QUAffRO POESIE PaoloLanaro * * * Una notte tranquilla. Il vento corre tra le brecce del parco. Ci sono laghetti immutabili, come lo Spirito, le verande. Ruskin ne avrebbe fatto la solita bisboccia trascendentale. Una certa freschezza, un riquadro a costa larga, finché uno scalpita smuovendo i tuberi. Possibile che si tratti del compagno M. fuggiasco? Una notte tranquilla a spasso sui tumuli delle cavolaie. Sfilo un capello che come l'intelletto è una sostanza alterabile. Il passato è passato, le stellette cadevano tra le slitte vuote di Ocakòv. Una notte tranquilla, di transizione da Scamozzi al capitalismo. * * * E cosa vuol dire verificare, spostare parole, sigillare gli istanti, se questa cosa è cieca e non ha che un cuoricino spettrale? Lunedì, martedì sentivo le dita leggere di Chopin. Il seguito fu vertigine, tonfo appena pronunciato. Mai liberi di sognare. Oh i lucidi pomelli, le nappine disegnate con punta di stocco nell'ora spenta dei gioielli ... * * * Notizie vaghe, motti della Blixen, radiografie dell'essere. Smettiamo di parlare, smettiamola. Distensio animi, break. Il coltello nel formaggio verde, cicatriziale. E come va dotto Fede, i suoi vicini non erano Atridi assassini? POISIA/LANARO L'ombra di cipria sul naso è però una traccia di tristezza. Il mistico a mezzogiorno fluttua liquido come un gel. Le sue spalle fredde e ingombranti.· Magnifiche, cilestrine uova di vetro. E quegli albicocchi non sembrano finti, così aurei, così persiani? * * * Il pomeriggio lento, invisibile, un po' soigneux e di una tinta ermellino come i calzini. L'insieme rende l'inverno inapparente. Batto le nocche sul tavolo come un dio deluso dalle sue creature. Non mi ricordo nulla. Il nome della Krùpskaja: una rotaia o un tenero uccellino russo? Un gioco di fili arruffati. Un triestino modo di essere, mentre si fa buio in città. ASSURDO E SCONVENIENTE Mauro Pesce Libera traduzione in versi della bolla Cum nimis absurdum (12 luglio 1555) del Papa Paolo IV contro gli Ebrei dello Stato della Chiesa. "Perpetuae servituti" "propria culpa" io, Gian Pietro Carafa, Paolo Quarto, - lo ripeto - i Giudei Dio ha sottomesso "per colpa loro, a servitù perpetua". È stato Lui. Ed ora è sconveniente, absurdum oltremodo: i nostri paria si rivoltano. Nimis! Col pretesto, - ricatto! - della Christiana pietas, - compassione - che tollera di stare loro accanto - cohabitatio -, ingrati tanto sono diventati, ut pro gratia contumeliam reddant. Non un Grazie! per la tolleranza. Offesa, invece! È dovere loro d'essere nostri servi. La pazienza fu inutile. Padroni, s'impongono, signori: Dominatum vindicare procurant! A tanto di insolenza - è giunto al sacro orecchio - - mi si dice - sono arrivati, che non solo, misti, 57
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