Linea d'ombra - anno IX - n. 66 - dicembre 1991

ILCONTESTO Questione morale e pubblica amministrazione Stefania e Marcello Flores Si dice, sempre più spesso, che la mafia si è ormai diffusa dovunque, anche se al nord con caratteristiche diverse da quelle delle regioni d'origine. Su questo aspetto del problema, cioè la pervasività della criminalità organizzata, si aspettano ancorà studi significati vi. Per lo più, tuttavia,· si parla ormai comunemente di mafia come sinonimo di corruzione. I casi scoppiati ultimamente a Milano, ad esempio, sembrano appartenere più alla storia della corruzione che a quella della mafia; anche se non è da escludere un legam~ tra i due aspetti, come darebbe a intendere l'intitolazione "Duomo connection" del penultimo degli scandali che hanno colpito la capitale morale. L'ultimo caso, invece, sembra appartenere a pieno titolo alla storia antica della corruzione. Di fronte al cinico realismo del sindaco Pillitteri ("c'è sempre stata e ci sarà ancora") o al moralismo indignato di Bassanini (immemore che il suo partito sia pienamente corresponsabile della cosa pubblica milanese da tempi ormai lontani), i cittadini sembrano rivolgere sempre più la loro simpatia politica verso la Lega lombarda, come testimonia un recentissimo sondaggio. I partiti, pur con diverse responsabilità, sono visti dall' opinione pubblica come un veicolo inevitabile di corruzione, la cui grandezza è proporzionale ai luoghi del potere che hanno occupato e alla durata del loro insediamento. La moralità individuale dei singoli esponenti di partito non sembra inficiare questa regola generale (che alcuni, maggiormente portati alla statistica, così sintetizzano: il 30% dei politici ruba consapevolmente, il 30% ruba pensando di non rubare, il 30% vede ma tace, il 10%fa finta di non accorgersene). La corruzione della vita politica è insita alla politica stessa: è così dovunque (in Germania e in Giappone, negli Usa e nell'Urss, in Inghilterra e in Israele), e in Italia è stato così dall'indomani stesso dell'Unità del paese. Molti sono convinti che occorre prenderne atto, regolamentare la corruzione (dividendo tra lobby regolari e lobby illegali) e pretendere che in cambio dell'inevitabile corruzione ci sia almeno un po' di efficienza. L'immagine più diffusa della corruzione è quella che vede nei partiti il luogo in cui essa avviene e nella società civile la vittima, Sedutq del consiglio comunale milanese, in uno foto di Claudio Testa !De Bellis) magari un po' stolta e ingenua, della medesima. Quando, come nel caso milanese, sono impiegati pubblici ad essere colti con le mani nel sacco, ci si indigna proprio perchè si ritiene che la corruzione partitica sia così forte da aver ormai contagiato l'intera amministrazione pubblica. Verrebbe quasi da dire che la corruzione dell' amministrazione pubblica sta alla corruzione dei partiti come l'illegalità dei partiti sta a quella della mafia, con ciò stabilendo gerarchie e ordini di grandezza abbastanza generici e tuttavia significativi. Il numero dei cittadini che lavora per lo stato, nelle sue articolazioni, è altissimo; mentre è la totalità dei cittadini che utilizza i servizi pubblici.ed ha con questi un rapporto quotidiano. La moralità dell'apparato statale, allora, assume un'importanza decisiva per tutti, analoga o addirittura maggiore di quella della sfera politico-partitica. La questione morale nell'apparato statale e nell'amministrazione pubblica, tuttavia, è qualcosa dipiù complesso che dividere gli onesti dai disonesti e magari dai tiepidi. Non basterebbe nemmeno, insomma, far sì che siano i primi acontrollare i secondi, se pur fosse realizzabile una simile ipotesi. L'illegalità, infatti, è un momento nella normale attività della pubblica amministrazione; un momento che si può isolare e descrivere, ma che è difficile separare dalla normalità stessa, dal funzionamento ordinario dell'apparato statale.L'illegalità, insomma, può esistere perchè è il momento conclusivo - o esemplare, se si preferisce- di un modo di lavorare (di un clima, di una mentalità, di una tradizione) dove i comportamenti illegali sono sempre più vissuti, almeno da una parte .consistente dei dipendenti pubblici (ma forse, sia pure con invidia, da tutti i cittadini), come normali. Prima della corruzione, ma in linea contigua con essa, difficile da separare nettamente, vi sono l'abuso e lo scambio di favori. Chi non ha mai chiesto di poter far entrare il figlio all'asilo, o il parente all'ospedale, grazie a un "favore" (che evidentemente si pensa di dover/poter ricambiare)? Questa pratica sempre più diffusa - e necessaria per il malfunzionamento dei sistemi pubblici - fa abbassare drasticamente, nella coscienza collettiva e nell'opinione pubblica, il giudizio etico sulla corruzione. La condanna morale dell'abuso e della corruzione si è indebolita, non fosse altro perchè si è constatato che reprimere l'abuso è faticoso, gravoso e inconcludente (oltre che difficile da dimostrare). Per amore della tranquillità (ma a volte anche dell'efficienza) si è preferito chiudere un occhio, quando non tutti e due. Nello stesso tempo, però, la concezione giuridica della corruzione è rimasta sostanzialmente invariata, allargando lo scarto tra norma e sua legittimazione sociale e culturale. Le strade possibili sembrano solo due, entrambe di difficile applicazione: o ricreare la moralità, o adeguare le norme alla morale corrente (che però viene ufficialmente negata). In pratica una sorta di deregolamentazione e depenalizzazione è già avvenuta, come è già avvenuto, anche se non in modo coerente e definitivo, un adeguamento della legge alla "corruzione diffusa" e alla scarsa sanzione morale che essa provoca tra i cittadini. I continui condoni, le leggi basate sul silenzio-assenso cos'altro sono, infatti? E' una deregolamentazione, inoltre, che avviene in forrrie che prevedono e permettono una ulteriore discrezionalità, facilitando nuove "trattative" tra cittadini e funzionari. ••

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