IL CONTESTO pazienti legati a macchinari medici per-mancanza di ricambi o d'elettricità. Non si trovava benzina e bande di ragazzini s'erano specializzate a sottrarla dai serbatoi delle auto con gomme e cannucce. Così veniva conservata in taniche sui balconi e se ne versava solo il minimo indispensabile per piccoli spostamenti • d'emergenza. Con la liberalizzazione dei prezzi energetici dall'inizio di giugno, la benzina ora si trova; ma a un prezzo· mediamente troppo caro per un bulgaro, cosicché il traffico è ridotto a poca cosa. Si tratta soprattutto di taxi privati, sgangherati e costosissimi. Circola una barzelletta sui distributori di benzina, secondo la quale ognuno dovrebbe essere fornito in pianta stabile di un medico e un poliziotto: il medico nel caso che all'automobilista venga un collasso vista la cifra da pagare, il poliziotto nel caso che il collasso non gli venga, perché allora vuol dire che i soldi li ha certamente rubati. La gente discute, prega, impreca, si raduna, mette le auto inutilizzabili sui marciapiedi e allestisce nei garages negozietti di vestiti dozzinali pieni di scritte in inglese e merci di bassa qualità comprate per lo più in Turchia (lstambul, per ironia della storia, viene decantata come una specie di porta di servizio dell' occidente e ogni fine settimana i suoi bazar sono visitati da carovane di bulgari): caffé imbevibile, dubitoso cioccolato, cassette pirata, whisky siriano e brandy maltese, ma anche biro, carta igienica e detersivi. Si chiamano naturalmente Boutique o Drugstore, come nei film. Nelle maggiori città si sono fatti vivi commercianti greci, turchi e italiani, spesso per rifilar autentiche fregature agli sprovveduti yuppies bulgari. Guardie e ladri, emigranti e soldati Non ha pochi grattacapi nemrrieno il neoministr~ degli interni Jordan Sokolov. Furti e violenze sono aumentati considerevolmente. La presenza della polizia (che prima si chiamava milicija, mentre ora fa policija : speriamo che il cambiamento non si riduca a questo), travagliata da suoi problemi, è lto relativa, specie se paragonata alla capillarità precedente. La gente non è a~ituata e fanno periodicamente scalpore casi di stupri, morti per overdòse o accoltellamenti, senza parlare delle prodezze acrobatiche degli inafferrabili zingari (in Bulgaria ne vivono circa mezzo milione). Il miraggio universale sembra essere l'emigrazione, possibilmente verso gli Usa: anche se mancano stime attendibili, sembra siano già partite alcune centinaia di migliaia di bulgari. I riluttanti vanno a lavorare come braccianti stagionali nella Grecia del Nord, qualcuno insegue una borsa di studio o l'aiuto di un parente, ma i più sono disposti ad andare dovunque si accolgano immigranti: in Israele, in Canada, in Estremo Oriente, in Sudafrica. C'è chi lo considera un fatto fisiologico in ogni nazione, chi teme un'emorragia di specialisti, chi aggiunge la fuga dei giovani e il diffondersi della microcriminalità alla lista già lunghissima delle colpe di un quarantennio d'ottusa oppressione. Compito delicato anche quello di Dimitar Ludzev, alla difesa. Il colpo di stato in URSS di quest'estate ha fatto prendere un bello spavento anche ai bulgari, benché tutti-fossero convinti.dell'irreversibilità del processo di democratizzazione. Per la Bulgaria, l'URSS è sempre stato un vicino molto scomodo. "E' come dormire accanto a un orso" dice lo scrittore Jordan Radickov. "Basta che si giri nel sonno per grattarsi la schiena e ti schiaécia". I militari restano sempre un'incognita e bisognerà vedere se la Bulgaria saprà imboccare la strada del disarmo o vezzeggerà la propria non indifferente industria bellica. Ne ho parlato col tenente colonnello Petko Jotov, direttore del Museo Storico Militare di Sofia e grande esperto delle numerose e in genere sfortunate guerre combattute dal suo paese dopo l'Indipendenza. Gli ho chiesto s~ l'assenza in Bulgaria di reggimenti sovietici 12 Filip Dimitrov, leader dell'Unione delle Fo,ze Democratiche e presidente del Consiglio dei minist_ribulgaro (foto di Danilo Manero). dipendesse dalla fiducia di Mosca, che non considerava i bulgari pericolosi. Mi ha risposto che ufficialmente sì, ma non bisogna dimenticare che i sovietici avrebbero comunque potu-. to arrivare qui in pochissimo tempo e senza ostacoli, via terrà, mare e cielo. Quanto al ruolo del1'esercito nell'attuale transizione, mi ha detto: "Ho insegnato storia militare per vent'anni e conosco personalmente la maggior parte degli ufficiali dell'armata. Posso assicurarle che non spareremmo mai contro il nostro popolo. Qui ci sono molte barzellette pepate sui poliziotti, ma nessuna sui soldati. La · gente confida in noi: non abbiamo tradizioni golpiste e ci dibattiamo, in quanto cittadini, negli stessi problemi economici di tutti". Sorrideva dietro i suoi grandi mustacchi e fa piacere credergli: che tra i tanti guai, ai bulgari non tocchi anche questo! In Bulgaria non c'è il mosaico etnico della Jugoslavia, ma siamo pur sempre nei Balcani, terra di incroci, e la minoranza turca di questo paese ne ha viste di tutti i colori sotto Zivkov. Allarme ecologico Come in tutto l'est europeo, anche in Bulgaria l'ambiente è inquinatissimo. Ne ho parlato con Petar Slabakov, uno dei fondatori di "Ekoglasnost", movimento nato nel febbraio 1989 e poi confluito nella SDS. Gli ho chiesto qualche esempio concreto dell'azione dei verdi. Ha risposto: "Ci siamo opposti a un progetto che voleva deviare il corso del fiume Mesta, devastando l'ambiente e il paesaggio del massiccio montuoso di Rila, poi alla costruzione di una seconda centrale atomica sull'isoletta danubiana di Belene. Stiamo anche facendo una campagna per il controllo e la riduzione del trattamento di scorie nucleari perché c'è chi vorrebbe scaricare qui tutto il pattume nucleare d'Europa. Siamo costantemente presenti a Ruse, dove non si respira a causa delle industrie chimiche di Giurgiu, la città rumena posta sull' altra riva del Danubio. L'aria è acida, satura di cloro: se si stende il bucato nella notte, al mattino è pieno di buchi. La popolazione soffre di malattie polmonari due o tre volte più della media. I rumeni controbattono che la nostra centrale atomica di Kozloduj, sempre sul Danubio, è una bomba ad orologeria. In effetti non ha sistemi di sicurezza adeguati e subisce continue avarie; basterebbe un errore a contaminare tutta la penisola balcanica e oltre. Una commissione internazionale ne ha chiesto la chiusura e i nostri giornali hanno titolato: O la catastrofe ecologica' o quella economica, perché Kozloduj produce il 40% dell'energia elettrica che utilizziamo. La scelta è tra revisionare uno ad uno i reattori, oppure fermarli, anche se ciò comporterebbe orrori d'altro tipo: per esempio le nostre aziende d'allevamento vedrebbero stragi di bovini e ovini, che peraltro già avvengono per mancanza di
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