CONFRONTI · ''ChiamatoGelli... TelefonaSindona... " Uneroe dei nostri tempi narrato da Staiano Oreste Pivetta C'è qualche cosa di ironico in un titolo che ha tutta l'aria di volersi retorico, apologetico, nobile, un titolo che dovrebbe assomigliare a un monumento con la sua bella piazza intorno, i bambini e le maestre in visita: Un·eroe borghese. L'ironia nasce, perché se si legge di questo nostro paese e delle sue tragedie, il dolore e la rabbia risvegliano qualcosa che sa di cultura o forse di nostalgia delle "classi" e che sembra appunto rinfacciare con un sorriso cattivo il fallimento di una "classe": gli eroi sono pochi, ma gli eroi borghesi sono davvero una rarità e, se ne troviamo uno, dobbiamo raccontarlo in un libro a scopo didattico. Potrebbe essere così il librodi CorradoStajano, Uneroeborghese, pubblicato da Einaudi (pp. 240, lire 22.000), con alcuni altri pochi (e ci fermiamo alle novità degli ultimi dodici mesi), dovrebbe essere letto nelle scuole nell'ora di storia o in quella di educazione civica o persino durante quella di religione (e peraltro il protagonista si presenta con una dedizione quasi religiosa, addirittura ascetica, per il proprio "lavoro", anche se i suoi riferimenti, i valori che lo sostengono, sono • molto più laici: l'onestà, la responsabilità personale, il rigore morale e professionale, perché le cose andassero come in coscienza si sentiva che dovessero andare. L'eroe borghese è Giorgio Ambrosoli, avvocato milanese, incaricato dal governo di liquidare la banca di Michele Sindona. Venne assass.inato .una sera di 12 anni fa, I' 11 luglio 1979: un killer giunto dall'America lo aveva atteso sotto casa, lo Disegno di Guido Pigni. aveva chiamato per nome e aveva (secondo la sua stessa ·testimonianza) aggiunto: "Mi scusi, signor Ambrosoli". Aveva sparato. "Assassinato dalla mafia politica", annota Corrado Stajan,o nel sottotitolo, introducendo in fondo l'autentico protagonista se non del libro di quella ( e questa, presente) storia: la mafia politica, nota per nomi e per facce, per legami e per colore. Sono passati più di dieci anni, Milano si candida alle Olimpiadi del Duemila, il muro è crollato, i comunismi reali sono spariti, il Pci si è riconvertito in Pds, di Sindona la maggioranza ha solo il ricordo di un finanziere siciliano molto potente e morto (ma diventa un particolare trascurabile persino che sia morto in carcere e addirittura per suicidio), la mafia compare ripetutamente in Tv e ogni tanto qualcuno ci fa la predica, qualcuno s'indigna, laDc protestaperché si sente chiamata in causa, Andreotti resta al suo posto. A leggere il lungo racconto di Corrado Stajano prende il mal di stomaco, un mal di stomaco che sa tanto di nausea. Il dramma è che il gusto putrido e marcio che rinviene sotto il naso lo si è avvertito tante volte ormai, di fronte ad una infinità di storie simili o addirittura identiche, identiche - è ovvio - nella loro sostanza morale prima ancora che politica, ma qualche volta persino nei protagonisti. Andreotti per esempio. Anche nel caso Sindona. Con gli stessi occhi sorridenti con i quali ci guarda dalle foto-tessera dei suoi blocnotes, dagli schermi televisivi quando lo intervista Pippo Baudo, persino dalle tribune dei premi letterari. Andreotti che intrattiene rapporti con capi ed emissari della P2, Andreotti che ascolta gli ambasciatori americani di Sindona, Andreotti che senza farsi notare non abbandona il bancarottiere, Andreotti che tace, che può fingere indignazione, che agisce perché tutto si acquieti: "sorridente, plurivalente, mediatore. nato tra gli eguali e gli opposti, tra l'Italia Ufficiale e il paese ai margini del legale, topo furbo, animale senza spine, senza ossa, senza muscoli, senza principi, usa l'intelligenza nell'appianare, nell'assorbire: nell'ammorbidire, nello smussare, nel cancellare, seguendo gli echi e le tentazioni della sua vecchia cultura di suddito delle Legazioni, di uomo che ha frequentato fin da bambino le stanze violacee del Vaticano". Corrado Stajano è bravissimo nel ricostruire, nel raccontare, accostando quadri ufficiali; documenti ufficiali, testimonianze pubbliche, riportando tra virgolette, restituendoci materiali che parlano, carte che addirittura cantano. I giochi che si rivelano sono complicati. Ciascuno gioca a suo moèloe per se stesso e per gli altri, qualcuno con un progetto personale, qualcun altro con piani generali, destabilizzanti o golpisti. I possibili attori della vicenda (e del libro) si moltiplicano: sarà Ambrosoli, sarà Michele Sindona, saranno Gelli e la P2, mentre alle loro spalle o ai loro piedi si presentano altri aspiranti emergenti oppure comprimari potenti: da Calvi a Ortolani al generale piduista Miceli, al cardinale (grande banchiere della Santa Sede) Marcinkus a Enrico Cuccia, capo di Mediobanca. Usiamo gli stessi strumenti di Stajano, qualcosa ad esempio di una pagina del!'agenda di lavoro dell'avvocato Guzzi, difensore di Sindona: "Te!. Cuccia ... Chiamato Gelli ... Telefona Michele Sindona ... Riunione con Giulio Andreotti ... Riunione con Gelli ... Memo Giulio Andreotti ...Memo Giulio Andréotti ...Te!. CaÌvi,. Gelli, Urbisci ... Giulio Andreotti (riunione) ... Memo Giulio Andreotti ...". Questi nomi parlano di un intreccio ancora piccolo rispetto a quello rivelato dalle indagini e dalle carte processuali, ma i percorsi che muovono da lì o da quell'altrove più vasto e più tenebroso ancora sembrano sempre ricondurre a Lui, al Capo del Governo Italiano. È paradossale scoprire che quanto più si è lontani dalla legalità tanto si può essere vicini al potere: Ambrosoli pare non avere rapporti con Andreotti, quanti certo ne aveva il suo "avversario" Michele Sindona. Ambrosoli, scelto ali' incarico in funzione di una sua presunta adattabilità alle esigenze della mafia politica, ha lottato nella solitudine ed è stato ucciso. La solitudine di Ambrosoli mi sembra la condizione sulla quale di più insista . Stajano. Ambrosoli può contare sulla solidarietà della propria famiglia e di pochi amici, sull<) collaborazione sincera di un maresciallo della Guardia di Finanza, Silvio Novembre, incaricato delle indagini sul caso Sindona, più volte ricattato (e la P2 tentò, attraverso i suoi generali nella Guardia di Finanza di farlo trasferire alla compagnia del Monte Bianco), sulla stima di alcuni magistrati. Gli mancò in un momento decisivo della vicenda il possibile appoggio di 2~
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