IL CONTESTO accadde per molte di esse, e si potevano imporre i diritti dei lavoratori, al di fuori del movimento socialista. Quel che rimaneva specificamente socialista era l'enfasi sulla proprietà municipale e la nazionalizzazione vista come strumento di riforma e giustizia e, nei settori più militanti del Socialismo, la fiducia, radicata nell'esperienza, che la classe padronale non avrebbe ascoltato ragioni ed era incapace di comprendere qualsiasi linguaggio che non fosse la forza. Il socialismo, per lo meno negli Stati Uniti, è stato una reazione naturale all'avidità, la brutalità, l'arroganza della classe padronale. A dire il vero non c'è una sola classe padronale, ma tante, spesso in conflitto fra loro, un conflitto che potrebbe favorire le riforme; vi è poi la cosiddetta coscienza sociale, mai negata in generale dai socialisti, che potrebbe aiutare a raggiungere le riforme attraverso la propaganda. Se si fossero avute riforme sociali, ottenute non troppo lentamente, e se il sindacato avesse avuto diritti legali e riconosciuti che non fossero alla mercè del primo giudice, ci sarebbero stati molto meno motivi per l'esistenza di un movimento socialista. La strada per "evitare il socialismo" era molto semplice: la promulgazione di riforme sociali attese da tempo e dei diritti dei lavoratori.D'altro canto è evidente che se vengono negate o rinviate continuamente le riforme necessarie non ci potrà essere modo di "evitare il socialismo", se non attraverso il fascismo e il dispotismo. Io non ho rinnovato a lungo la tessera del Partito Socialista in parte perchè le riunioni socialiste erano dannatamente noiose, in parte perchè mi capitava di pensare a mondi più liberi e belli di quelli che sarebbero stati il frutto della nazionalizzazione dell'industria siderurgica. Ma quello Socialista era in qualche modo il mio partito, non· fosse altro perchè non si genufletteva rispettosamente e non ripeteva le parole d'ordine che gli venivano richieste. Credo si tratti di un'avversione religiosa al conformismo spirituale, che non implica mai certezza di successo ed è pronta anzi ad accettare una certezza di sconfitta per la durata dell'intera esistenza. Le radici del marxismo non vanno in profondità nel socialismo americano, se non per il Socialista Labour Party. Se per te era importante che Marx avesse promesso un paradiso prossimo non appena la lotta di classe si fosse trasformata in vittoria del proletariato, credo che tu fossi solo, nel gruppo di "Masses", a pensarla così. Gli altri non erano pronti, come tu suggerisci, a capovolgere l'ordine esistente sulla base dell' assicurazione che sarebbero entrati in un paradiso terrestre privo di conflitti. Non eravamo, in questo senso, marxisti. Nè credo che il mio vecchio amico Herman Simpson (che ha diretto un mensile marxista a cui ho contribuito) credesse a. cose simili (io, comunque, scrissi un articolo a favore della guerra per il suo giornale quando "Masses" era pacifista fino al collo.) Tu credevi in questa favola marxista, o almeno in questa parte della favola, mentre altri parassiti della rivoluzione più anziani e con più esperienza non lo credevano (Marx, naturalmente, contiene risposte per ogni tipo di socialisti, come la sacra Scrittura). L'altro punto di cui volevo parlarti è il seguente. Tu sei molto sdegnato che Rolland, Barbusse e Joe Freeman, tra gli altri, siano rimasti a lungo nel gregge sovietico dopo che tu l'avevi abbandonato. Sembri· credere che ogni persona generosa fosse giustificata per starci a lungo quanto te, mentre quelli che vi entrarono dopo o ci stettero più a lungo erano da condannare completamente. Non sei solo in questa autogiustificazione, che è un tratto abbastanza comune tra gli ex-comunisti. Per te sembra giustificabile aver adorato Lenin, e imperdonabile aver tollerato Stalin. C'è gente, Max, che ha abbandonato l'ovile prima di te, perché aveva già trovato nel regime sovietico sotto Lenin e Trotski tutti quei bruttissimi e sgradevoli aspetti che tu individuasti sotto Stalin. Questi ultimi ti avrebbero chiamato, e forse l'hanno fatto, un lacchè, un prete, ecc. Tu ricordi Bertrand Russell e gli dai una minima considerazione per aver cambiato idea così rapidamente. Il momento giusto era quello in cui tu cambiasti la tua idea. Cambiarla prima era frivola leggerezza, dopo servilismo ossequioso. Cromwell disse al Parlamento: "lo vi supplico, fratelli; in nome di Cristo, di credere possibile che voi vi possiate essere sbagliati". lo ti ripudio con lo stesso spirito. Tu ricordi, tra coloro che furono persuasi dai tuoi eloquenti articoli sul "Liberator" a impugnare la causa del comunismo, Whittaker Chambers. lo ne ricorderò un altro, Joe Freeman. Non fosti solo tu, che egli ammirava enormemente, a convincerlo; vi fui anch'io. Mi ha citato un pezzo che scrissi a proposito della ritrattazione di Russell. Mi ero 24 dimenticato quanto mi ero spinto avanti nella difesa della Russia