Linea d'ombra - anno IX - n. 65 - novembre 1991

proposito dell'impetuoso dilatarsi della fortuna del football, parla di "corsi e ricorsi"' in rapporto alla fortuna ottocentesca del gioco del pallone. Il processo di sportivizzazione ha in effetti una sua storia, ma anche fasi e veri e propri salti. Esso è certamente legato allo sviluppo della società di massa, dei suoi consumi culturali ~ oltre che, naturalmente, all'industrializzazione-e la società di massa ha appunto fasi di crescita assai diversificate per aree geografiche e in fasi storiche molto determinate. Molte delle posizioni "antisportiste", conservatrici e non, di destra e di sinistra, da Huizinga a Ortega y Gasset, da Croce ad Heidegger, allo stesso Adorno, nascono proprio dal rilievo e dalla critica di questa stretta connessione tra società di massa e fortuna moderna dello sport. Realtà che trova un'impetuosa accelerazione ai nostri giorni, con il passaggio da play al display, con l'estrema spettaco-larizzazione dello sport moderno, il suo intreccio crescente con i mezzi di comunicazione di massa e, prima di tutto con la televisione. È la fase descritta da teorici del postmoderno, ben sintetizzata da Alain Caillé: "L'epoca non sarebbe più quella della produzione ma della seduzione o dello spettacolo, della perdita dei referenti classici, della deriva generalizzata dei segni. Il soggetto moderno non è più, ci viene spiegato, il soggetto calcolatore animato da una forte personalità diretta dall'interno, ma il soggetto narcisistico mosso non più dal calcolo ma dall'identificazione spettacolare, dal feeling. Per il suo bene o per il suo male. Una società del genere non sarebbe più retta dalle discipline della produzione o della repressione, ma dalla comunicazione e dal lavoro della personalizzazione. Da hard essa è diventata soft. Anche i dirigenti aziendali o gli uomini politici non sono più considerati come calcolatori razionali ma come giocatori o sportivi. Il vero attore moderno non è più homo oeconomicus, ma homo communicans, homo ludens o homo sportivus. (Alain Caillé, Critica della ragione utilitaria, Bollati Boringhieri, Torino 1991, pag. 44). Lo spettatore diventa, in una sorta di strana "rivoluzione copernicana" dello sport, il vero agente, il vero referente della performance sportiva, simile peraltro a quel culto narcisistico, individualistico e concorrenziale che caratterizza la vita economica e sociale a partire dagli anni '80. La fortuna del gioco del pallone nell'Ottocento illustra le premesse, i primi passi del processo che condurrà a tali esiti. Pone inoltre le basi di mi singolare, a prima vista addirittura contraddittorio rapporto tra organizzazione cattolica e sport. Infatti, laddove la cultura del corpo, dell'attività fisica, la stessa "modernità" dello sport sembrerebbero contrastare i princi 0 pi della religiosità cattolica - non di quella protestante; la tesi "weberiana" di una correlazione protestantesi'mo/sportivizzazione è stata ed è tuttora autorevolmente sostenuta - tutta-· via invece proprio in Italia si va determinando fin dall'inizio uno stretto rapporto tra senso sportivo e senso religioso, che si manterrà vivo da Semeria a ... Sara Simeoni. Prima che in questo lavoro, Pivato lo aveva acutamente seguito in molti saggi dedicati al tema, dalle sue CONFRONTI origini, fino ai nostri tempi, per i quali vedi Sia lodato Barrali (Edizioni Lavoro, Roma, 1985). Tutti segnali, anzi concrete testimonianze, che la storiografia di quel fenomeno culturale ampiamente diffuso nelle società moderne, che è lo sport, ha raggiunto notevoli livelli. Superando i limiti della storiografia etico-politico, che programmaticamente esclude lo sport dal proprio orizzonte, e della stessa storia sociale, che senza motivo non l'ha mai trattato (nelle "Aimales" non ho trovato più di un articolo dedicato allo sport moderno; al di fuori, un saggio di Paul Veyne sull'alpinismo ed un'intervista di Duby ), facendo invece tesoro di ricerche antropologiche e di storia della cult\lra e della "sociabilità", si è ormai sviluppato un notevole e ampio panorama di ricerche sula tema. Lo stesso Pivato ile fornisce un'utile rassegna: Storia e costumi de 'gioco degli dei' in "I viaggi di Erodoto", aprile 1991, pp. 24-_37.Nel giro di pochi anni, non soltanto si è incrementato il materiale a disposizione, ma - ciò che è più importante - si sono affinati metodi e prospettive di ricerca; il libro di Pivato ne è una prova evidente. Segno inequivocabile che l'urgenza dei temi e dei problemi ha superato i pregiudizi, la