INCONTRI i SCIASCIA Lo spopo che mi pongo è semplice: non annoiare. E il mio primo e unico precetto di scrittore. Lei ha sempre amato la pittura e il disegno? Ho avuto sempre questo gusto, ed è anche un modo di divertirmi, di distendermi. Ahimé, non so dipingere; ed è per questo che ammiro coloro che dipingono e disegnano, soprattutto quelli che disegnano. Infatti ho una predilezione per il disegno, in bianco e nero, e soprattutto per l'acquaforte. Sono anche, per passione e per piacere, un modesto collezionista di acqueforti. Ho anche dedicato vari testi ai pittori siciliani, da Antonello a Guttuso. Al di là della mia amicizia e della rottura con Guttuso, di cui lamento la recente scompàrsa, sono sensibile al lavoro e al talento di questo maestro dei colori siciliani, colori che sprizzano ed esplodono nei suoi quadri C'è tuttavia una Sicilia più discreta, meno vistosa, che non è stata dipinta e che un pittore contemporaneo, Piero Guccione, ha saputo invece cogliere e rendere sulla tela. Si veda il catalogo della sua mostra parigina alla galleria Claude Bernard. I toni di cui si serve sono attenuati, perfino scuri, in qualche misura spenti e particolarmente indicati a rendere questa Sicilia, certamente terra . del sole, ma insieme terra e colori di cenere, questa Sicilia che, con una frase chiave del Gattopardo, Lampedusa definiva così: "Sotto un cielo di cenere il paesaggio sobbalzava irredimibile.''. Non credo che nei miei libri si annodi un legame fecondo tra pittura e letteratura. Non procedo molto spesso per immagini, perché scrivo nero su bianco e, cqme per l'acquaforte, i neri sono più importanti dei bianchi! Quindici anni fa, durante un incontro al centro c.ulturale francese di Palermo, lei mi aveva elencato le parole che riteneva le più cariche di senso: l) terra; 2) pane; 3) donne; 4) mistero. Oggi riproporrebbe lo stesso elenco? Assolutamente, e la scelta è la stessa. Non ce ne sono altre; parlo delle parole che appartengono più al sentimento che alla ragione, perché il campo del sentimento è il materiale primo, la base stessa della nostra vita. La ragione interviene dopo, in un secondo tempo, per elaborare, confermare, trattare ciò che l'esperienza del sentimento èi offre. In questo senso, alle quattro parole dell'elenco, aggiungerei la parola "giustizia". L'idea di giustizia, divenuta per me una vera e propria ossessione, fa parte della sfera della ragione. Se le parole terra, pane, donne, mistero vanno messe in rapporto Foto di Massimo. Siragusa (Gela, 1990. Agenzia Contrasto). con la vita dei sentimenti, le parole giustizia e diritto - quest'ultima parimenti essenziale - restano legate alla ragione. Dunque, ai miei occhi, ci sono nella mia vita sei parole importanti. Lei sa che in Fr~ncia la sua opera è molto apprezzata. Secondo lei, per quali motivi? La Francia che io ho sempre amato con passione, mi ripaga dedicando un po' d'attenzione alle mie opere! (sorriso) Dante l'ha detto in modo assai noto a proposito di Francesca da Rimini: Amor, ch'a nulla amato amar perdona! I siciliani e Parigi: quali legami possono unirli? Parigi affascina i siciliani da tempo, per molti motivi. S.ipuò perfino pensare a un effetto particolare della cattiva coscienza conseguente ai Vespri. (risata) In realtà i Vespri sono stati un grande errore storico, una scelta infelice: partenza dei francesi, arrivo degli spagnoli. Il dramma è stato vissuto in seguito come uno sbaglio. Ci sono stati nel XVII e XVIII secolo dei tentativi siciliani e napoletani per scuotere il giogo spagnolo e invocare un intervento della Francia. Così presso la classe dirigente e ~li uomini politici siciliani la Francia ha goduto e gode ancora oggi di un vero prestigio. Per me Parigi era un simbolo. A casa mia c'erano pochi libri ma c'erano comunque dei libri francesi. È tramite i libri che la perennità dei valori francesi ha continuato a vivere e svilupparsi in Sicilia. Lei scrive sui giornali. Perché? I giornali mi interessano solo per il loro potere mediale. Come lettore, mi deludono, perché si somigliano tutti. In Italia, da "L'unità" al "Corriere della sera" i giornali mancano, mi sembra, di personalità e di ide.ntità. "La Repubblica" occupa un posto a parte, è causa di un certo cinismo, che questo quotidiano si accontenta del compromesso storico. Sull'altro fronte Montanelli è certo un po' anticonformista, ma le sue posizioni troppo effimere difettano di costanza.L'evoluzione è stata molto sensibile: negli anni Cinquanta, se qualcuno voleva conoscere la verità, vi riusciva leggendo tre o quattro giornali; oggi ne basta uno solo per conoscere la menzogna. Come spiega le polemiche suscitate dai suoi libri? È vero, ho provocato spesso polemiche e discussioni. Ci sono sempre state polemiche a proposito dei miei libri perché nei miei libri dico quel che so o quel che credo. Eppure, se si osserva bene, ed è capitale, si nota come coloro che hanno attaccato le mie affermazioni e dimostrazioni, non mi hanno mai rinfacciato "questo non è vero" e invece mi hanno sempre ripetuto "questo non va detto". Ora, ed è questo il problema dell'intellettuale, dell'uomo che cerca giustizia e verità: egb deve tacere? Sono persuaso che egli deve parlare, dire la propria verità, o meglio: la verità. Il mio ruolo èdi fatto quello di rifiutare il silenzio; credo che l'intellettuale ha per missione di dire la verità, di restare all'opposizione, di rifiutare ogni conformismo. Lei è uno scrittore di estremo pudore, eppure critici e polemisti non esitano, come Gonza/o Alvarez Garcìa in Le zie di Leonardo (1985) ad attaccarla. Cosa ne pensa? Il libro di Alvarez Garcìa è un'opera penosa; posso mostrargliene una copia che mi ha inviato con la dedica: "A L. S. ricordando 45
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