sovietica, eppure è vero. Le mie parole - come anche le tue - erano una difesa in anticipo di Stalin. I motivi di lealtà al regime sovietico che trovammo erano straordinariamente ampi, Max. Servivano ad assolvere per crimini non ancora commessi. Giustificavano in anticipo Rolland e Barbusse. Nella misura in cui fornimmo quei motivi di lealtà al regime sovietico portiamo anche qualche responsabilità per il comportamento di gente che ci ammirava e che noi influenzavamo. Se le cose stanno così mi sembra maledettamente assurdo indicare la data in cui io smisi di trovare scuse per il regime sovietico come la data oltre la quale chiunque continuò a trovarne diventava un infame mascalzone. Anche nella morale cristiana vi è l'idea che il peccatore che si pente tardi verrà perdonato non meno fortemente del peccatore che si è pentito prima. La tolleranza non è una delle virtù con cui sono nato, ma è una di quelle che ho cercato di coltivare nel migliore dei modi. La generositàèvisibilmente assente nei tuoi richiami a Joe Freeman. Egli fu un propagandista della Russia Sovietica, come te. Egli, come te, fu ·nauseato dai crimini del regime staliniano. Se tu domandi, perchè stette così a lungo nel gregge? Perchè non ne è uscito prima? allora è legittima anche la domanda, perchè tu se.i rimasto così a lungo e non uscisti prima dallo stesso gregge? E perchè io elaborai giustificazioni per il regime sovietico così a lungo? Quanto al mio comportamento, avevo le mie ragioni, che ti potrò dire se la lettera non diventa maledettamente lunga. Non credo però che il mio comportamento costituisca il modello a cui si sarebbero dovuti ispirare i buoni e i saggi. Nè mi pare che costituisca un modello neppure il tuo comportamento. Sono stato contento quando chiunque capace di autonomia di giudizio ha rotto i legami con una fedeltà politica soffocante. Allo stesso modo non credo che tutti si debbano "pentire" di ogni sentimento generoso e umano, malgrado le follie a cui possono aver condotto. Ma se c'è un "momento giusto" in cui le persone per bene dovevano lasciare, allora credo che avrebbe dovuto essere prima. Tu, per esempio, avresti dovuto andartene insieme a Bertrand Rus·sell, se si dovesse applicare questo modello ideale. Conosco alcune delle ragioni che rendono difficile l'abbandono. Ma forse per ognuno il tempo giusto di andarsene è stato quanc,lo se ne ·sono andati davvero. Sebbene io non abbia fatto il propagandista sovietico tanto quanto tè, riconosco le mie responsabilità per aver dato alla gente ragioni di attesa, speranza, fiducia, che non mi danno la possibilità di biasimarla per aver preso sul serio i miei consigli. Non mi è stato possibile mantenere nei confronti dei destini della Russia sovietica un atteggiamento emotivo. Vi ho visto, in modo sconcertante e scoraggiante, il ripetersi della storia della rivoluzione francese. Le mie simpatie andavano a Trotski, ma non fino al punto di diventarne un propagandista, perchè ero abbastanza distaccato dall'ossessione sovietica da non sentire di dovermi identificare con uno dei protagonisti di questo dramma rivoluzionario. Fu il regime stalinista, in realtà, che mi suscitò un tal livello di amarezza e disgusto da non poter parlare della Russia sovietica senza maledirla, né conversare con un suo difensore senza apostrofarlo pazzo furioso. Non è che abbia imparato qualcosa di nuovo su quello che stava succedendo in Russia. È che ciò che avevo a lungo saputo aveva assunto nella mia mente una forma che mi alienava ogni simpatia per essa. Il mio obiettivo, comunque, era ancora quello di liberarmi dall'ossessione russo-sovietica. Avevo amato la Russia sovietica più di quanto supponessi, ora la odiavo. Ma non desideravo odiare più di quanto desiderassi amare, volevo preoccuparmi solo della mia attività di scrittore. La Depressione interruppe la mia carriera di scrittore e mi trasformò in funzionai-io del governo, dove fui trattato molto bene. Man mano che la nuova guerra mondiale si avvicinava pensavo alla Russia come un probabile alleato nella guerra che Hitler avrebbe scatenato. Il patto nazisovietico per me fu uno shock. È vero che l'Inghilterra e l'Italia fascista avevano stretto un patto per cui, sotto una pretesa neutralità, i fascisti vennero aiutati a rovesciare la Repubblica spasnola. È vero che il capitalismo americano aveva appoggiato Hitler. E vero che le nazioni democratiche stavano seguendo una strada di insana follia fondata sulla loro stupida fiducia che Hitler li stesse proteggendo dal comunismo. Era tutto vero, perciò perché mai fui colpito dallo stupido machiavellismo del governo sovietico? Comunque lo fui. Avevo ragione a credere che la Russia sarebbe stata nostra alleata nella guerra e provai un immenso debito di gratitudine per il popolo inglese e quello russo che resistettero contro Hitler nei lunghi anni in cui noi preparammo lentamente la nostra
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