in aria con un botto sordo. E il giornale continuò a uscire più testardo e battagliero di prima, con sempre meno risorse economiche, con un budget pubblicitario magro ma dignitoso, e con tanta voglia di dare alla città un'informazione impietosa sul sistema di potere che - anche adesso come allora - la strangola, la stritola, la pervade e la possiede. Compito difficile e pericoloso, in questa città sciascianamente irredimibile, il cui ventre molle è attraversato da un fiume sotterraneo di denaro illecito che bagna un po' tutto e rimette in buona salute alcuni settori commerciali, torna a gonfiare numerosi conti bancari, crea benessere diffuso con una circolazione di capitali e ricchezze che rappresenta un "contributo integrativo" capace di riequilibrare le sorti della disastrata e.conomia legale e del mercato del lavoro. Ve lo ricordate in quale stato languiva l'economia di Palermo ai tempi del maxiprocesso, allorquando fortune sospette e patrimoni dichiaratamente mafiosi furono sequestrati o almeno messi sotto controllo, e le famiglie di Cosa Nostra chiusero i cordoni della borsa aspettando tempi migliori? Sciasciaal cinema Gianni Canova Pur n.ella diversità di esiti, approcci e linguaggi, la maggior parte dei film tratti da Sciascia sono uniti da un singolare denominatore comune: la perdita della capacità di suscitare indignazione. Dai libri di Sciascia si esce per lo più non riconciliati, da un film tratto da quegli stessi libri si esce - ben che vada - indifferenti. Come se il passaggio sul grande schermo avesse finito per filtrare o sciogliere quei grumi di rabbia e sdegno e disagio che la scrittura inevitabilmente evocava. In questione, beninteso, non è il valore intrinseco dei singoli film, che in alcuni casi (ad esempio in Porte aperte di Gianni Amelio) è senz'altro fuori discussione. In questione, piuttosto, è la diversa reazione che i film (anche quando non sono brutti film) sollecitano nel pubblico, offrendogli di volta in volta alibi (Damiano Damiani), capri espiatori (Francesco Rosi), balletti grotteschi (Elio Petri) o lezioni di stile (Gianni Amelio) invece che quella inquieta sensazione di rabbia e di ribellione anzitutto eticomorale che Sciascia sapeva quasi sempre suscitare. Anche il recente Una storia semplice di Emidio Greco non si discosta molto da questo panorama complessivo. Fedele quasi alla lettera (o alla singola battuta di dialogo) al testo sciasciano, il film di Greco si concede una sola vistosa licenza, con l'invenzione di un prologo che nella pagina scritta non c'.è. È la sequenza in cui Gian Maria Volonté, a bordo del ferry-boat che si avvicina a Messina, dice a un perplesso Massimo Ghini che la Sicilia da lì non si vede nemmeno, e che forse non c'è neanche più. Appunto. Nella sua indubbia "semplicità", ma anche nella sua esibita ambizione metaforica, "la-variante" è in qualche modo rivelatrice: di un azzeramento annunciato, di una tabula rasa suggerita con pudore ma poi pervicacemente perseguita, di un atteggiamento di sospensione mentale. La Sicilia non si vede, forse addirittura non c'è? Inutile tentare allora di vederla, mostrarla, metterla in scena. Greco, infatti, non ci prova nemmeno. Appagato dal vuoto su cui apre artificiosamente il film, ci si cala dentro con eleganza, elude i problemi che la messinscena di uno spazio reale non avrebbe potuto non porgli e si dedica con sobrio fair play (o con accademico distacco) a riempire quel "buco", o quell'assenza di visione, con i suoi bravi esercizi di calligrafia. Il risultato, alla fine, non è poi molto diverso da quello ottenuto da Petri in un film come A ciascuno il suo (1967) o Todo modo (1976): se questi IL CONTESTO Guardatela come luccica, oggi, questa Palermo degli anni Novanta: consuma quasi dieci volte in più di quello che guadagna, questa città del terziario avanzato, piena di banche, di società immobiliari e finanziarie, eppure con un reddito ufficiale per abitante che - in proporzione - sfiora il ridicolo. Guardatela come affolla ristoranti e trattorie, come sfoggia vestiti e gioielli, auto cromate e moto carenate. E poi, però, andate anche a dare un'occhiata all' Albergheria, dove il centro storico attende il risanamento e intanto crolla a pezzi sulla gente, provocando lutti, accendendo una rabbia che rischia a ogni ora di_.esplodere in maniera incontrollata. Se avete ancora voglia, chiedetevi come mai nessun giornale ha finora condotto una seria e penetrante inchiesta sugli interessi che si nascondono dietro i grandi progetti di recupero e di risanamento dei "quattro mandamenti"; chiedetevi come mai nessuno parla del pericolo di un nuovo, devastante "sacco" edilizio sulle aree verdi residue; chiedetevi come mai ancora nessuno se la sente di portare avanti una seria inchiesta giornalistica sui grandi appalti della città. lavorava su Sciascia per addizioni folcloristiche progressive o per enfatizzazioni iperboliche del grottesco, Greco ci lavora di sottrazioni, reticenze e ammorbidimenti, ma con esiti analoghi. Alla fine del film - degli uni come dell'altro - Sciascia non c'è comunque più. È scomparso come la Sicilia agli occhi di Volonté. Desaparecido, volatilizzato. Restano, certo, i film: ma che a·quel punto possono benissimo (e di fatto lo fanno) fare a meno di Sciascia, appagati di volta in volta dai loro turgori o dalla loro esangue esilità. Il problema, ancora una volta, non è quello della fedeltà del film al testo da cui è tratto, ma - almeno in questo caso - della capacità di tenuta nel film del livello di provocazione eticopolitica che un certo testo ha messo in moto. Tenuta che, nella maggior parte dei casi, non c'è. La mafia, il potere e l'inganno diventano così arabeschi nel vuoto, o categorie dello spirito. Si intravvedono sullo schermo trasformati in Figure, e tutto finisce lì. Senza nemmeno quell'insuperata capacità di riderci sopra con una cattiveria a suo modo spietata che avevano già negli anni Sessanta Franco e Ciccio. Ma loro, probabilmente, di Sciascia non avevano bisogno. Erano un'altra cosa. E in ogni caso, per l'intellighentia di casa nostra, non erano (e non sono ...) degni neppure della serie B. . Emidio Greco regista di Unastoriasemplice (Arch. Rizzoli): 15
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