Linea d'ombra - anno IX - n. 65 - novembre 1991

IL CONTESTO marcanda" è più comprensibile di quanto non si voglia fare intendere: un microfono e una telecamera nelle mani del cittadino che interviene e che havoglia di parlare, senza la pappardella scritta da recitare a memoria. Niente premi né gettoni d'oro ma libertà di parola, coinvolgimento, contributo alla libertà d'informazione. Se per l'Italia c'è quel tanto che basta per creare un fenomeno sociale e di costume, per una città come Palermo, per una regione a democrazia limitata come la Sicilia, l'informazione stile "Samarcanda" è quasi una rivoluzione. E già, perché da noi l'informazione è "difficile": difficile per chi la fa e difficile per chi la deve filtrare e digerire. Come si fa con l'acqua di fiume. Altro che "Samarcanda". La voce ufficiale di Palermo, per esempio, è quella "anglosassone" del "Giornale di Sicilia". Sì, "giornalismo anglosassone" lo chiamano alla direzione del maggiore quotidiano del mattino, per indicare che ai commenti prediligono i fatti depurati da qualsivoglia elemento di valutazione soggettiva. Soprattutto - aggiungiamo noi - quando si tratta di fatti di mafia e delle loro connessioni con la politica e la grande finanza. In altre occasioni, invece, al "Giornale di Sicilia" la compostezza britannica la perdono facilmente. Per esempio quando hanno a che fare coi "professionisti dell'antimafia"; nel!'' 87 - ai tempi della celebre polemica con Leonardo Sciascia - li schedarono uno a uno: nome, cognome, professione e parte politica. Più in là nel tempo, fino ai giorni nostri, il giornale di Antonio Ardizzone e Giovanni Pepi ha fermamente perseguito un progetto politico-editoriale funzionale a una precisa scelta di campo: sostenere la perfetta identificazione della mafia con la semplice criminalità (a Palermo così come a Roma, Milano o Udine ..), escludere o rimbeccare ogni sospetto di collusione coi partiti di governo, attaccare i movimenti organizzati della società civile, intaccare la credibilità dei pentiti e difendere a oltranza le "forze sane" dell'economia locale, anche quando questo risulta francamente improponibile. Con Leoluca Orlando sindaco e i comunisti in giunta, al "Giornale di Sicilia" qualche anno fa persero addirittura la Bambini di Catania in una foto di Morco Avolio. 14 pazienza: gli scatenarono contro un'inchiesta sulle cooperati ve rosse che sbarcavano a Palermo, un'inchiesta a puntate (proprio così!) sulle buche nelle strade della città e - tentando il tutto per tutto - anche uno scoop di prima pagina su un presunto blitz dei Carabinieri al Comune. Leggere per credere, nell'edizione del 28 febbraio 1989: l'articolo narrava del sequestro - avvenuto in Municipio ad opera delle forze dell'ordine-di alcuni documenti destinati a fare luce" .. nel labirinto dei rapporti tra il Comune e le imprese, per verificare eventuali irregolarità". La notizia, non a caso, veniva sbattuta in prima pagina alla vigilia dell'incontro tra l'allora segretario provinciale della DC Rino La Placa ed il segretario nazionale Forlani, convocato bell'apposta per concordare i termini dell'ingresso in giunta al Comune del PCI; lo scoop avrebbe rappresentato, insomma, un siluro per l'operazione politica in corso. Se non fosse che la notizia era stata "soffiata" con eccessivo anticipo e l'impaziente direzione del quotidiano ne avev·aaffrettato anzitempo la pubblicazione, battendo sul traguardo gli stessi Carabinieri che la perquisizione avrebbero dovuto effettuare qualche giorno più tardi! Anglosassoni, non c'è che dire. E, tuttavia, andateci al "Giornale di Sicilia", e visitate anche le redazioni delle tante emittenti private che affollano l'etere palermitano e che oltrepassano anche i confini della provincia. Tra i tanti, troverete molti buoni giornalisti, professionisti dal fiuto fine e dalla penna efficace come un rasoio che, comunque, devono convivere con una realtà ambientale difficile, in cui una buona inchiesta può costare qualche guaio, la carriera e, talvolta, anche la vita. Come nel caso di Attilio Bolzoni e Saverio Lodato, corrispondenti rispettivamente di "Repubblica" e dell'"Unità", che hanno fatto la galera per aver sbattuto i nomi dei politici che scottano nelle loro corrispondenze da palazzo di giustizia. E poi andate alla sede del giornale pomeridiano "L'ora", trasformato in pochi giorni in quotidiano del mattino da un direttore e da una redazione coraggiosi: loro, l'odore acre del tritolo mafioso lo conoscono bene. Erano gli anni Sessanta, era il tempo delle p1ime inchieste su Liggio e i Corleonesi, sui fratelli La Barbera e stilla strage di viale Lazio, quando la redazione saltò

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