Linea d'ombra - anno IX - n. 66 - dicembre 1991

cui si era basata la campagna del Forum, santificando ovunque l'intervento di capitali stranieri col risultato di svendere a prezzi ridicoli interni settori di un'economia industriale che solo pochi anni fa era la settima in Europa, di distruggere alla radice l' organizzazione cooperativa dell'agricoltura, considerata dagli organismi internazionali della Fao e dell'Onu fra le meglio produttive e organizzate del mondo. Un abbraccio all'Occidente (un Occidente più ideale che reale, peraltro) tanto estremo da imbarazzare, se condotto sotto la guida dell'uomo che, nel criticare il socialismo reale seriveva: "il grigiore e lo squallore della vita nel sistema posttotalitario non sono proprio la caricatura della vita moderna in genere e non siamo noi in realtà una specie di memento per l'Occidente, che gli svela il suo latente orientamento?" (Il potere senza potere, trad. it., p. 28). E che dire del proliferare incontrollato di un vero e proprio· sottobosco governativo impegnato nel patteggiamento di cariche, appalti e privilegi al limite del lecito, in collusione con organizzazioni in odore di mafia, favorito dal governo con politiche sociali e manovre fiscali nel tentativo di creare nuovi ceti sociali privilegiati in grado di dar sostegno a un potere che va perdendo la sua popolarità presso chi (come peraltro la maggioranza dei cittadini di qualunque paese occidentale) vive del proprio stipendio piuttosto che di imprenditoria? Vi si ricicla la massa intramontabile dei magnati del cambio nero di valuta, parte consistente di quella nuova fascia "di successo" che il governo tenta di allettare. Suonano querule a questo punto le grida di allarme di Havel contro la mafia e il malcostume. Ci si può chiedere quanti anni può durare ancora l'efficacia del continuo confronto col passato come fonte di credibilità e strumento di consolidamento del consenso. Lo stesso Havel, che più efficacemente di tanti ha denunciato la funzione dell'ideologia come cemento del totalitarismo, come risposta alla sfida della complessità che la società lancia ogni giorno al potere politico, non sfugge all'uso strumentale dei vessilli anticomunisti per togliere mordente a ogni istanza critica. È il caso della legge sull'epurazione, ma anche e soprattutto del comportamento governativo centrale nei confronti della tensione nazionalistica in Slovacchia: a un governo nazionale impegnato a contenere le spinte revansciste e fascistoidi dei movimenti nazionalisti che esprimeva uria forte critica alla politica economica del centro federale, si è risposto con una campagna che accusava i rappresentanti del movimento 'Opinione pubblica contro la violenza' (alter ego slovacco del Forum al tempo delle elezioni) di connivenza con la destra nazista prima, e di un complotto golpista poi, volto all'annessione della Slovacchia all'Unione sovietica; su pressione governativa e dello stesso Havel l'assemblea nazionale slovacca ha destituito il presidente Vladimir Meciar e iI suo intero staff, sostituendolo con il democristiano Jan Camogursky, ritenuto politicamente più affidabile. Le prime sortite pubbliche di Camogursky sono parse a molti improntate alla legittimazione dell'unica esperienza storica di stato slovacco, il protettorato filonazista di monsignor Tiso, e alla limitazione dell'autonomia delle minoranze etniche sparse sul territorio slovacco. È difficile correre incontro a un'Europa occidentale che fornisce appoggio e credibilità a tutti i nazionalismi orientali, dall'Urss alla Jugoslavia e, contemporaneamente, porre un freno alla marea slovacca; ma è ancora più difficile pensare che questo rischioso equilibrio possa essere, garantito a lungo dall'ideologia o dal comune rigetto per il passato socialista. Se le modalità dell'occupazione del potere politico, l'uso spregiudicato dell'ideologia, la lotta politica condotta con i dossier, la delusione sistematica delle attese elettorali e la riduzione dei meccanismi di controllo della società civile sulla società politica richiamano alla mente più la prassi del parti~comunista cecosloIL CONTESTO vacco al potere che