"Howard è un tipo interessante", dice lei freddamente. "Come artista, ha davvero una mente molto aperta." Al che io, che con gli anni sto diventando protettiva e mi incazzo facilmente, le dico: "Howard è il fidanzato di mia mamma ed è anche il suo amante fisso." "Sì, lo so." "E allora lascialo stare. Per favore Nadia, cerca di capire.'' "Di che cosa mi stai accusando? Una come te, poi.'.' Non mi piace troppo sta faccenda dell' "una come te, poi", ma comunque state un po' a sentire: "Pensavo che voi, gente evoluta d'Occidente,'foste per il libero rapporto tra i sessi." "Certo, e come no! Tanto è vero ·che ci rapportiamo in continuazione." Che problerna c'e allora, Nina?" "È lui", le spiego con abile mossa. "Howard è un tipo pieno di debolezze. Gli basta sentire una parola carina da una donna per credere che quella se lo vuole portare a letto. Se poi le parole carine sono due, allora si sente come l'unico uomo sulla terrà. È una forma di malattia mentale, una fissazione. Se io fossi in te, non mi andrei a incasinare con quel fissato." Ben detto! Qualche giorno dopo. Eccomi mentre, con fare ciondolante, vado da Howard. Quel buco di casa, o "calzino bucato" come la chiama lui volendo dire che è un po' più grande, è in un edificio di mattoni rossi, con imponenti corridoi in legno di quercia, che fanno tanto scuola privata, dalle parti di Kensington High Street. A casa da noi, le cose da quel giorno sono andate peggiorando. Nadia sta sempre chiusa in camera sua, o al massimo va a scatticchiare foto alla "storia" con quella sua macchinetta. Mamma partecipa a tutte le riunioni di cui ha notizia. E io, quanto prima, finirò col riattaccarmi alle vene. Detto fra noi, vi ho appena fatto un favore. Infatti avrei potuto descrivervi ogni minuto del tempo che abbiamo· passato con l'eroico Howard a guardarne, in videocassetta, tutta l' oeuvre (che io ero convinta avesse qualcosa a che fare con l'uovo, magari alla coque). E invece no: ecco che vi offro subito i bocconi migliori. Loro sono lì, di fronte a me, Howard e Nadia, seduti uno accanto all'altra, distanti quanto basta per respirare, e tutti presi dalla nuova sceneggiatura. Stamattina presto siamo andate a fare spese a Covent Garden: Nadia voleva avere un consiglio sui vestiti da comprare. E così, abbiamo preso un paio di giacche eleganti a quadri, decisamente da città, fatte di una bella lana bianca e marrone, e una con la cinta di pelle nera stretta in vita; poi una gonna èorta con delle strisce colorate, e un dolcevita di seta bianco; più uno scatolino nero di quelli per le pillole, un paio di guanti di pelle scamosciata e delle scarpe alte. Se c'era qualcosa che le piaceva, e che proprio voleva, entrava nel negozio e se la comprava. Ah, i ricchi! A me ha comprato una giacca di lino. Forse sto sospirando troppo: mi fanno degli sguardi piuttosto seccati.· "Nadia posso portarla a casa io, se vuoi", mi dice a un tr.atto Howard. STORIE/KUREISHI "Di mia sorella mi occupo io", rispondo. "Ora però esco a fare due passi. Non so quando torno". E così me ne sono andata passeggiando verso un caffè a Rotting Hill. Ho attraversato Holland Park passando accanto al Palazzo del Commonwealth (o l'Angolo dei Negri come lo chiamavamo noi) dove una volta, durante una gita scolastica, ho pisciato _dentroa un cestino della carta straccia. Camminando ho in.contrato qualche tata moderna - ragazze come me, con i capelli tinti di nero, che portavano a passeggio cani e bambini. Il parco è pieno di gente: ragazzini alla moda della scuola di Holland Park che fumavano seduti sull'erba, dei tipi neri con grossi muscoli e capelli a spazzola, giovani yuppies che si tirano frisbees e roba varia, e ragazzi bianchi che ascoltano Prince e Madonna. Ho notato pure qualche ladruncolo di merda che batteva la zona con occhio vigile, e poi, come al solito qui a Londra, scrocconi, rimorchianti e scansafatiche vari in attesa del sussidio di disoccupazione. Io mi sento distaccata da tùtto, e così, passando per il viale delimitato dai fiori alla fine del parco, sono arrivata lì dove c'è sempre la folla di checche in attesa di fottere. Sul muro c'è scritto: "La solidarietà tra omosessuali è solidarietà di classe." Fuori dal caffè c'è un furgoncino della polizia con le grate ai finestrini, pieno di piccoli bastardi che ridacchiavano con gli elmetti in mano. È uno spettacolo che si vede spesso da quelle parti ma oggi le strade sono particolarmente tranquille. Passando accanto a una donna poliziotto asiatica, che vedendomi mi ha salutato, le ho _dettoa bassa voce: "Ruffiana di merda", e poi sono entrata nel caffè. Dentro, all'inizio c'era l'ultimo calipso e poi hanno messo il nuovo disco di Eric Satie. Così sono andata a sedermi e un Rasta bianco se n'è venuto al mio tavolo e mi ha pagato il tè. Ho prèso pure della carne condita con della salsa piccante e formaggio grattugiato più una patata arrosto, seguita da un'insalata di pomodori e un dolce polacco. Intanto lì dentro stavano tutti buoni buoni: era per quei bastardi di fuori che .c'era tanto nervosismo. "Ma che gentile questo Rasta. Anzi, gentilissimo", penso a un certo punto sentendo che mi prende la mano sotto al tavolo e ci lascia cadere dentro qualcosa - un tocco di roba incartata con la stagnola che sembra un cioccolatino. ''Ehi, ne vorrei comprare un po' dista' roba", gli dico mentre ci avvolgo sopra le narici tutte inebriate .. "Senti dolcezza, questa è tutta quella che ho", fa lui. "Prendi tela. Il mio ultimo boccone", e se ne va. Io allora lo guardo andare via, e mentre attraversa la strada con quei suoi vestiti da negozio dell'usato e quei capelli che gli schizzano dalla testa come le molle di Un materasso, vedo che i poliziotti scendono dal furgoncino e lo fermano. Lui comincia ad agitargli contro le braccia, al che il furgoncino si svuota e più o meno sei poliziotti lo circondano. Si mettono a discutere. Allora lo perquisiscono. Uno di loro gli tira i capelli. Intanto nel caffè tutti stanno a guardare la scena, e così a un tratto mi caccio in bocca la roba e la ingoio. Gnam gnam. Dopo di che vado fuori. "Non me ne frega niente", penso. Sento che dall'altra parte della strada il mio amico mi grida: "Sono loro che mi ficcano addosso la roba! Io non ho niente!" Allora dico a quei porci bastardi di lasciarlo stare. "È vero! Non 81
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