Linea d'ombra - anno IX - n. 65 - novembre 1991

IL CONTESTO Jugoslavia: la pace di lord Carrington e il ticket della guerra. Marco Dogo · A Parigi nel 1919, alla Conferenza di pace, le potenze vincitrici tentarono di regolare la successione del multinazionale impero asburgico distribuendone i territori agli stati-eredi sotto çondizione che questi si impegnassero a rispettare i ·diritti delle minoranze etniche e religiose Era infatti impossibile tracciare confini politici che non lasciassero comunque dalla parte "sbagliata" qualche milione di cittadini; la protezione assicurata alle minoranze intendeva appunto disinnescare un potenziale di turbolenza virtualmente minaccioso per la stabilità internazionale. Il •sistema, come è noto, fallì perché la tolleranza è frutto di lunga educazione, e a quell'epoca l'ideologia dello stato nazionale non tollerava la diversità etnica più di quanto i "sudditi minoritari" fossero inclini a concedere la propria lealtà di cittadini allo stato "ospite". Nell'ottobre del 1991, all' Aja, 111storia si ripete: ma questa volta il piano globale approntato dai mediatori europei per la successione jugoslava rischia di non essere neppure messo alla prova dei fatti per l'indisponibilità delle parti litigiose - né mai lo sarà, finché in piazza del Bano Jelacio a Zagabria circoleranno rambi in tuta mimetica armati fino ai denti e sulle bancarelle della via Knez Mihailo a Belgrado si continueranno a vendere cassette di marce militari, distintivi cetnici e carte etnografiche della Grande Serbia. La bozza presentata all' Aja da Lord Carrington aggancia la questione della sovranità delle repubbliche ex-jugoslave alla garanzia di uno statuto di autonomia culturale, amministrativa e politica per le minoranze; e nell'intento di ridurre al minimo le discrepanze fra previsione normativa e complessità del reale esaspera la nozione di minoranza fino a prevedere mjnoranze localmente maggioritarie, maggioranze localmente minoritarie, minoranze minoritarie, minoranze "nei villaggi isolati", ecc. La realtà concretamente coperta da simile casistica è quella della minoranza serba in Croazia. Non sappiamo se a Lord Carrington stiano a cuore i diritti umani; probabilmente sì, certo gli sta a cuore la pace. E questa, oggi, è minata dallo scontro serbo-croato nei territori storicamente croati di antico insediamento etnico serbo (la "frontiera militare" asburgica). Che dirà, la ,minoranza serba, di questo statuto di autonomia che le viene cucito addosso su misura? Carta straccia, direbbe, se a rispondere per lei fosse kapetan Dragan, l'avventuriero immigrato dall'Australia che sul proprio talento guerrigliero si è costruito un'immagine di successo e fortune mondane. Neppure è da aspettarsi che si lascino senza obiezioni ridimensionare i due presidenti ·delleauto-proclama.te regioni autonome serbe in Croazia, che si atteggiano a capi di stato e che all' Aja sono andati ad illustrare, con degnazione, il proprio presunto mandato popolare. Positivamente risponderebbe il prof. Pupovac, personalità politica moderata e ragionevole, rappresentante ideale ma non verificato dei serbi "buoni", talché' ai lavori dell' Aja un posto gli si è trovato nelle file della delegazione croata. Abbastanza paradossalmente, al centro dei negoziati è posta la sorte della minoranza serba in Croazia, ma cosa di ciò pensi la minoranza serba stessa è ignoto. E chi mai potrebbe pretendere di parlare in nome di una popolazione di sette-ottocentomila anime, in parte radicata negli ambienti urbani croati, in parte maggiore distribuita su una fascia di centinaia e centinaia di chilometri e oggi colpita e dispersa essa stessa dalle devastazioni di una guerra che si combatte "per proteggerla"? Per tutti, parla il presidente della repubblica serba, e a nome del "soggetto nazionale serbo" rivendica che lo Statuto dei Serbi in Croazia sia garantito dalla persistenza di un,legame federale sovra-repubblicano. Si noti che la protezione delle minoranze, sebbene formulata in termini generali nella bozza di Lord Carrington, non è concepita dai mediatori europei come principio di applicazione generale sull'intero territorio dell'ex-Jugoslavia, ma come misura ad hoc per lo spegnimento di un conflitto attuale e suscettibile di espandersi. Tanto è vero che ai rappresentanti di altre minoranze - gli Albanesi del Kosovo, i Musulmani del Sangiaccato, i Magiari della Vojvodina - comparsi all' Aja a chiedere per sé, più o meno ingenuamente, quel che viene offerto ai s·erbi in Croazia, è stato risposto essere del tutto irrealistica la loro aspettativa di essere inclusi su tali basi nel negoziato. Neppure nel!' ambito circoscritto dell'antagonismo serbo-croato, tuttavia, la bozza appare idonea allo scopo, perché nessuno dei compromessi all'interno della gamma che essa propone è simultaneamente accettabile da entrambe le parti, e se anche lo fosse nessuna delle due parti potrebbe essere abbastanza certa della propria sopravvivenza politica da garantire il rispetto dei patti. A Zagabria un partito nazionalista di centro-destra, premiato dalla legge elettorale maggioritaria, domina una coalizione di unità patriottica che va.dall'estrema destra fascista a una sinistra socialdemocratica riciclatasi dalla vecchia Lega dei comunisti e ansiosa di legittimarsi nel nuovo regime contribuendo con zelo alla difesa della Croazia aggreqita. Il pluralismo politico, qui, è stato fin dall'inizio circoscritto e condizionato da una comune opzione nazionalista; e le differenze si sono ulteriormente sfumate da quando l'attrito nella Krajina e in Slavonia si è fatto guerra aperta. I mezzi di comunicazione di massa sono mobilitati nello sforzo patriottico è non lasciano spazio a dubbi, dissensi o anche solo analisi razionali. Gli schermi televisivi vomitano a tutte le ore del giorno orrori reali e più spesso immaginari dal fronte (ma la nostra TV non è da meno: con quanto rigore professionale, una sera di fine settembre, il TG 1 ci ha "informati" di 800 morti a Dubrovnik?), trascinano i cittadini nel pathos di una "guerra totale" fra noi e loro, chiamano ogni buon patriota a raccogliersi attorno al capo. Questi, il presidente della repubblica Tudjman, è prigioniero della propria propaganda. 1-i:acostruito il suo successo politico sulla proclamazione della sovranità etno-nazionale croata, sul recupero di simboli del passato che sono stati percepiti come offensivi e minacciosi dalla componente serba della cittadinanza repubblicana, allarmata dallo scoprirsi minoranza nel nuovo assetto post-jugoslavo. Oggi Tudjman le offre assai più di quanto le abbia tolto un anno emezzo fa, e fa mostra di aderire allo spirito della bozza Carrington. Ma la storia e la cronaca insegnano che la sorte di una minoranza nazionale dipende assai meno dal suo statuto giuridico che non dal clima civile della società in cui essa vive: e questo, in Croazia, è irreparabilmente avvelenato. La

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