non le moderne democrazie occidentali, vien voglia di sostenere, magari solo per amor di polemica, che lo stato del presidente Havel, contro le sue intenzioni forse, più che ai due modelli storici che costituiscono l'ineguagliabile patrimonio di elaborazione democratica della società politica cecoslovacca (la prima repubblica di Tomas G. Masaryk dal 1918 al 1938 e la cosiddetta Primavera di Praga), viene ad assomigliare - nella prassi e nella psicologia se non nell'organizzazione statuale - proprio al regime da esso abbattuto. Eppure proprio quei modelli storici costituiscono il presupposto del pensiero sociale di Havel: l'attenzione per il movimento "inteso come partito invisibile che abbraccia tutto il popolo e ne realizza gli ideali sociali e nazìonali" (la citazione è tratta dal bel saggio dj Francesco Leoncini) a scapito dei partiti è in Masaryk e, nel descrivere. la potenzialità politica della "vita nella verità", Havel scrive: "il punto di partenza dell'azione di questi movimenti verso fuori è sempre e soprattutto 1 'azione sulla società (e non direttamente e subito sulla struttura del potere in quanto tale) (...)Quindi questo movimento agisce sempre sulla struttura del potere in quanto tale solo indirettamente, in quanto parte della società( ...) Un altro stadio - più elevato - è quello della differenziazione interna delle strutture ufficiali. Queste strutture si aprono a forme più omeno istituzionalizzate di pluralismo quale imperativo naturale delle intenzioni reali della vita (...); A questa differenziazione resa possibile dalle iniziative "dal basso" si collegano direttamente la nascita e la costituzione di strutture nuove che sono chiaramente parallele, cioè indipendenti, ma che le strutture ufficiali in diversa misura rispettano o almeno tollerano. Questi organismi non.derivano più dall'adattamento delle strutture ufficiali ai bisogni della vita, ma ne sono già una diretta espressione che ottiene una collocazione rispondente nel contesto dell' esistente. Si tratta già quindi di una manifestazione reale di "auto organizzazione" della società( ...). L'ultima fase di questo processo è la situazione in cui le strutture ufficiali avvizziscono, si sfaldano e si estinguono e così nello spazio dove esse svolgevano la loro attività subentrano strutture nuove, nate "dal basso" e costituite in modo sostanzialmente diverso." (Il potere dei senza potere, trad. it., pp. 83 e sgg.). Havel dichiara poche righe dopo di non aver fatto altro che descrivere il processo storico del nuovo corso fra il 1963 e il 1968. Resta questa la più chiara esemplificazione data dal presidente della sua idea di articolazione politica e sociale della "vita nella verità". Allora è proprio la Cecoslovacchia attuale la realizzazione conseguente e necessaria del trionfo politico della moralità (non si può non pensare in questi termini l'ascesa al potere di Vaclav Havel)? Vale la pena di gettare un'occhiata al pensiero di Havel, così com'è esposto nel Potere dei senza potere: è un pensiero essenzialmente prepolitico, fondato su una concezione morale e spirituale dell'esistenza; non è né pretende di essere un pensiero originale, semmai un'elaborazione di temi masarykiani int~grati con una lucida riflessione sull'esperienza politica degli ultimi cinquant'anni; Havel non ·è un filosofo o un politologo, ma un uomo di altissimo profilo morale che intende offrire una sorta di manifesto dell'approccio non tecnico alla politica, basato su una tensione alla "verità" che è desiderio di libertà e giustizia, su valori come fiducia, coerenza, responsabilità, solidarietà. Credo si possa sostenere che il suo.pensiero costituisce un riferimento ideale per chiunque si collochi in contrasto con un potere politico, anche in Occidente. Le ragioni del fallimento (è difficile non chiamarlo così) nel confronto fra quella tensione etica e il dominio della macchinapesante dell'amministrazione politica seillbrano chiamare in causa, però, proprio il carattere eminentemente prepolitico delle categorie impiegate da Havel. Un nodo è forse nella sua critica al 9

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