Linea d'ombra - anno IX - n. 66 - dicembre 1991

IL CONTESTO dell'orientamento, dell'allevamento e degli insegnamenti sulla sopravvivenza della prole, sono identici; per la maggior parte degli esseri umani questi sforzi sono al.di là dell'immaginazione, ma grazie a esperti come Ian e Oria Douglas-Hami !ton, Cynthia Moss, Joyce Pool e e lan Redmond, i problemi e le soluzioni al comportamento del!' elefante sono resi più conwrensibili e tanto più toccanti in quanto noi stessi dobbiamo affrontare le stesse prove. Andare d'accordo con gli.amici, unirsi al potenziale compagno, tenere a bada i rivali e proteggere il proprio territorio sono preoccupazioni complesse e spesso sorprendenti. Piccolo o grande che sia il branco, i giovani mostrano rispetto per i vecchi e poiché le femmine proliferano secondo la gerarchia degli elefanti, la loro è· una società matriarcale, nella quale i piccoli non vengono mai abbandonati e dove si insegna loro come usare leproboscidi e ciascuno aspetta educatamente il proprio turno per bere o Ìnghiottire. I deboli non vengono abbandonati ma tenuti sotto controllo e aiutati. Le famiglie di elefanti giocano insieme e insieme piangono i loro dolori, ma gli elefanti sono anche creature piene di determinazione che camminano con passo leggero verso una meta ben precisa, che noi non sappiamo scorgere. Come noi sono esseri gregari; e accusano disturbi psicologici quando perdono il gruppo familiare. Uelefante è il più grande mammifero terrestre vivente. Un secolo fa il Continente Nero, come l'Africa veniva chiamata, ne ospitava dieci milioni. Oggi la specie viene decimata dai bracconieri. Nell'ultimo decennio il loro numero è stato dimezzato da un'ondata di stragi. La vera minaccia per l'estinzione.dell'elefante è costituita dalla vanità umana. Se ciascuno di noi rifiutasse di acquistarlo o indossarlo in qualsiasi foggia si presenti e se chiunque lo facesse fosse trattato come un paria, l'avorio perderebbe valore. Può sembrare una soluzione radicale ma ci - sembra un piccolo sacrificio in cambio di una creatura vivente, "il grande capolavoro della natura", come scrisse nel XVII secolo John Donne nel Progresso dell'anima. In quest'epoca di effetto serra, mentre il pericolo per la foresta pluviale, priva di protezione, diventa schiacciante, la manutenzione del pianeta Terra ha raggiunto il suo punto di massima crisi. Questo ci coinvolge tutti: la distruzione della foresta pluviale tropicale potrebbe .essere il più grande disastro biologico provocato dal genere umano. Quindi lo sradicamento di una intera specie è un'altra faccia della devastazione in atto e mette la situazione degli ultimi branchi di elefanti nelle nostre mani. Il vignettista Ralph Steadman ha scritto: "Se è vero che gli escrementi dei lama erano di grande interesse per gli Incas, adoratori del sole, che se ne servivano per trarre auspici per il futuro, allora non è difficile immaginare che in un'altra parte del mondo ci fossero uomini che credevano che la Terra appoggiasse sul dorso di quattro elefanti". Se ancora qualcuno ci èrede, farebbe bene a stare attento. Sebbene gli elefanti siano enormi, risulta problematico contare·i grandi pachidermi. Ci si è trovati d'accordo sul fatto che la popolazione elefantina nell'ultima decade si è ridotta, da un milione e trecento mila a seicentomila unità. Più precisamente, almeno finché il dottor Richard Leakey è stato al comando del Kenya Wildlife Services, questo significa che, secondo una stima prudente, ogni giorno sono stati uccisi da tre a quattro elefanti; un totale di 47 .000 unità sono finite sotto i colpi dei cacciatori di frodo. L'insegnamento di Platone secondo il quale il mondo ha una configurazione matematica, può in questo contesto risultare pertinente. Le cifre parlano da sole ..Facendo dei calcoli. in proiezione possiamo stabilire che per rimpiazzare queste perdite (tenendo conto dei 22 mesi di gestazione necessari a questa sfortun,ata creatura) l'Africa ha bisogno di 949.400 mesi. Diventa agghiacciante la constatazione che mentre si possono ripiantare gli alberi delle foreste, portare aiuti alle tribù colpite dalla carestia e, col tempo, respingere l'avanzata del deserto, quando l'ultimo elefante sarà perito per colpa dell'avorio, nessuno potrà farne nascere un altro. È giunto il momen(o per rivolgersi alla maestà della natura, per conservare ciò che valutiamo, rispettiamo e dichiariamo di amare, di difendere la bellezza vivente e ripromettersi di non calcolarne le possibilità di guadagno che portano al suo_sfruttamento attraverso uccisioni indiscriminate. Dobbiamo accettare il fatto che la razza umana è sulla Terra per condividerrie lo spazio. Il pianeta potrebbe aver raggiunto il punto di non ritorno, potrebbe essere arrivato il momento in cui, per la nostra sopravvivenza, abbiamo bisogno di tutti gli amici che 18 ci siamo fatti: dalle balene ai delfini, dalle foche.ai