pigrizia, l'inerzia del mondo accademico, anzi di tutto il mondo intellettuale, fermo alla separazione netta fra sfera dei fatti e delle idee da una parte: la sfera delle cose "serie"; e la sfera del gioco, dello sport, del loisir. la scomparsadiYusef ldris Giuseppe Margherita Si è spento a Londra ai primi di agosto lo scrittore egiziano Yusef Idris. Quasi sconosciuto in Italia (un'intervista e un racconto sono apparsi nel n. 57 di "Lineà d'ombra", presso Mondadori sta per uscire, a cura di chi scrive, Il richiamo, En Neddaha), questo straordinario personaggio resta una delle figure centrali del panorama letterario arabo contemporaneo. Militante della cultura e della vita politica del suo paese, egli ha scritto centinaia di racconti, genere nel quale è stato protagonista di una rivoluzione linguistico-strutturale che lo ha portato a essere riconosciu~o come il padre del racconto egiziano. Ha inoltre scritto romanzi, analisi sociologiche, opere teatrali e ha per anni · tenuto una rubrica sul quotidiano cairota "Al Ahram" che ha rappresentato un solido punto di riferimento per generazioni di intellettuali egiziani e arabi. Personaggio "difficile", anticonformista, schierato, sempre al centro della bufera, Yusef Idris era una di quelle figure che marcano a fondo la storia di un paese. Un paese il suo, che egli amava visceralment~ ma del quale sapeva anche denunciare difetti e arretratezze. Nato in una famiglia benestante nel 1927, fu presto lasciato dai genitori presso i nonni che vivevano in campagna. Questa prima esperienza di distacco affettivo segnò notevolmente il suo carattere. Sviluppò una fantasia che gli permetteva di costruire un còmplesso mondo immaginario capace di contrapporsi a una realtà inaccettabile. È possibile rintracciare questa fase della sua infanzia in alcuni dei suoi racconti e in particolare in Alla.fine della terra (Akhir et dunia) delicata descrizione del mondo tutto interiore di un bambino che privato dei suoi affetti più cari affida a un treno e ai binari sui quali corre la speranza di comunicare col mondo, di superare i limiti angusti nei quali si sente rinchiuso. Dopo una serie di peregrinazioni, finalmente la sua famiglia si stabilisce al Cairo, dove il giovane Yusef la raggiunge. Qui egli frequenta le scuole superiori e poi la facoltà di medicina. Inizia molto presto a intrecciare una serie di relazioni amorose con donne spesso più mature di lui. È una fase, anche questa riconoscibile attraverso una serie di racconti, in cui tutta la sua tensione sembra rivolta a "succhiare" energia da tali rapporti. Riconosciamo nel giovane Yusefl' uomo che ha una fame atavica, febbrile di incontrarsi con la donna, di affermarsi nella caduta di questa, nell'infrangere la. sua virtù. Ben presto si accorgerà che c'e un difetto di fondo in questo modo di rapportarsi all'altro sesso, e infatti uno dei temi dominanti della sua opera è il rapporto uomo-donna, i conflitti interiori del!' uno come dell'altra, spesso originati da una cultura secolare che pone la donna in una posizione di subordinazione sociale. I ritratti femminili di Yusefldris sono una puntigliosa analisi psicologica della donna nei momenti critici in cui i desideri, le aspirazioni profonde di questa si scontrano con le ferree leggi che .governano la realtà. Le eroine idrisiane ispirano una naturale simpatia per i loro tentativi disperati di abbattere le mura dentro le quali la società le ha segregate. Tutto questo senza negare, anzi riaffermando la forza della passione, della materialità, dell' attrazione carnale che lega gli individui talvolta in vincoli indissolubili. La scelta di descrivere le persone per quello che sono nei loro gesti quotidiani ha portato naturalmente lo scrittore egiziano a una rivoluzione linguistica semplice e complessa allo stesso tempo. I suoi personaggi parlano infatti il dialetto piuttosto che l'arabo classico, le strutture sintattiche della narrazione stessa rispondono sovente più al modello della lingua parlata che alle rigide forme ossificate del classico. Una innovazione questa, che oggi comincia ad apparire come naturale evoluzione della letteratura araba contemporanea, ma che non era affatto scontata negli anni Cinquanta quando Idris cominciò a ·pubbli_carei suoi racconti. Tale peculiarità, insie.me alla forza del suo carattere, alla sua indipendenza intellettuale hanno fatto di lui un personaggio controverso, molto amato o molto odiato negli ambienti intellettuali egiziani. 35

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==