non configurano un rapporto analogo a quello della "bustarella"?); mentre nel settore pubblico avviene a priori e sulla base della rispondenza alla norma, non del risultato ottenuto. La pubblica amministrazione, naturalmente, a differenza del settore privato, deve rispondere del suo operato in due diverse direzioni: verso il cittadino singolo e verso la collettività: Un' autorizzazione edilizia, ad esempio, non è solo un servizio al cittadino ma anche un controllo sul territorio esercitato a nome della collettività. La "clientela" esiste fin dal mondo antico: oggi sembra prevalere - in sintonia col climà ideologico e culturale dominante - la figura del cittadino come cliente rispetto a quella della collettività nel suo insieme. Le contraddizioni insanabili, o almeno difficilmente componibili, non sono solo quelle tra norme esistenti e atteggiamento morale medio prevalente o tra una spinta oggetti va (e probabilmente giusta) alla privatizzazione e la necessità di tutelare la collettività. Un'altra contraddizione "forté", nella pubblica amministrazione, è quella che esiste tra il bisogno di garantismo e trasparenza e la richiesta di rapidità ed efficacia. A Milano le forze politiche della sinistra (da anni responsabili del malcostume e del degrado cittadino) si sono fatte paladine del garantismo, della trasparenza delle procedure, dell'accesso pubblico a tutti gli atti. Lodevole intenzione, che si è peraltro fermata alle parole o alla lettera della legge. In pratica è proprio dai politici che continuamente si chiede - in nome di un minimo di efficienza - di disattendere i principi che si è clamorosamente promesso di far trionfare_. Queste osservazioni non vogliono proporre alcuna soluzione, ma solo sottolineare l'urgenza di affrontare la complessità dei problemi al di fuori di scherni moralistici o ideologici. Nella pubblica amministrazione vengono al pettine i nodi del ~apporto tra cittadini/ funzionari/ politici e dell'interesse di ognuna di queste tre entità con il più generale bene collettivo. Il cittadino, il funzionario e il politico sono portatori, rispetto alla pubblica amministrazione, · IL CONTESTO di interessi diversi e spesso contraddittori. Basti pensare ai diversi atteggiamenti legati al rapporto col "tempo". I tempi della burocrazia non sono quelli dei cittadini, ma neppure quelli dei politici (il tempo del cittadino è "quotidiano", quello del politico è legato alla durata del suo mandato, il burocrate è, per così dire, senza tempo). E' anche dallo sfasamento tra queste tre esigenze temporali e il conseguente compromesso che spesso si costituiscono i favori, gli abusi, le corruzioni. Bisognerà dunque scrivere, o riscrivere quando esistono, le regole della pubblica amministrazione. Facendo attenzione alle contraddizitmi sopra indicate, anche se sarà impossibile risolverle tutte. L'importante è la consapevolezza del tasso di ingiustizia che necessariamente le accompagnerà, ponendo fine alle illusioni universalistiche di un preteso stato di diritto sempre più inesistente alla prova dei fatti. Queste regole di .funzionamento non possono prendere per buone, cioè come reali e prescrittive, le illusioni costituzionali sull'uguaglianza e sul diritto di tutti ad avere casa, istruzione, salute, giustizia (in una parola "felicità", come osavano affermare con più coerenza i giacobini). Occorre, probabilme;1te, introdurre un sistema di differenziazione capace di adeguare i princìpi a realtà differenti. E, certamente, introdurre la prassi della responsabilità diretta, del controllo, della verifica e del premio/punizione rispetto ai risultati. Solo una discussione concreta sulle regole della pubblica amministrazione potrà far fare un salto di qualità ai discorsi astratti e inconcludenti sulla moralizzazione (quasi fosse solo questione di uomini; la storia insegna che sono soprattutto il ruolo e le norme a decidere dell'onestà) o sulla necessità di saivaguardare e rafforzare lo stato di diritto (ormai diventato un'astrazione ideologica alla pari di molti altri ideali che sono stati abbandonati proprio a favore della maggiore "concretezza" che lo stato di diritto sembrava rappresentare). Un appello per l'elefante africano Erro[ Trzebinski traduzione di Pinuccia Ferrari L'elefante riprodotto a lato, dipinto su una roccia in un punto del deserto orientale più di 8.000 anni fa, ha una sagoma così familiare che potrebbe facilmente essere stato disegnato ai nostri giorni con un pennarello èla un bambino della prima elementare. A memoria d'uomo non è mai stato necessario intraprendere un safari in Africa per essere in grado di riconoscere quella consolante silhouette: Molti adulti le saranno stati presentati attraverso l'alfabeto: E sta per elefante, sia su quel gioco per imparare l'alfabeto formato da tanti cubi, sia sui classici sillabari illustrati. Risulta quindi ancora più triste che oggi quella E sia l'iniziale della parola: estinzione. L'elefante africano è una specie ferma sull'orlo di un abisso. Fra 11 anni il Loxodonta africana è destinato a diventare leggendario come il dodo. Chiunque abbia avuto il privilegio di sostare nel grandioso paesaggio ai piedi del Kilimangiaro, non dimenticherà la visione degli elefanti che vanno ad abbeverarsi al tramonto, e, mentre cala il sole, ogni cespuglio, ogni albero, ogni formicaio, ogni roccia e il branco stesso sono avvolti dalla luce scarlatta del giorno che finisce. La maestosità di quegli idoli granitici mentre marciano quietamente e serenamente verso la loro destinazione diventa un'immagine fissata per sempre nella nostra mente. Igiganti africani, minacciati d'estinzione, così gentili e intelligenti, rappresentano il simbolo stesso della libertà. Una volta visti nel loro habitat naturale, diventa impossibile non considerare gli oggetti d·avorio come manufatti insanguinati, considerando iImodo in cui l'avorio è stato procurato. Ed è altresì impossibile contemplare i branchi in diminuzione senza sentire un senso di vergogna. Normalmente è sconsigliabile paragonare le ramificazioni del comportamento animale a quelle dell'uomo, tuttavia è accertato che gli stadi dello sviluppo dell'elefante combaciano con i nostri, e questo rende impossibile ignorare che la vita - un affare sempre rischioso_,sempre fatale - cammina in ordine cronologico parallelo. Gli elefanti partoriscono dei cuccioli ogni quattro o cinque anni. (Ogni cucciolo continua ad allattarsi finché è nato il nuovo cucciolo.) Tutte le tecniche e gli stratagemmi messi in atto dall'elefante allo stato brado per superare i problemi dell'approvvigionamento del cibo, 17
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