rinoceronti. Adesso anche gli elefanti si sono aggiunti alle specie minacciate e questo vuol dire che è ora di finirla con l'avorio. Non è una nÒvità che da almeno 5000 anni essere nati elefanti , maschi vuol dire essere considerati per le proprie zanne, essere preziosi per la lattea _luminescenza dell'avorio. La richiesta di avorio è antica quanto l'uomo e la varietà africana era considerata superiore a quella asiatica, sia come qualità sia come dimensione. Fino a un centinaio di anni fa l'avorio era una delle due principali merci d'esportazione, l'altra era quella degli schiavi, e il commercio illegale del!' avorio ha continuato a seguire le-antiche piste della tratta degli schiavi, esattamente come le armi e le munizioni sono statè vendute insieme ai sogni di gloria. L'avorio è stato intarsiato nei ripiani dei tavoli, e nei contorni delle serrature, sepolto sotto forma di pettine o bracciale accanto ai dignitari Egizi. È stato sgranato dal devoto - dalle monache inginocchiate in preghiera con i loro rosari - ed è presente nelle bacchette da cibo dei cinesi, nei sigilli, nei manici delle· spazzole, nei dadi per i giochi d'azzardo, nelle impugnature di pugnali che servono a uccidere e dei liuti us·atiper le serenate per non parlare poi dei tasti per i pianoforti. Miriadi di oggetti sono stati modellati dalle zanne dell'elefante eppure nessuno di quelli che li hanno posseduti si sarà soffermato a riflettere per un istante che anche per il più piccolo di quegli oggetti, per il minimo frammento di un intarsio, un elefante aveva dovuto morire. Negli anni Venti, i soli Stati {Jniti d'America richiedevano ogni anno 60.000 palle da biliardo. Tenendo conto che la più grande delle zanne non può rendere un pezzo di avorio più lungo di 75 cm., si potrà meglio apprezzare la più famosa opera dell'antichità creata dallo scultore Fidia, la cui statua di Atena era collocata nel Pai-tenone. I panneggi erano ricoperti d'oro, ma il volto e le braccia er_anoin avorio, connubio a lungo preferito dai Greci. Questi exploits artistici non solo resero l'avorio più richiesto ma fecero sospettare le possibilità che gli antichi greci avessero uno speciale sistema di lavorazione che permetteva di ottenere pezzi di avorio più grandi di quanto fosse normalmente possibile, sia pure da una zanna di elefante africano. Quest'ultima divenne più ricercata di quelle asiatiche: niente poteva sostituire l'avorio africano, superiore agli altri sotto tutti i punti di vista. Solo nel 1900 si riuscì a inventare un sostituto dell'avorio, creato espressamente per le, palle da bigliardo e conosciuto come Galalite. Costava poco, presentava le stesse caratteristiche dell'avorio ed ebbe un immediato successo perché poteva anche essere colorato; tuttavia il prodotto fu ben presto soppiantato dalla celluloide, la prima plastica moderna. Venti anni dopo venne inventato un nuovo composto di resina fenolica, ma la verità è che purtroppo mentre la maggioranza ne decretava la superiorità perché rendeva le palle da bigliardo più durevoli e meno propense a cambiar forma col passar del tempo, come succedeva a quelle d'avorio, i campioni di bigliardo ànnettevano maggior valore alle palle d'avorio e usavano solo quelle. I giocatori di bigliardo erano ciechi di fronte alla carneficina e al fatto che ciascuna delle perfette sfere che rotolavano sul tappeto verde fosse in origine appartenuta a un maestoso animale il quale aveva usato la zanna per scavare o per sollevare un elefantino: ogni palla che finiva in buca avrebbe dovuto rappresentare l'ossessionante memoria di una creatura che avrebbe potuto vivere almeno altri 70 anni. La gente comune, senza contare i collezionisti antiquari, non riusci va ad afferrare il concetto che la quantità di avorio disponibile non era inesauribile e i trafficanti pensavano solo alle fortune che si potevano fare, sicché l'indiscriminata distruzione procedette con spaventosa velocità. L'elefante veniva ucciso principalmente per l'avorio, ma la coda, la pelle, i piedi, e i peli erano anch'essi venduti con profitto contribuendo a una vera orgia distruttiva_ che procurava a ciascun cacciatore di frodo un ottimo guadagno. Quando si rifletta sul metodo usato per ottenere gli oggetti fabbricati con le varie parti dell'animale, si converrà che nessuno di essi è di vitale necessità né il loro possesso è qualcosa di cui andare orgogliosi. Eppure decine di migliaia di elefanti sono stati brutalmente uccisi per tali trofei, spesso in circostanze atroci, e la conse·guente morte di elefantini orfani aumenta di un terzo le cifre. Il 78% circa viene ucciso al di fuori dei parchi, e il 56% al loro interno. Questo olocausto n_elmaggio del 1989 ha fatto sì che in alcune zone restasse un solo maschio per 99 femmine. Muoiono impalati in trappole, in lente agonie che durano giorni e giorni, o sono uccisi da frecce

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