romanzo, racconto, poesia, saggistica). Una valutazione del rapporto fra linguaggio letterario e sistema culturale, fra la propria letteratura e le altre. Richiederebbe, perché no?, una passione o un'etica militante, cioè un impegno: senso del futuro e del passato, promesse e mantenimento almeno parziale delle promesse. Ora, a quanto pare, mancano molte delle condizioni perché un'attività del genere risulti invitante, e forse neppure realizzabile. Scrivere poesie e romanzi può essere una vocazione anche notevolmente solitaria, il cui destinatario è un lettore ipotetico. La critica letteraria in senso lato (che include le riviste universitarie e i libri degli studiosi) ha già bisogno di un pubblico preciso per essere concepita: di un pubblico magari distante, o specializzato, o corporativo, o scolastico. La critica militante, poi, ha bisogno di qualcosa di più: richied(9 una società culturale e letteraria vitale e reattiva, anche conflittuale, in cui sia possibile l'uso dell'intera gamma del dialogo e della polemica, dalla discussione approfondita dei principi teorici e dei valori estetici fino alla satira: (e la satira intellettuale è un'arte che si fonda su una approfondita conoscenza dell'avversario, non è semplicemente, come molti credono, un "dire molto male di qualcuno"). li critico militante, cioè, ha /'.af..t: bisogno per esprimersi di un terreno che non sia fatto solo di pietre e di· sabbia. Deve avere un rapporto positivo almeno con il cinquanta pér cento della letteratura che in quel momento viene scritta nella propria lingua. Se il presente non lo soddisfa del tutto, può ipotizzare un futw-o letterario migliore. Se la società letteraria lo disgusta o lo annoia, deve poter pensare a lettori diversi. Un pubblico più ampio di quello degli "addetti ai lavori" (espressione giustamente squallida che definisce, in letteratura, qualcosa di altrettanto deprimente). O invece un pubblico più ristretto: composto da coloro che si ritengono lettori più esigenti ed esperti. Insomma, la critica letterària militante è forse più delicata di quanto si pensi. Per vivere ha bisogno di condizioni climatiche stabili, o viceversa di congiunture culturali molto dinamiche, distruttive e promettenti nello stesso tempo. Altrimenti viene sostituita da vegetazioni più adattabili e volgari. O da un magnifico apparato di inamovibili, brillanti, cadaverici fiori finti. Mi pento di essere stato così precipitoso nell'affermare che la critica militante non esiste più. Esiste, invece, in un modo o nell'altro, e comunque sempre in modo tale da soddisfare la maggioranza degli "addetti", dai quali e per i quali è scritta. In questo senso, si può dire che la critica militante esiste sempre. Tanto è vero che chiunque provi a negarlo viene sommerso dalle proteste di coloro per i quali: "niente allarmi, tutto continua come prima". Ad una evidenza di valore, secondo la quale la critica militante si può èonsiderare finita perché è mediamente troppo mediocre, si oppone sempre un'evidenza di fatto: secondo cui la critica militante esiste solo perché si scrivono una grande quantità di recensioni. Mai come oggi tanti supplementi letterari, infatti, tante riviste stracolme di articoli sui libri che escono. Se è vero che it mezzo privilegiato e più tipico della critica militante è stato tradizional-- mente l'articolo di giornale (più raramente il saggio lungo e il pamphlet), allora oggi la criticà militante senza dubbio esiste. O meglio, della critica militante esistono i rami e le foglie, ma manca l'albero, e anche i frutti sono scarsi. Nella storia dei fatti culturali succedono cose strane. A volte si verificano fenomeni surreali che nessuno nota. Corpi fluttuanti nel vuoto, tronchi a cui manca la testa, gambe ·staccate dal busto, 27

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==